Volontà - anno X - n.9 - 30 giugno 1957

(I V • ~cguc d(lf 11. 8) CARLO PISACANE La guerra e la rivoluzione J L PIEMONTE rinnova I' armi- sti1.io; Messina, insorta, cade; scoppiano moti mazziniani in Lom– bardia e l'insurrezione a Vienna: a Roma è ucCJso il ministro tPellcgrino Rossi; il papa fugge a Gaeta. Pisa– cane spera nella guerra piemon1ese <1uando si forma il nuovo Ministero Gioberti, e lascia Lugano per rag• giungere il ~ut• reggimento (22° Fan– teria, Divisione Lombarda) accaser– mato a Vercelli. Le tnq>pe sono scon1ente, l'equipaggiamento è pc~– sirno, il Ministero della Guerra silu– ra ulfìeìali, l<: rivalità tra u[ficiali regolari e volontari sono vive: ecco come gli appare l'esercito piemon– tese. La politica dell'abate Gioberti gli sembra tortuosa e timida, lo e:,a. spera il vedere a capo clcll'csercito un generale polacco incapace che pnrla a mala pena l'iialiano e non sa darsi pace che, avvicinandosi la primavera, stagione di 1 guerra, si manchi di nn piano deciso e che si caldeggino dei piani rovinosi. L' o– ziosa vjta di guarnigione aggrava !a sua esasperazione. Sogna cli passare allo Stalo Maggiore e sollecita l'ap– poggio del generale iDurando. DP.Ju– so, la proclamazio11c della repnbbli. ca a Roma lo decide ad abbandona– re l'esercito piemontese. D:"1le pro• prie dimissioni, ma prima cli partire rimette al generale Bava, allora ispettore generale dell'eserci10 1 ui:. dettagliato piano di guerra che il generale esaminò ma tro,•ò peccare per soverchio ardimen10. Non è qui il luogo, nè abbiamo competenza per giudicare tale pia– no, ma è certamente nel vero N. Rosselli quando rileva che quello adollato dallo Czarnowski fu disa– stroso. L' 8 di marzo 1849, Pisacane è, cou Enrichetta, a Roma, e si presen– ta al Mazzini, che come un anno 1>rima il Cauaneo, rimase affasci• nato. « Mi si prcsenlava senza commen– datizie, racconta nei Ricordi, il Maz. zini, m'era ignoto cli nome e, benchè io ricordassi di averlo alla sfuggita veduto un anno prima ... , io non ~a– pcva nè gli studi teorici e pratici, nè la ferita di palla Austriaca che lo aveva lenuto per trenta giorni in– chiodato in un leuo, nè i principi serbali inconcussi attraverso l'esilio e la povcrtil, nè altro cli lui. Ma ba– slò un'ora di colloquio perchè ]'a– nime nostre s'affratellassero, e per– ch'io indovinassi in lui il lipo di ciò che clovrebb'essere il militare italiano, l'uomo nel quale la scienza, raccolta con lunghi sÙHli ed amore, non nve"a aclclormcntato, creando il pedante, la potenza d'intuizione e 507

RkJQdWJsaXNoZXIy