Volontà - anno VIII - n.8 - 15 dicembre 1954

ti i milticismi, rwn. dando mai come ,ft.itn unt1 questione, e quando ab– biamo esposto il nostro ultimo argo– "1entO, combattiamolo, .te è necessa.– rio, con l'eloquenza e l'ironia, A q,wsta. condizione entrerei con.molto piacere nella vostra associ.azione, se ,w, no». Kropotkin che era meno 61osofo e più dottrfoario di Proudhon, situò Jo tpirilo di tolleranza~ che gli era naturalmente proprio, al vertice del. Ja sua dourina. La scienza, la tua tcienza, gli faceva vedere il comuni– amo cQ.mc l'unica soluzione ®i pro– blemi sociali. E indubbiamente non concepiva i.I sistema comunista, se non a condizione che fosse libera– mente accettato. Ed avrebbe preferi– to qualsiasi Mistcma economico indi– viduale ad un comunismo imposto. Riscontriamo in Kropotkin questa strana contraddizione: seconrlo lui, è necessario il comunismo per arriva– re alla libertà ed è necessario prati– care la libertà per arrivare al comu– nismo. Entrambe le affermazioni sono oontraclditorie nonostante siano di Kropotkin, Se il comunismo è ]a condizione necessaria per la libertà non c'è che C'.Crcaredi arri,•are ad essa senza esi– tazione e <1ualsiasi rinvio della )iber– tà ,,er i pili non sarebbe altro che un rinvio della libertà. Se la pratica della libertà e d.eJla toJleran:r,a è pos– sibile prima di arrivare al comuni– smo, questa non è la sua unica con– dizione. La to11eranza è sempre la nemica delle utopie, cioè dei sistemi chiusi. Gli anarchici non possono pi-escinde– re mai dalle utopie, dato che la vo– lontà sociale d.i essere e(ficaci al- l'interno della realtà è obbligala a forgiare le sue aspirazioni mediante imagini concrete e visibili. Però, nello stesso tempo, ]'anarchismo por– ta con sè il freno della coscienza li– bertaria, cioè la tolleranza, che gli impcdisee d'incamminarsi a qualun– que costo verso una finalità predeter. minata. E' perciò che la marcia dell'anar– chismo verso il suo obiettivo pare somigli al lavoro disperato di Sisifo. Questa si può dire che è Ja trage– dia deU'anarchismo. In fondo si trat– ta della tragedia della vita umana, e l'anarchismo si avvicina alla real– tà della vita pii1 di qualsiasi altra dottrina sociale. Secondo me, ogni insegnamento di filosofia anarchica dovrebbe comin– ciare dal principio della tolleranza, giudicato da Proudhon piì1 impor• tante della logica e della stessa ra– gione; un principio che ci molesta semine, che dimentichiamo qualche volta e che mai potremo negare sen– za negare noi stessi. Senza la tolle– ranza l'anarchismo non significa llll.lla. Distinguiamo, per chiarezza, due specie di tolleranza. Parliamo di una tolleranza negativa e di una tolle– ranza con ,,alore positivo. La prima nasce dalla debolezza e dalla indif– ferenza. Io tollero il mio nemico se non mi sento capace di sopprimerlo. Cosi operano le chiese, le nazioni, gli imperialismi, i partiti nei casi. di equilibrio tra le forze. I cattolici tollerano i protestanti e i laici dove non si sentono abbastanza forti per clichiarar loro la guerra. Lo stesso tanno i protestanti ortodossi e quanti non concepiscono la salvezza se non ne] seno delJa propria chiesa o sella. Sono, quindi, intolleranti per prin- 425

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