Volontà - anno XIII - n.11 - novembre 1960

era giocofor.la avesse il sopravvento. E questo succedeva anche se per una volta Tu cri della mia stessa opinione; le delusioni del bambino non erano naturalmente le delusioni solite della vita, ma, poichè si trattava della Tua persona che tutto informava, mi col1>ivano nel vivo. Il corag– gio, la risoluzione, la sicurezza, la gioia per questo o per quello non resi– i;tevano sino alla fine se 'fu cri contrario o se la Tua opposizione poteva essere solamente prevista: e così succedeva per quasi tutto quello che io facevo . .... Per me, bimbo, lutto quello che mi ingiungevi era senz'altro un comandamento divino, io non lo dimenticavo mai, rimaneva per me il mezzo ideale per giudicare il mondo, innanzi tutto 1>ergiudicare Te; e qui Tu fallivi com1>letamente. Quando, bambino, mi trovavo con Te, specialmente durante i past.i, mi istruivi soprattutto sul modo di compor– tarsi a tavola. Quello che co1n1>nriva sulla mensa doveva esser mangiato, non era permesso parlare della bonti, dei cibi - Tu però li trovavi so• vente immangiabili e Ii chiamavi « buoni per la stalla »; la «cretina» (la cuoca) aveva rovinato tutto. Mentre Tu, grazie al Tuo gagliardo ap– petito e al Tt10 amore della rapidità, mangiavi tutto bollente e a grossi bocconi, il bambino do,•eva affrettarsi; e intanto sulla tavola incombeva m1 tetro silenzio interrotto da ammonimenti: « Prima mangia, 1>nrlerai do1>0»; « pii, presto, pili presto!» op– pure: « guarda, io ho già finito da un pezzo.» Non era 1>ermesso rosic– chiare le ossa, ma Tu lo Iacc,,i. L'aceto non si poteva assaggiare, ma a Te era consenlilo. Ln cosa più importante era di tagliare il pane diritto, mn che poi Tu lo facessi con un coltello sporco di sugo era indifferente. 1lisogi1a,,a badare di non lasciare cadere briciole sul pavimento, ma sollo la Tua sedia ce n'era un'infinitì1. A tavola si doveva badare solo a nutrirsi, Tu invece Ti tagliavi e Ti 1>ulivi le unghie, temperavi matite, Ti fmgnvi nelle orecchie con uno stuzzicnclenti. Ti prego, papì1 cerca di capirmi: per me sarebbero state tulle cosette insignificanti, nrn diventavano oppri– menti per il fatto che Tu, l'uomo per me così autorevole, non Ti attenevi ai precetti che mi imponevi. Perciò il monclo era diviso per me in tre par– li: nell'una vivevo schiavo, souoposto n leggi inventale solo per me e alle <1uali io, non so per quali ragioni, non sapevo pienamente assoggettarmi; nella seconda, infinjtamentc lontano dalla mia, vivevi Tu, 1>nrtecipe al govemo, occupato a dare ordini e a irritarti quando non erano obbediti; e infine c'era m1 ter.lo mondo dove la gente viveva felice e libera da co– mandi ed obbedienze. Io vi,•cvo sempre nella vergogna, sin che eseguissi i Tuoi ordini, e ciò era un'onta perché valevano per me solo, sia che mi ribellassi, perché come osavo oppormi a Te? sia che non mi fosse possi– bile obbedirti perchè non avevo, mettiamo, né In Tua forza, né il Tuo appeti10, né la tua abilità, benché Tu le pretendessi da mc come qualcosa di ovvio; questo, naturalmente, <'rn la vergogna più grande. FRANZ KAFKA da: l.ellera al padre, Il Saggiatore, Milano 19S9. 698

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