La Voce - anno III - n. 3 - 19 gennaio 1911

[,A VOCF. (C Sig. Avv. Tommaso Niccoletti osenza) S. Giovanni fn Flor €sce ogni giondì in Firenze, via dei Rena,, lr ,JI, Diretta d" GlUSEPPE PREZZOLINI ,JI, Abbonamento per il Regno, Trento, Trieste, Canton Ticino, L. 5,00. Un numero cent. J0 Anno III > N' 3 > 19 Gennaio 19ll SO~l~IARIO: Università e Biblioteche, GIOVANNI PAPINI. - Il rapporto tra morale e religione nella fllosolla del Vico, BENEDETTO CROCE. - Appendiceal Baedekcr (11/i!Mo), Roc11 GREY. - Pietro Oorl, RonERTO ~l1c11ELS. - La sostanza di uoa polemica, i\L\RINO GRAz1uss1. - « La Voce» proibita in /Juslrin, LA VOCE. - .Vole. - P~r ii« Rifu~io >~ del giudice 11/ajelli. Università e Chiunque ha dovuto o voluto farsi una cul- 1ura da sè, fuor <lelle stanze bigie e buie dei regi isÌituti e delle alme università, chiunque ha studiato un uomo, una questione, una lèt– teratura o una sCienza, per curiosità, per bi– sogno, per scrivere un articolo, un saggio, un libro sa quanto sia malagevole, scomodo, in– grato e difficile lavorare speditamente e con 1 frutto nelle biblioteche italiane. La col,,a non è tutta delle biblioteche ma anche di chi ci va. Quando si ·comincia a frequentarle senza una guida già pratica, sen– za un con'sigliere. agguerrito, Senza conoscere gli strumenti bibliografici indispensabili ed elementari, senza sapere in che modo vanno falle le ricerche, senza neppur un'idea del come \'anno presi ordinati e conservati gli appunti è giocoforza spendere non so quanto tempo per ottenere risultati relativamente meschini. Ma col tempo la pratica viene: s 1 imrarn l'esistenza e il maneggio dei ferri del mestiere; e ognuno si fa un metodo suo, perfetto più o meno, ma che diventa, col– l'abit11dine, perfettissimo per chi l'adopra. Le bibli0teche, però, anche col tempo lungo rimangano quel che sono o se cam– biano cambiano poco e non radicalmente. E le biblioteche italiane ne avrebbero un gran bisogno. - !n l\:.!ia, dove tante cose vanno male e alcune cosi tanto che non potrebbero andar peggio, sarebbe un miracolo se le biblioteche andassero bene. Non solo ve ne son poche - si pensi che al di sotto di Napoli, in tutta l'Italia Meridionale, non v'è una sola biblioteca governativa I - ; non solo in quelle che ci sono mancano i libri - noi ci riem~ piamo la bocca con i numeri delle statistiche, ma, quelli che conoscono le grandi bibliole· che italiane sanno quanto sian povere di fronte alle grandi straniere, tanto povere che certi studi non si posson fare senza comprar libri da sè o senza scappare a Parigi o a Londra o a Berlino - ; non solo in quelle che ci sono manca lo spazio - veda, chi \'Uole, i magazzini della Nazionale di Firen– ze o le sale di quella di Napoli - ; ma i pochi libri che ci sono nel pochissimo spazio eh~ c'è son mal messi e la disposizione e il funzionamento son tali da far perder tempo e pazien/a a chi ci va piuttosto che dargli aiuto e conforto. Si comincia dai cataloghi : spesso ce n'è più d'uno e prima di sapere se un libro c'è o non c'è bisogna sfogliet– tare volumoni e registri e cassette di schede innumerevoli. Per i manoscritti i cataloghi mancano affatto o sono insufficienti, confusi, traditori e antiquati. Non vi sono cataloghi a stampa -· con quanta invidia dobbiamo guardare i cataloghi dei Pri11/ed Boohs del British Museum I - e non vi sono, a soc– _correre i principianti e i frellolosi, gli uti– lissimi cataloghi per materie. Solo da un paio di anni le maggiori bi– blioteche del Regno - di Roma e di Fi– renze - hanno una sala