Volontà - anno XIII - n.2 - febbraio 1960

di una fum:ionc sociale degli strumenti di produzione - cioè l'idea e la struttura di una pianificazione collettiva. A questo fine il danaro speso nel– l'accoglimento della prima istanza è un costo più che sopportabile; tanto gli interessi e i dividendi aumenteranno ancora nel futuro. In realtà la situazione non è affatto rosea, come appare dalle colonne dei giornali; i politici, gli industriali, i sindacalisti hanno rimandato al futuro la controversia, applicando una tattica vecchia come il mondo. Ma saranno i futuri disoccupati, le loro famiglie ad accorgersene quando le conseguenze del sistema in atto appariranno in tutta la loro portata. Ri– mandare serve solo a rendere più complesso e difficile qualunque pro– blema, specie se di carattere sociale. Tanto più quando si tratti di mi cam– po come quello aperto dall'era del:'automazione, dove sono in gioco non solamente gli immediati interessi economici degli individui, mu anche, e sopratutto, un problema sostanziale di liber1à. Se è la colletti,•ità che la promuove e la conlrolla allora l'automazione è uno slnunenlo di libera– zione dnl lavoro e di conquista di altre liber1à, altrimenti non è che una tenacissima catena che soggioga ancora di più al sistema in atto. Disoccupati USA. Le ragioni per cui ce ne occupiamo sono parecl'hic, ma la più impor– tante è quella che consi<lcrando l'America come il paese dove la cosi– detta economia libera è ancora la pili prossima alla teoria del sistema ca– pi1alis1ico ed il paese dove lo svilupvo tecnico è por1ato alle sue estreme conseguenze, per la rapidità dell'adozione dalle applicazioni e per l'ab– bondanza elci mezzi, gli Stati Uniti cos1ituiscono un test mondiale dove si possono studiare. meglio gli sviluppi dell'automazione da un lato e le sue conseguenze socjali dall'altro, tanto più che lo stato, data la sua strnt– lura, dimostra di occuparsene attivamente. Anzi, nell'occasione dello scio– pero dei siderurgici, di cui abbiamo parlato più sopra, dimostra di vo– lere minimizzare a tutti i costi le prospettive. future. Si consideri che la recessione è finita e che quindi :ò:iamo in una con– giunlura favorevole o, perlomeno, nonna!~. Ebbene, nel mese di novem– bre scorso, il numero del disoccupati sali cli 398.000 unità, portando il totale a 3.670.000, il pili alto dalla fine della seconda guena mondiale. E' vero che in novembre era in corso lo sciopero dei siderurgici, cosa che: ha indubbiamente contribuito ad elevare le cifre in esame. Ma se com– pariamo la cifra totale con qu'eila del novembre 1956, cioè prima della recessione, ·1ro\'eremo dei dati interessanti. Allora il totale era di 2.600.000 unità. Siamo adesso in una situazione quasi analoga, eppure i disoccu– pati sono cresciuti di oltre un milione. Ad aggiungere 1imori per il fu– turo, noteremo che l'ufficio del lavoro 1nevede che nel 1960 i disoccupati saliranno a 4.250.000. La realtà è che, sotto Ja spinta elci faltori tecnologici e demografici 89

RkJQdWJsaXNoZXIy