Volontà - anno X - n.7 - 1 aprile 1957

necessario che mai il pensare l'esprimere l'esigere limiti morali all'atti. vità dei politici cli mestiere. Nè mi pare che il nostro moralismo dipenda da un giudizio pessimi– stico sull'uomo, come di fatto accade per i cristiani. La nostra differenza dni cristiani sta proprio nel ritenere che ognuno degli uomiui e donne vivi ha in sè tanta verità che Mrebbe capace di una vita sociale umana sol che non più lo opprimessero padroni e capi - capacità che è non dei pochi eletti in cui interviene la supposta grazia divina ma di tutti. Ergo, la lotta contro i padroni ed i capi dovrebbe e8sere l'azione fondamentale per chi guardi all'avvenire (cioè per noi l( utopisti », anarchici o socialisti), men– tre per chi s'accontenta di guardare al presente (cioè i padroni ed i capi, e la gente a loro soggetta, tutti defi.nfbili «realisti») l'azione fond'amentale è la conquista del maggior possibile potere. Partiti politici È un discorso che vorrebbe essere parlato, non scritto: lo scambio di idee dovrebbe essere continuo. Noi stessi (io almeno) procediamo con infi– niti dubbi ed esitazioni nel tentativo di definirci una possibile azione !.O• ciale distinta dall'azione politica, poichè mille ostacoli sempre risorgenti ci impediscono di realizzare qualcosa di efficace. Quanti anche tra noi, ad es., hanno sperato un attimo che la unificazione socialista si concludesse in modi tali da consentire l'inizio anche entro il partito di una lotta con– tro la degenerazione del Partito-associazione in Partito-apparato, nel quale o si comanda o si ubbidisce. Ma ormai le speranze sono svanite. E ne ri– sulta confermata, mi pare, la persistenza necessaria dell'antipolitica in cui è uno dei cardini pratici del nostro anarchismo, inteso a ripresentare le virtù creatrici della molteplicità di associazioni-di-pochi in un mondo in cui ai termini « persona >i e « società » si è sostituito l'orribile binomio « individuo >> e « massa >l, }".:ben vero che in Italia (qui-ora è la sede del discorso) tutti i partiti tendono alla dominazione esclusiva, cd i capi rispettivi al predominio per– sonale entro ciascun partito, e che solo la molteplicità dei partiti impedi– sce lo stabilirsi di dittature. Ed è vero anche che le forme tipicamente ita– liane dello strapotere di alcuni partiti o di alcW1i lor cupi, nuche in partiti «democratici >>, hanno la loro base nel costume auzichè nei sistemi ideolo– gici: è così forte il sen•ilismo la camorra attorno ai Potenti che riesce dif– ficile non giovarsene volendo comandare, se anche al coperto di ideologie che parrebbero preclud'ere tali vie. Ma, proprio perchè tali sono in Italia i fatti, come si può pensate se non in astratto ad una utopistica democrazia che sia delegazione volontaria di potere e che si realizzi attravcr@o le macchi– ne politiche dei partiti? Come, dal momento che non si è ancora trovato modo di .rendere innocui o meno dannosi, in Italia, gli apparati? Mi pare che Caleffi non guardi al problema di .fondo. La politica, co- 363

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