Volontà - anno XIII - n.2 - febbraio 1960

Ortega conosceva la storia di molti detenuti: nei suoi 17 anni di « scorrerie » attraverso le carceri Calangistc, aveva percorso le case penali più famose di Spagna: da Pucrto Santa Maria a Burgos, d'a Ocana a Pam. p1ona. Conosceva centinaia di prigionieri e con essi aveva provato le se– vizie della Polizia Politica, gli interrogatori senza fine, la fame. Continuammo la nostra passeggiata attraverso il cortile. Ora eravamo davanti ai muri della galleria numero 7, il padiglione più famigerato del carcere madrileno. Dietro quei muri erano stati consumati i soprusi più atroci ai danni dei prigionieri politici. « Due anni fa, in wrn notte di febbraio - disse Ortega - sentimmo le grida disperale di un uomo. Erano le tre del mattino e tutti dormivamo profondamente. Solamente due non avevano chiuso occhio: F. M., che era arrivato due giorni prima, e il detenuto che occupava la cella vicina alla sua. Quest'ultimo ci raccontò tutto il giorno seguente all'ora del passeggio in un momento in cui i sorveglianti erano distratti >>. A pochi metri da noi un ufficiale ci t~uardava attentamente. Ortega se ne accorse e si interruppe un momento. Non era conveniente insospct– til'e le « uniformi verdi ». « Poi continueremo )), mi disse. « Poi » significava « quando nessuno ci possa vedere )). Era pericoloso che le guardie scoprissero in conversazione un « nuovo » ed un « , 1 ete• rano >>. Subito immaginavano chissà quali intrighi. Alcuni compagni di carcere stavano in piedi qua e là, rigidi, con gli occhi fissi nel vuoto, lo sguardo tutto pervaso da una amara ansietà ... Passavano la loro esistenza sospesi all'attesa di una voce che dicesse loro, auraverso gli altoparlanti installati nel patio, che c'erano delle o: comu• nicazioni ,>; che dicesse loro che c'era qualcuno nel parlatorio che voleva vederli parlare della casa, d'ella Iamiglia, degli amici. Costi~uivano la o: vecchia guardia )> delle prigioni falangiste. Erano gli stessi che nei primi tempi (dal 1939 al 1944) avevano mangiato le bucce delle banane, degli aranci: erano gli stessi che erano andati a scovare, negli angoli, le cicche delle sigarette, la scorza delle patate. Si erano ri– dotti a mangiare persino le erbe che spuntavano tra le pietre dei cortili delle prigioni. In quel periodo tutta la Spagna subiva indirettamente le conseguenze della guerra che stava devastando l'Europa. Cominciammo ad andare verso i portici: era giunto il momento di rientrare nelle nostl'e celle. Ortega approfittò dell'occasione per ripren– dere il suo discorso interroLto: « Nella cella di F. M. erano entrati tre specialisti, decisi a strappar~ gli ad ogni costo una confessione della sua colpevolezza. Era il quinto in• terrogatorio cht subiva nello spazio di tre giomi. Già lo avevano preso a calci alla Puerta del sol, nella centrale della polizia politica (che allora era comandata dal generale Hierro Mastinez). Si Cccero chiud'ere con lui nella cella. Per più di dieci minuti 11011 dissero una parola. Uno si era appoggiato alla parete, l'altro camminava per la stanza, il terzo si era se• duto ai piedi del letto. Sorriclevano, fumavano, fischiettavano una can- 128

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