Volontà - anno XIII - n.2 - febbraio 1960

ginmcnto per alcuni membri del gruppo. ]n ogni modo, ci si riunì regolar– mente durante tutto l'anno 1958, mcn1re nuovi problemi sorgevano, a,pecialmente, sull'orizzonte non piil nazionale, ma sudamericimo, le pro– iil>elfive cli mercato comune. Uno di noi fece una chiara esposizione sul– la produzione dello zucchero, un altro ancora sulle relazioni fra la psicologia tradizionale dell' uomo cli campagna, la storia del paese e la sua economia (sulla base d' un libro ch'ebbe, l'anno scorso, molto successo). Invitammo un professore di Sociologia - compagno nostro ma non appar1enen1e al Gea - a par– larci delle clASsi sociali ucll' Uru– gua)', sulla base d'indagini dire1te, condotte da lui in regioni dell'inter– no, con la collaborazioue dei suoi almmi. Un membro della Federa– zione Autonoma della Carne - an– ch'egli militante libertario - accet– lÒ di esporci i principali e contrn– stanti punti di visi.a sul problema dei (rigori(eri nel campo sindacale. Avevamo tra l'altro in programma per c1ues1'am10 (1959) l'organizza– zione di conferenze pubbliche, te– nute dai singoli specinlis1i di diver– se tendenze, seguite da discussioni in cui ci proponevamo d'intcn•cni– re, sopratutto con domande « orien– tate », cioè direlte a porre i pro– blemi dell'uomo (ch'è un essere glo– bale, un centro di relazioni), di cui in genere gli specialisti non tengo– no conto. Oltre a questo, avevamo naturalmente in programma molte nitre cose. Ed ecco, sul pili bc1lo, In mia sto– ria finisce. :Mentre l'anno scorso il Ceci s'è riunito regolarmente una volta alla sett.imana, dopo le vacan- 108 ze estive di gennaio, le riunioni so• no state sporadiche, poco nutrite e senza altro frullo che uno icnrnhio di vedute personali sulle novità pro– dottesi nel frattempo. Bisogua dire, a parziale compc11- 1w, che c1unsi tutti i membri del gruppo hanno inlensifìcato il loro la– voro, nel senso del programma del Gea e, insieme, delle loro tendenze personali, negli ambienti in cui li porta il mestiere o la professione. Ma è evidCJ1te che In coordinazione, ora interrotta, era un elemento d"e• <1uilibrio di cui si sente ancora la necessità. Tra le cause dcli' attuale rilassa– mento ce n'è però una che non è im– r>utabilc a nessuno di noi e potreb– be anche essere fonte d'un certo ot– timismo: In nrnggior parie dei pro– blemi che si ponevano l'anno scor– so o due anni fa su un piano nazio– nale (e sembrava com1>ito nostro, degli etemi « utopisti », metterli in luce su un piano internazionale), ci si presentavano oggi, sponianea– mcnte, su un orizzonte per lo meno continentale. Ed nuche i mezzi 1>er studiarli appaiono diversi. Altre volte ho insistito su questa necessità d'uno stmlio internazionale della realtà in continua trasforma– zione, in seno al movimento nostro. Se ciò si facesse (e si potrebbe fare attraverso i Comitali di relazione e i rispettivi bolleuini), il racconto dcli' esperienza parzialmente nega– tiva del Cea, che non era interamen– te un gruppo anarchico, ma era a– nimato da un interesse umano coin– cidente col nostro, po1rebbe non es– sere inutile. L'altro tentativo che è rimasto tronco, a cui accennavo in princi– pio, è staio appunto animato dalla

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