Volontà - anno X - n.7 - 1 aprile 1957

!'ona decide di esimersi dlli pesi del– la vita sociale pur accettandone i vantaggi. E' infatti del tutto analo– go al ladro-di-mestiere il ricco ra– pace che, senza far nulla nella son successione di giornate, taglia cedo– le di rendita dai titoli che convoglia– no i profitti del lavoro a cui egli non partecipa. O il prete che s'alimenta sottraendo con elemosine e lasciti ciò che può ni suoi fedeli (e, nei pae– si arretrati come il nostro, allo Sta– to). Od ancora, seppure in grado di– verso, il padrone di fabbrica che la– vora sì insieme agli altri ma si ta– glia una fotta privilegiata nei pro– fitti dell'opera comune; e peggio nn– corn quando nemmeno dì1 ai lavora– lol'i della sua fabbrica ciò che 1n11· dovrebbe per i contratti di lavoro le assicurazioni ecc. Tutta gente che bisogna aver coraggio di dirlo, ruhu– per-vivere. Proprio come il ladro di mestiere. O come lo speculatore che, giovandosi delle sue amicizie tra chi sta al potere, compra 11dieci ,,er rnndere a cento od a mille. Od, an– cora, il finanziere che, poggiando sulla stupidità e la conm:ione della gente che potrebbe opporgli~i, do– mina il mercato o dello zucchero o del sa1>one o dei giornali o delle na– vi rapinando (leueralmentc) i con– sumatori - ed i contribuenti, altrn– veri,o i l<compensi >l e le « protezio– ni doganali l) ccc. che elargisce lo Stato. Od anche, magal'i 1 come certi grandi e piccoli politici <'he nella lor vita non han mai fatta una setti– mana intern di lavoro ,_,roduttivo ep– pur vivono meglio di chiunque o– i:,:nigiorno sudi al suo posto nell'or– ficinu nella {attoria nella scuola C('('. Bisogna vedere d1e di fronte :l ~ì grandi-ladri divcn1ano minimi <JUcl– li che la morale corrcu1e colpisce. 388. L 1 abbiczio11c di ceni pei-sotrnggi del– lu buona società (di cui ha daLo sol– lauto pallide ombre la sapiente re– gia del processo l\:Ioutesi) riabilita perfino lo sfruuatore di donne che si {a consegnare il frullo del dolo- 1·osolavoro della prostituta che «pro– tegge >l, E tant'altri. Tra i quali sta, certissinrnmente, il tizio qualunque che per mm od altra ragione tro\'a troppo faticoso dare ogni giorno il ~uo tanto di lavoro nelln macchintt sociale in cui è pu1·1ecipe, e ruba - o .il passanle ad lUl cnnto di strndu, od alla massaia al mercato, o nel unn Banca, che è sempre lo stesso. Per noi non c'è nes:.tma differen– zn vnlidu, al Ioudo, Ira il ladro-di– mestiere e gli altri che in altri mo• di vivono senza lavorare. Ma in quest'idea netta si situa, f)Cr (·oniro, la diffcrcm::1 rndicale tra il ladrn-di-mcstiere e I' <e csproprin- 1orc. L'cspropriatq_rc è ben altro. E' l'uomo (o la donna) che nor– malrneulc vive d'un ~uo lavoro, mn ad un <'Crio momen10 de<·ide di or– ganizzare un prelevamento di dena– ro di cni non egli ha bisogno ma il movi111en10 in cui dìt insieme ad al- 1ri la sua parie di uttiviti1 per il mi– ~liot"amento della soc:ie1il. lluba, al– lora: ma non per sè. E di fatto non 1ra11iC'ncper sè nulla del rubato. Ed ap1>c1rnl'ei;proprinzioue è compiuta torna al ~uo lavoro usm:tle, operaio u studente o ingegnere o maestro oli altro, mn sempre lavoro, Catto di en– tusiusrnu e -di sudore, sì che ogni giorno egli può ripetersi: ho guada. gnulo insieme agli altl'i il 1rnlie che mangio, il ,,estito <·hc porto, il li– bro c•he leggo, la casa in cui abito,

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