Volontà - anno XIV- n.11 - novembre 1961

Da una parte assistiamo ad una gigantesca preparazione alla guerra dove tutto è messo in opera nella cor– sa agli armamenti; dall'altra con– statiamo, purtroppo, una colpevole indifferenza, che è quasi generale, di popoli che accettano questo stato di cose, senza reagire, senza offrirf' qualche resistenza a questo mostruo– so congegno di guerra. Tutto quello che sarà fatto, tutto quello che sarà tentato di fare con– tro la guerra sarà nullo se non si porterà il combattimento nella lotta contro lo Stato. Negare lo Stato si– gnifica rifiutare l'esercito, questa mi- 1rnccia perenne sulla testa dei popo• li. Ma l'inerzia di questi popoli è .immensa. È necessario svegliare in essi sentimenti di dignità. E per ritornare a Pierre Ramus, diremo ancora: « È necessario, indispensabile in– nanzitutto, che i pacifisti oon rico• l\Oiìcano lo Stato cri il principio d'Au• torità. Non si può combattere con– tro qualche cosa che, da un lato è considerata come una divinità supe– riore rche deve portarci la nostra salvezza >i. La tragedia dei movimenti pacifi– sti sta proprio in questo: nel non aver liberato lo spirito dei popoli dalla fiducia nello Stato. È vero che mohi pacifisti credono che lo Stato può salvaguardare la nostra vita individuale. Ma si sba• gliano. È un errore cui si è giunti attraverso il processo di trasforma– zione delle società umane in Stati 1>otenti che sempre pili si militariz• zavano. E questa forza armata è di– ventata una minaccia pennanente contro i tentativi di rivolta. Bisogna stabilirne le responsabilità che sono immense tanto per i lavoratori quan– to per gli intellettuali. « Per avere la pace, prepara la guerra »: questo dogma fondamenta– le degli Stati deve essere sostituito da quello dei popoli: « Per avere la pace, prepara la pace ». È legitti– mo affermarlo, proclamarlo oppo• ncndosi a che lo Stato rivendichi il suo diritlo alla guerra. L'uomo deve agire rifiutando ogni collaborazione a tulto ciò che, in tutti i tempi, fu l'apparato autoritario che gli negava il suo diritto alla vita, il suo diritto di svilupparsi e crescere in un mon– do libero da ogni ahbominevole pre– varicazione. Ma il cammino della pace è diffi– cile: perchè la pace sia è necessaria volerla, e non soltanto volerla ma operare per raggiungerla. E, bisogna, innanzitutlo, coltivarla in sè stesso ed atlorno a sè. t uno sforzo con• tinuo di ogni giorno su sè stessi, perchè altrimeuti che cosa si può sperare dagli altri, dal di fuori, se noi stessi non riusciamo a realizza– re quello che ,,orremmo che regnas– se ovunque? Se l'uomo non riesce a ricacciare indiclro la guerra per sempre, se non sente gridare in sè e non grida at• torno a sè le sue volontà di pace, egli distruggerà la sua personalità. Colpe– vole e vittima non sono forse sullo stesso piano? Anche il primo è l'ar• tefiec delle sue disgrazie, si mostra crudele, incapace di discernere il suo destino perchè non osa guardarlo in (accia cd affrontarlo coraggiosa• mente. Nessuna guerra potrà essere fatta se nessuno si presenta per farla! Il giorno in cui questo concetto di buon senso guiderà gli uomini la 64-1

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