Volontà - anno XII - n.2 - febbraio 1959

,ia divenuto il soggelto di fa,,ole straordinarie. Ulisse Aldrovandi, che ha riunito nella sua «Histoire naturelle» ( 1602) htllO quello che si sapeva a quell'e– poca &ui ragni, si dilunga sugli ef– !etti del morso delle tarantole e sui modi di guarirli. Pada insomma dei taranlolati e delle melodie, la pa– storale e specialmente la tarantella, che veniv·aoo appositamente scrltte e suonate per guarire i malati, pen– sando che il sudore del danzatore lncili.tasse l'espulsione del veleno. Il medico sved'ese KUhler, che os– servò dei tarantolati nel 18.mo se– colo, scrive che la malattia può du– rare due o tre anni. Credendo che il male potesse essere tolto con In musica si chiamav11110dei suonatori di violino c di chitarra cd il ballo poteva durare, senza interruzione, nuche due ore (se i suonatori smet– tevano prima della fine dell'accesso il malato, si diceva, sarebbe morto). Un ballo ri1>etuto tre volte, ad un giorno di intervallo, bastava a cal– mare il tarantolato 1>er un anno, cioè fino alla ricaduta che avveniva al ritorno della stessa stagione e po– teva ripetersi talvolta anche tutta la vita. Si pretendeva che il morso della tarantola fosse più grave durante l'estate, che nelle altre stagioni la tarantola non mordeva, che uon tut– ti i ragni fossero pericolosi, che una tarantola non era pili velenosa fuo– ri delle Puglie. Tutte queste fantasie, e mille al– tre che ometto, hlrono ammesse co– me veritì1 fino agli inizi del secolo 19.mo , e non solo dai popolani ma perfmo dai medici. Il Baglivi stesso scrisse un trattato dove erano raccolte le arie musica– li più eUicnci conlro il male. La so- l!O la cosa giusta che abbia detta é che i contadini pugliesi fanno una cac– cia feroce alle tarantole, soffiando all'orifizio delle loro tane con una pagliuzza perché il ragno esca ere• dendo di JJOter catturare un insetto. In seguito la credenza diminuì ma, secondo l'abate 1 ollet, fu col– tivata da numerosi suonatori ambu– lanti, che offrivano i loco servigi di villaggio in villaggio, e da dei va– gabondi mendicanti 1>er i quali lo spacciarsi inalati era un sicuro me– todo per ottenere delle elemosine. Alla fine d'el secolo 18.mo un no– bile polacco, il Von Borch, convinse un napoletano, dietro compenso, a Carsi mordere un dito da una tarar1- tola, in sua presenza. La mano di– venne infiammata, le dita gonfiaro– no e divennero pnu·iginose, ma ben 1>rcsto tutti questi disturbi scompar– vero. ,Successivamente Dufour e Erker confermarono su loro stessi l'inno– cuità per l'uomo del morso della ta– rantola. Solo per i piccoli insetti dei quali si nutre il suo morso é peri– coloso. Quanto alla tarantella, essa é di– '"enuta col tempo una semplice an– che se allegra danza folkloristica, certamente comple1ata da melodie popolari medioevali, coside11e e• stive. Attualità I I Cantaui dichiar:1va nel 1872 che la grande corea si osserva frequentemente nell'Italia meridio– nale. EffettÌ\•amentc, il tarantismo persiste ancora, nuche se con mino– re frequenza, nelle Puglie e pili par• ticolarmentc nello provincia di Lecce.

RkJQdWJsaXNoZXIy