Volontà - anno III - n.6-7 - 15 gennaio 1949

NUOVO DETERMINISMO J 1 « dc1enninisrno )> t:ioè quella p:nlicolare dottrina che lcndc a r:q>prc- scntarc ogni fotto <lei mondo come elemento determinato necessaria• mente da catene d'altri fatti preesistenti e coesistenti e ad esso corre– lativi - corrisponde ad un meccanismo fondamentale della macchin:t• l>Cr-pcnsarc di cui è dotato l'uomo. Quando questa macchina funziona, tioè quando noi formuliamo idee logicamente connesse, ci lro\'iamo co– stretti - lo vogliamo a no - a pensare una cosa ,:omc il risuhato finale d'un certo nwncro di cause, e come c;ausa essa stessa di un certo numero di cfTctii . .l'tfa la forma della dottrina determinista ha subito delle varia– zioni profonde nel corso della storia del pensiero. Lo s,·iluppo delle scienze sperimentali nel 19.mo secolo ha creduto di l'aggiungere la· forma pcr– rcua e definitiva della concezione deterministicn del mondo. Ma i soprag· giunti progressi della fisica atomie:i Jwnno scosso nelle sue fondamenta quel superbo edificio. A(.-eade nella filosofia delle -scienze come in ogni altra ma1eria cli pensiero: non è possibile addormentarsi sui risultati ,:u-quisiti, sollo pena di n:nirc risvegliati da scosse brutali. Il determinismo s'ap1>oggia interamente sul 1>rincipio cli causalità, che ne è la maglia elementare, poichè enuneia che le stesse cause produr– ranno -sempre gli stessi effetti. 'I";:però impossibile una verifica del prin– cipio di causalità nella sua generalità. Le «cause)) 1·i son note soltanto grossolanamente anche quando si tratti d'un follo sperimentale nel quale noi stessi slabilinmo artificialmente il piì1 gran numero possibile di cir– costanze. Quanto le circostanze sono, per contro, piii complesse in un Fatto naturale, d'osservazione ordinnria, anche semplice! Ed anche se noi sapessimo riprodurre una esperienza 1.000.000 cli volte in circostanze iden– tiche, abbiamo forse il dirillo di affermare che la 1.000.00lesima voha il risultato earebbe lo stesso? ~ un diritto che noi rivendichiamo soltanto per– chè ci sentiamo incapaci di pensare altrimenti. Una tnl modo di pensare ci deriva certamcnle dall'unicn esperienza in cui la cnusalità viene da noi «osservata» direttamente: la nostra vo– lontà è causa direua di noslri atti. lo voglio piegare un dito, il mio dito si piega (il che non signifìcn, è bene dirlo, che il mio dito si piega solo quando io lo voglio). Ma una tnle ossen,azionc è puramente soggettiva, pcrchè noi non possiamo determinare scientificamente la natura e l'inten– sità della « \·olontà >> che interviene. Inoltre essa è fals~1 pcrchè ira la vo- 319

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