Volontà - anno XIII - n.6 - giugno 1960

<''luilibrio all'oqrnnizzazion(' 1>roclnt• tiva del t.:api1ali!1-1110; in quella sovie– tica sono i nuovi ~ruppi .sociali che E:mui;.sano le esasperazioni burocra– tiche e poliziesche dello stato. La ri– giditì1 ini,1,iale clel {'apiLa!it-rno Ji sta– to e <lei capitali"-mO privalo non si è spezzaia ma .si è piegala a nuove forme di economia mista che vede da una parie l'inlcrvento equilibra– tore dello slato nell'economia pri– vata e dall'altra un largo margine di iniziativa privala ncll'e<·onomia di stato. Questo assestamento s11.i ba"-i pii1 equilibrate oltre a prci,ervare i d'ue tipi di societi1 da pericolo:-i <-rol– li interni, ha dato luogo su scala in– temazionnle all'accostamento delle due rc·onomie prima scii-se in due merca1i ed ora in via di inte~razio– ne in un mercato unico mondiale· e nella vi1a interna all'as.similazione nel sistema politico delle da~.si la– vora1rici le cui rivendicazioni souo vincola1e in entrambi le parti nll'a– zione legaliLaria e allo sviluppo del– le rispe11ive economie nazionali. Al riparo da cro11i interni e da assalii rivoluzionari i due sistemi dell'im– perante capitalismo già si apprcsla– no ad a1-sirnilare senza scoF-sc- il mo– vimento di liberazione dei popoli coloninli che vengono ad inserin::i e ad urnpliare l'arca degli affari e del– l'espani-ionc produtliva. Tale in sintesi il quad,·o econo– mico sociale della nostra civilti:1: in– tenso sviluppo tecnico-produttivo. vittoria sulle sue contraddizioni jn. terne, i,confiua delle idee rivoluzio– nal'ie i-branate dalla rngion di stato e dalla disciplina politica. Perchè mai dovrebbe c!li;.ere in eri1,i questa civiltà? La crii,i, <"Ome vedremo, non è nelle impalcature economidie i11 sè, ma nel loro vuolo umano, nrl 3.38 rapporto cioè dell'economia con gli altri fatori umani indispensabili per formare una civiltà. La manifestazione mussima La crisi ha infiniLe maniCestazioui nella nostra vita individuale e collct- 1h•a, ma possiamo riassumerla in pochi dati. Il primo cd il pii:1 evi– dente è la incapaci1à dei goveruanli di dare su i,;cala interna e mondiale un equilibrio definitivo al nostro as– sello isociale, una siabili1à duratura c-hc 1olga <1uel senso di prccariclà che malgrndo tutlo prevale ai nos1ri t:orni. E' una precarietà a fosche tJntc pcrchè la guerra ch'è staia fi. nùra legge di vita per il capitali1>mo e la sua volontà di potenza si palesa sempre pii:1 un suicidio universale. Cume quei climi opprimenli e Sllturi di elettricità che precedono l'uraga– no, l'ombra della distruzione ato– mica pesa su di noi; chi dalla sua vita quotidiana alza timoroso lo sguardo verso i cicli dc.ll 'avvenirc scorge sgomento ques1a nm•ola nera ,·he si addt•nsa all'orizzonte e riab– bassa lo sguardo srn:trl fidu<'ia nel domani. Un altro dato meno apparente ma di eguale portata è l'impotenza della noslra sodctà di dar vita a princi1>i rtici d1c possano radicare i suoi or– cliuameuti nella coscienza dei po– poli; la nostra civiltà uon sa dare a– gli uomini valori di vita che siano universalmenle acceuati e diano un senso ed uno scopo alle attività u– mane. Ma ci accorgiamo che le due ma– nifestazioni di crisi enunciate, la in– capaci1i1 dei nostri dirigenti di dare un equilibrio stabile alla società e di dare un principio etico alla vita so-

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