riservata di con– sultazione dove si posson trovare, senza bi– sogno di schede e di allese, i dizionari, i manuali, le compilazioni, le storie, le colle– ~ioni e le bibliografie di uso più comune. Ed è stata questa la più gradita miglioria de- gli ultimi tempi. Le sale di consultazione : eccoci al punto. La mia idea - utopistica, s'intende - per– chè le biblioteche servissero di pi[1 al loro ~copo e non fossero caotici magazzini di li- Biblioteche. bri ma organismi vivi di gran rendimento sarobbe questa: ogni biblioteca dovrebbe d:– ventaie un insieme di sale di consultazione. No~ ci dovrebbe esser piè, distacco tra la grande sala di lettura pubblica e i corridoi e gli stanzoni misteriosi dove si recano, gli impiegati soltanto, ma tutta la biblioteca dovrebbe essere un seguito di piccole e gran– di sale di lettura. La distribuzione dei libri non dovrebbe più esser fotta a casaccio ma ogni argomento Ò gruppo di argomenti, a seconda dell'im·– portanza. dovrebbe avere la sua sai,, una sala dove fossero raccolti tulli i libri che la bibliote· ca possiede attorno ad esso, e dove tutti gli stu– diosi potrebbero penetrare, con la facilità di veder subito, in poco tempo, quel che c'è e quel che non c'è, e di poter prendere da sè i libri che loro occorrono, senza perder tem– po a fare schede e ad aspettare gli impiegati che spesso son pochi e qualche volta in– fingardi. Per argomenti ir.olto vasti una sala non basterebbe e al Iora si farebbero tante salette, vicine, divise ma comunicanti. Alla letter~– tura italiana, ad esempio, non basterebbe una sala sol.-1, sia pur grandissima: ma la c!assi– licazione ne sarebbe facile. Ci vorrebbe una sala dante'5ca, una petrarchesca, un'altra per il Boccaccio e i novellieri; una per l':\rio• sto, il Tasso e gli altri epici ; una per il Manzoni ; una per il Leopardi, eppoi una per ciascun secolo, o per ciascun gruppo lette• rario (lirica predantesca, secentismo, rornan· ticisrno ecc.). Ogni sala dovrebbe avere un catalogo suo a parte e in uno scaffale i libri di referenza e di consultazione che alla materia in essa contenllta si riferiscono. Un catalogo generale dovrebbe essere, come ora, a disposizione di tutii in una sala cen– trale per rimediare alle inevitabili d1flìcol1à di classificazione e accanto vi <lo, rebbe es· sere un'altra sala per tutti quei libri che seno di natura loro universali (manuali di biblio– grafia generale; enciclopedie; dizionari bic– grafici internazionali ecc.) In ogni sala ci dovrebbe essere un im– piegato un po' colto che Jndiche_rebbe i libri agli studiosi, penserebbe all'ordinamento della sua sala, farebbe le proposte di acquisto al bibliotecario in capo e si occuperebbe di far a\'ere lihri di altre sezioni a quelli che lavo– rano di solito nella sezione sua. La scheda do– vrebbe esser soppressa, basterebbe, per la difesa contro i ladri, un buon controllo all'uscita, oppure la cauzione estesa anche ai semplici frequentatori. I \'antaggi di questo nuovo ordinamento sono visibilissimi e innegabili. Prima di tutto si eliminerebbero dalle grandi biblioteche di studio - per ricacciarli nelle biblioteche mi– nori di cultura popolare - tutti quei let– tori occasionai i che vengono per scaldarsi, per leggere i romanzi nelle riviste e per pas– sare il tempo. Inoltre gli Sl"diosi, tanto i prc– vetti che i principianti, si farebbero subito un'idea di quel che c'è su di un argomento che a loro interessa, senza ricorrere a biblio– gralie speciali che spesso non ci sono o non sono complete ed a giorno, e senza dover scoprir