Volontà - anno IV - n.1 - 15 luglio 1949

non incontrai ccrlamenac più tanla incomprensione e la necessità di sop. primcrc il patronato era una verità generalmente compresa. Djsgraziata– mentc le ,mie convinz;ioni miJobbli– gavano anche a parlare dello Stato ai lavoratori, e a dimostrare loro che esso e sopratutto esso era il loro ne– mico. Confesso, senza vergogna, il mio insuccesso generale, e pili di una voi– la registrai risposte che facevano la pari con le obiezioni che ricevette il vecehio militante a proposito del patronato. Pcrchè se, per la maggior parte d'ci miei ascoltatori, il patro• nato era Wl nemico posith 1 0 e con– crelo che essi pcns:l\'ano giustamente <li sopprimere, lo Stato, al contrario, sembrava loro potenza tanto più on· nipotcnte in quanto è impersonale e, questione suprema - es.sa era sempre esistit.a. E compresi quanto Bakw1in a,·esse avuto ragione di i– dentificare « Dio e Stato». .Mi accuseranno di a,,erc la fobia del marxismo se dico tutta,,ia che è pure esso che ispirò la concezione po• litica del mo, 1 imcnto proletario? Non è esso che decretò che il pro– letariato doveva essere al rimorchio del partito dell'o: élite i> (cioè di co– loro che beneficiarono della rivela– zione marxista). Non è esso, infine, che proclamò, in termini appena ve· lati, che il proletariato dOveva ~e– re lo sgabello per mezzo del quale i suoi capi politici si innalzerebbero :11 potere di Stato e si servirebbero di questa immensa potenza per co– minciare la cosiruzionc del sociali– smo? Durante cento anni si esercitarono, dunque, i la,·oratori alla lotta con- 1.ro il patronato e alla conquista del. lo Stato. Ed ceco che questa politica è riu– scita al di là di tulle le speranze. ci paesi democratici (i soli nei qua. li si può ancora parlare di movi. menti proletari) il patronato è alta mer~ dello Stato e questo i- larg:l• mente alla mcrcè dei capi soc:alisli. Cupita anche, come attualmeotc in Iughilterra, che essi l'hanno int,:r.»• mente sotto il loro controllo. Davanti a questa situazione e quando, tutta,,ia, i lavoratori voglio• no reagire: con chi devono pren– dersela? Ecco la 1emplice questione che essi non possono risolvere. Lo· Stato è diventato il padrone effetti• ,·o e diretto di un numero sempre più grande di lavoratori, cd C(.'<:O che, le nazionalizzazioni « funzionarizza. no » delle nuo"e masse lavoratrici. Quanto ai lavoratori dei seltori pri• vati essi comprendono che anche i. loro padroni diventano sempre più dipendenti dello Stato. Infine, la grande paura dell'ope– raio di oggi è la disoccup:lzione. Non la disoccupazione causale o stagiona– ria, ma la disoccupazione massiccia, cronica, permanente; cd anche per– cssa, solo lo Stato può portarvi de– gli aiuti. Cosi la nozione dominante nella coscienza operai:, è diventata: fo sicure;;ui. E se lo Stato appare co~ me un grande padrone, forse :1\ 1 0.ro e duro, i la,,oratori non immaginano di poter fare a meno della sua pro– tezione tutelare. Questa constatazione, senza dubbio amara, non mi conduce, tuttavia, ar pessimismo definitivo di Louzon. Per un paradosso curiosot io che non· sono marxista, n.rrivo a riaffermare la lotta di classe della quale i1 mar-

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