Volontà - anno XI - n.10 - ottobre1958

tornai in Polonia non trovai nessuno in vita; Lutta la mia famiglia, tutti i parenti vicini e lontani erano tuorli. Ma durante tante notti insonni ho ar. dentemente desideralo di trovare qualcuno che potesse capirmi, che aves• ee anche lui provato un campo di prigionia sovietico ... Riempii di nuovo i nostri bi<'chieri. - Puoi parlare liberamente. Dopo tutto siamo stati nella stessa cella in prigione, e dopo ques1a guerra è quasi come esser stati a scuola insieme ... - Non era molto focilc nllora mantenere il posto di capo della bri. ghta di costru1tori. In Russia, come tu sai, bisogna pagare per ogni cosa. Nel febbraio 1942, dopo aver laociato da meno di un mese il lavoro comu• ne per la baracca dei tecnici, Cui convocato di notte alla Terza Sezione. Era un periodo nel qualf' i Russi si vendicavano delle loro sconfille al fronte perfino nei campi. Avevo quatlro tedeschi nella mia brigata, due completamente russificati. delle colonie d'el Volga, e due comunisti fuggiti in Russia nel 1935. Essi lavoravano bene, e io non 11vevoniente contro di loro, tranne forse il fatto che f'iòsi evitavano ogni discussione politica co– me la peste. Insomma, la Terza Sezione mi disse di firmare una deposi– zione, attestante che io li avevo sentili parlare in tedesco della rapida ve– nuta di Hitler. Mio Dio, certamente uno degli incubi maggiori di tutto il sistema sovietico, è questa mania di \'Oler liquidare le loro viuimc con tulle le formalità ... Non si contentano di costringere un uomo in una (e. rocc finzione, ma devono avere testimonianze per provarla. La N. K. V. D. non mi nascose che sarei stato rimandato alla foresta se rifiutavo ... do,•cvo scegliere fra la mia stessa morte e quella di quei quattro ... Sì versò ancora vino e con mano tremante portò il bicchiere alle labbra. - Scelsi. Non ne potevo più della foresta e di quella lerribile lotta quotidiana con la morte. Volevù vivere. Testimoniai. Quattro giorni do1lo essi forouo fucilati fuori del recioto. Stavamo tutti e due in silenzio. Egli mise il bicchiere vuoto sul la,·olo e si rannicchiò 1.ul letto, come aspettando un colpo. Dall'altra parie del muro una stridula voce di soprano cantava una strofa di una canzone ita• liana e si fermò d'un tralto, interrotta da un'imprecazione. Faceva un flÒ pili fresco, ma io riuscivo quasi a sentire i pneumatici surriscaldati delle macchine che si staccanno dall'asfalto attaccaticcio con un leggero cigolio. - Se raccontassi questa storia a qualcuno delle persone in mezzo a cui adesso vivo non mi crederebbero, si rifiuterebbero di stringermi la ma• no. Ma lu dcvi sapere a che punto <'i hanno trascinati, quanto ci hanno avvilito. Di' solo che capisci. Sentii il sangue affluirmi alla testa. hnmagini <" ricordi si affollarono davanti ai miei occhi. A quel tempo, tre anni dopo aver lasciato la Rus– sia, quando cercavo di scac<'iarla dalla mia mente per eoter const•r\'are la fede nella dignità umana, quelle immagini erano confuse e indistinte, mentre ora che ho finalmente riconosciuto un pò di pace, le considero con distacco ed esse sono chiare ma completamente lontane. Avrei potuto pro• nunzi.are la 1mrola che egli mi chiedeva, il giorno dopo la mia liberazione dal campo. For~e avrei potuto. Ma nel 1945 avevo già tre anni di libertà 564

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