i libri per caso e chiedere quelli che non ci sono. Una sala speciale ben ordinata sarebbe cli per se stessa un'ottima bibliogra– fia - e piena, non già vuota come quelle che danno i titoli soli. Qui baster~bbe guar- Bibl·otecaGino Bianco darsi in giro per vedere quel che c'è di più adatto e allungar la mano per avere ciò che si vuole e ci abbisogna. Sar.ebbero abolite le corse e le ricerche de~ii impiegati tra gli scaffaloni polverosi e io~isordine; le lunghe e impazlct,ti attese dei lettori ; le difficoltose ricerche nei cata– loghi e tutto quel l'insieme di perditempi e di seccature che accompagnano sempre il 1.– voro in biblioteca. Ognuno potrebbe a\'ere a ma disposizione, a distanza di minuti, centinaia e migliaia di volumi che avrebbe dovuti cercare fati– cosamente a.J uno ad uno negli enormi e disordinati cataloghi e che avrebbe dovuto far venire a<l 11110 ad uno, a forza di richie– ste, di attese ~ di giorni e di mesi. A que– sto modo la biblioteca, pur facendo soppor– tare meno noie e fatiche, diventerebbe una specie di scuola, di museo, qualcosa di or– ga,iico, che promuoverebbe e aiuterebbe la cultura colla sola disposizione dei libri nei suoi scaffali. Si capisce che per quanto ulopisia sia non credo nè pretendo che ques1a proposta possa essere applicata subito e in quelli stessi luoghi dove le biblioteche sono alloggiate da· secoli. Ci vorrebbero aimi molti e palazzi nuovi. Ma intanto è bene pensarci perchè questo riordinamento rivoluzionario ma rngione\·ole delle grandi biblioteche richiama alla mente, per affinità, un altro ordinamento pur neces– sario: quello delle univsrsi1à•. Che le Università siano una delle tante cose che in Italia vanno male nessuno nega: nemmeno quelli che v'insegnano i quali da non poco tempo propugnano riforme e tra– sformazioni. E non lo nega neppure :I Go– verno che fra i miliardi cli commis~ioni esi• stenti o pseudoesistenti ne ha nominala anche una per la rifo.1ma unirersitariH. Ma la rifor– ma dovrebbe esser più profonda di quel che non possano in11n;;ginare i chiari e vecchi uo~tini che di solito compongono qllelle scàricaresponsabilità e lapidi sepolcrali che sono le commissioni reali, governative e par– lamentari. '\.:•è negli uomini intelligellti e moJerni una crescente ostili1à ,·erse la lezione catte– dratica, oratoria e ,iccHdemica. che ancor:i co– stiÌuisce, in certe focollti, il più delPinsegna– ll)ento. .Si comincia a pensare e a <lire che per f~ 1 ;111are degli u 1 }mini> dei maestri, dei d0t1i val ,. rnrglio eccitare I. loro attività personale; far l'l,torare i gio,·ani da sè p1uttos10 c_~e co– s/1\l"gerli ad ascoltare cose che coi'. p'.u d1ta– rezza e facilità possono trovare nei l1brt e a piJgar le schiene per scr:bacchiare in furia ci6 ihe spesso potrebbero leggere altrove con pili ,comoJità I e maggior riAessione (I). ·"'r{ necessario - pensano <la un pezzo .(;~, W 1 igliori ~ che il prbfcssoie non sia un conferenziere a ore tìsse ma una guid;1, un ec~itatore, un consigliere di tutte le ore; uu uomo che invogli i giovani a s1udiare e Jica co~1e possono studiare e cosa val la pena Ji studiare e faccia risparmiar loro il tempo in· dicando le fonti più sicure e i libri fon<lc– mentali. Questo s'è capito nelle facoltà scientifiche dove il laboratorio ha preso il sopravvento sulla lezione e la buona biblioteca specia 1e (i) L'abitudine della lezione cattedratica è una sopravvivenza del tempo pregutenberghiano, in cui i manoscritti erano scarsi e costosi e per ciò \a comunicazione ornle a molte persone riunite