Volontà - anno VIII - n.12 - 15 aprile 1955

deva in lui lo stesso Dio; ed il dè– litto di 'lesa maestà veniva punito co– prendo il reo di una cappa di piom– bo, e con quella veniva messo sopra una fornace. Oggi i I re regna per grazia di Dio e volontà dcl1a Nazione~ èd il si– stema delle pene non è più quello 'di una volta; ma anche oggi esse non mancano cli una raffinala perfi– dia; e nessun vindice che osò spa– ventare col suo atto la persona del re, uscì vi,•o o sano di mente da 1ft1ei luoghi di tortura. li grande giurista Antonio Pelle– grini a vroposito di Giovanni Pas– sauante ,Jicc di rimpiangere il gior– no in cui col suo voto al Parlamen- 10 ita'liano aveva contribuito all'abo– lizione della pena di morte, la qua– le, di fronte alle sofferenze dcll'er– ~aslofo, rap1>resentava unn 1i4cra– z1one. E Luigi Galleani nelle sue crona– t•he di << Faccia a faccia col nemi- 1•0 », riporta l'impressione di Ago– si ino Bertnni, il <1uale, dopo mol– lissime proteste ottenne di vedere il Passanante a traverso lo spioncino della cella, senza parlargli, senza fargli un gesto, senza il piì1 lieve mov.imento, giacchè iJ detenuto non ,loveva in nessun modo accorgersi della 1ncsenza di un visitatore: I( Dopo qualche istante indispensa– bile ,ul tLbiware l'occhio alle tene– bre, l'onorevole Bertani potè, alla palli<la luce d'una lampad«- all'in.– terno discernere <Juest'uomo gonfio, .~colorito come l'argilfo, immobile su lt,, brtuula, rtmtolant.e nello sforzo di sollea)(/re delfo mano la pesante co– tena di diciotto chilogrammi che "· causu ,Jt,tfo debolezz.a dei reni non porev!1 sopporture ... 716 {(Pc,· <lue mmi Passwwnte è ri– masi.o sepolto nell'oscurità più com– ple1<1, iu una cella posta al di sotto del. divello dell'acqua, e là sotto I.a tt:fo11e continua dell'umidità e delle tenebre il suo corpo si ,lenudò cl'o– gni pelo, si. scolorì., si gonfiò così. come oggi si vede ». Giovanni Passanantc non aveva ucciso, aveva solamente fatto un no' di 1>aura al re; ma la sua torl\;ra, anche per la lunga durata, fn più a– troce della stessa cappa di piombo e della brace in uso sollo il regno di Federico Il. Gaetano Filangicrj, che pur man– tenne il principio della pena di mor– te, ammettendo che l'uomo nelJo ~ìlato naturale ha diritto alla vita: che non può rinunziare a ques10 di– ritto, ma può perderlo coi suoi de. litti, distingue l'istinto barbaro dal concetto civile: « Nè ht vemletta del– l'offesa. reca1t1, alla società, nè l'espfr,.– :ione del r<,ato, ,~0110 gli oggetti 1lt>l– lti pena». « La vendettci I! ww pt,ssio,w e le leggi 11<> sono esenti; e la giustizia 11-011- è ,ma di quelle terribili divi– nità alle qmdi i crudeli adorni.ori. immolmt0 le 1mume vittime per pfo– wre il loro preteso furore. Le leg– gi, allord1è puniscono, hmuw in~ nan:i llgli. OCchi la. società e ,wn il delim1ue11te; esse son mosse dall'in– teresse 1mbblico e 11011- dall'odio pri- 1mtu; esse cercmw un esempio per l'avvenire e non ,ma vemlettu del pu~sato ». 1 Il che significa, (•he Ja legge, nel giudicare il «reo)) non dovrebbe a– vere per scopo la vendeua del pri- 1 GAETANO FH.Al' /CF.RI , 11 I.<, reiet1i<i ,lell« legisl1uio11e ».

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