Volontà - anno XIV- n.8-9 - agosto-settembre 1961

Società e istinti IL r R o e E s s o Eickmann, nel suo significato cli pura giustizia umana, sCugge al comune senso giu– ridico; in <1uanto per simili delitti non può esservi pe.na adeguata: il crimine, in un certo senso, viene a porsi al<lilà di ogni codice, come u– na sorta di pazzia inconcepibile. Che il più grande sterminatore del 1>opolo ebraico, nel suo tristissimo significato umano, sia piuttosto un capro cspiMorio che tUt esclusivo colpevole, questa è una particolare vcriti1; anche se come individuo senza dubbio è stato superlativamen– te misernbile e malvagio. Perciò il processo non coinvolge un sempli– ce individuo, bensì un'intera socie– tà. Questo è inevitabile, anche se csplicirnmentc non si ha il coraggio di dichiararlo. Tale senso è piì1 o meno implicito anche nei comuni l>rocessi (« Ogni condannato - pen• sava Dostoievski - è un capro cspin• torio delle colpe e degli errori so– ciali»); figuriamoci per il caso Eick– mann, ove si palesa, impressionan– te, quanto tenue sia la barriera che ci divide dal caos dei nostri istinti, <1uando poi tale barriera è perio<li– camcnte infranta proprio da quelln società a cui spellerebbe invece il com1)ito di raffor.tarla sempre più. Qni, però, non intendiamo di e• sport·c uu particolare parere su uno dei piì1 grnndi ed angosciosi proces– si della storia: ne prendiamo solo lo spun10 per esporre brevi consi– derazioni sul problema degli istinti, 508 in quanto pericolo Intente e costante che incombe sulle comunità umane. In primo luogo è necessario libe– rarsi da una specie di convinzione: credere che In civiltà sin \111 Catto compiuto, indiscutibile ed irre\'er– sibile; mentre in realtì1 si lrntta di una « condizione umana » che va continuamente rinnovn1a, uno stato spirituale e sociale che vn diuturna– mente difeso, che non ammette ab. bandoni o lunghe soste su posizioni non piìa valide, su strutture ormai consunte e deeisnmente dannose. Sopratutto è una lolla contiuua con• tro il potere inesauribile e !0ller– raneo degli istinti. Questi non li ab– biamo affa110 interamente abbando– nali sulle soglie della preistoria; ci hanno invece seguiti, immutabili, si– no al giorno d'oggi, e 1>robabilmen– te ci seguiranno sino alla fine della parabola umaun. La eivilià, quando è degna <li ques10 termine, è un mirabile equilibrio di pensiero e di azione, e come tale è sempre sog– ge11a a paurose oscillazioni. L'uo– mo civile indubbiamente desla am– mirazione; e può essere simboleg– giato dall'acròbata che cammina su di un filo teso: anch'esso desta am– mirazione e sembra sicurissimo di sè; e tuttavia a pochi millimetri gli si spalanca il vuoto. La differenza consiste che l'acrò– bata è consapevole di tale pericolo, e tutte le sue for-1,e tendono ad evi– tare una mortale caduta, mentre

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