rnppresentavi'\ unn forte economia. sopra le dispense degli appunti. Non ancora si son trasformate le facol1à letterarie (e mello fra queste anche quella, ahimè, di legge) "dove basterebbero meno lezioni ma ci vor– rebbero più esercitazioni pratiche, pi'ù lavori rersonali, e mdlti seminari specializzati e circoli di discu·sioni e corsi di magistero. Dappertutto il professore dovrebbe esserè nello stesso tempo un caldo apostolo del sapere e una onesta gllida bibliografica e lò studente uno studioso d'iniziativa, autore di ricerche e di esperienze, addestrato a cercare, a discutere, a esporre. In una università ben falla le lezioni dovrebbero esser tenute dagli scolari e non dai maesl ri. Insomma le Uni~ersità dovrebbero diven'. tare sempre meno accademie e sempre pi~ collezione di seminari speciali con bibliotech~ speci,tli e laboratori speciali - intendendo per laboratori anche le classi dove gli stu– denti dovrebbero esporre ai loro compagni ~ maestri i risultati de' loro studi. ' Vale a dire che mentre le· biblioteche do– vrebbero essere aggregati di biblioteche spe– ciali, con impiegati colti e con facilitazioni di lavoro, le universi là dal canto loro_ dovreb– bero essere anch'esse aggregati di bìbliotech~ speciali con guide adatte e con annesse istl– tuzioni di addestramento. In poch~ parole: le biblioteche dovrebbero essere una specie dl università e le università una specie di bi: bliotech.e. Carattere comune: il predominio del lai voro personale, a,'u/alo dai più competenti. · Arrivati a questo punto scappa fuori l'u'. 1opia più grossa: cioè quella dell'unione più intima e {luasi direi, delb necessaria e desi– derata compenetrazione fra biblioteche e uni– versità. Sono le due massime istituzioni di' cultura e hanno, in fondo, lo stesso fine. Trasformate com' io sogno sarebbero simili ànche 11ell'ordiné1mento - tutt'e due fucine silenziose di intellettuali giovani e vecchi insieme collaboranti. Oggi nelle biblioteche pubbliche mancano molti libri e le 1111iversitithanno, nella stessa cillà, biblioteche loro più povere di quelle pubbliche e dove ci sono acca1ito a libri che qL1este non hanno anche libri che quelle pos– seggon di già. Lacune da tulle e due le parti e nel/o slessn temro doppioni inutili. Se le due istituzioni, ambedue go\'e1nati,·e, si fondes,ero? Se le biblioteche grandi di \'f!1ta,sero organi• 111,idi biblic,leche speciali che bisogno ci san bbe delle biblioteche specializzate che ora ci sono nel le facoltà? La biblio1eca sarebbe già di per sè s1e,sa una specie di università con tutte le biblioteche cc– correnti e i denari, ~pes.i in un luogo sol0, S.i– rebbero Ji più e più libri si potrebbero com– prare con vantaggio di tutti. Al di fuo1i della biblio1eca resterebbero in più, per fare l'università, dei professori guide, dei labora· to,i, delle ore di lezioni (fatte da studenti) e di discussioni (direlle eia maestri), e degli esami a lin d'anno e delle tesi piccole o grandi 05ni anno - tesi che si farebbero rilt che altro in biblioteca e con tanta più facililà di prima. E cosi le biblioteche giol'erebbero assai di più a tutti gli studiosi, anche a qL1elli che non sono nè professori nè studenti, e le uni– versità sarebbero meno inutili, meno noiose, e veri laboratori di ricerche organiche e me• todiche e veri vivai di uomini abituati a la– vorare e a pensare da sè. So benissimo da me, e senza che nessuno me lo dica, che queste idee non verranno prese slll serio, specialmente da quelli che

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