La Voce - anno II - n. 54 - 22 dicembre 1910

I.A l0CF. Conto eorr,ute roo la Pesta. Tommaso Nuoletti A. 882. Sig. A vv. (Cosenza) S. Giovanni In flore (Scade 31-12-910) l!:sce og-ni giovedì in Firenze, via dei Renai, Il .;I, Diretta da GIUSEPPE PREZZ • O LINI .;I> Abbonamento per il Regno, Trento, T tieste, Canton Ticino, L. 5,00. Un numero ceni. 10 1 Anno II .,. N• 54 ~ 22 Dicembre J9J0 S01\.ll\JARIO: " La Voce" sequestrata a Trieste - Carduccie Croce, RENATO Sr-:RRA _ I sico), E atomo alla Legge Oaneo-Credaro: Gh effe/li in provincia di lllila110, A. ~lERLtNJ · NRICO RUTA - Lellere dalla Beozia, VI, GINO BlANC111, E s · R" · -:.Mll~IO ETTIMEI.LI - Per 1! 1.,11;.,,10 dei Giudice 11/ajel!t. _ Bolle/lino Bibliografico. Il 1loroalismo meridionale (Slauro le- " La Voce ,, sequestrata a Trieste. Il numero 52, primo di qztelli dedicati ali' irredentismo, è stato dalla i. r. Pro– cztra di Stato sequestrato a Trieste. E crediamo sia avvenzdo lo stesso del secondo. Non ci offende il da11110, 11011 ci /a ![On• golare l'onore 1tè ifruttere1110 la /acile popolarità. Naniamo il /atto soltanto per constatare ùt quali condizi'oni di mentalità dev'essere una poiiu'a che wn sa distin– guere ·1tem111e110 l'obiettività e la storia dalla propr,.fanda e dalla -/Jalitica. CARDUCCIE CROCE Dunque entriamo anche noi nella con– tesa ? Ncmmen per sogno. Se Pztbblichz'a1110 questo scritto di Renato Serra, e/te risale al settembre, è per dare wt saggio del sesto dei' Quaderni della Voce i?t corso di sta111pa. Della questione e/te occupa Ùt questo rno- 11tentoil mondo letterario italiano non pos– st'a11totratta-re per 110n toglier glz' argo- 11tentidi boccaal nostro simpatz,co(a11corcltè cz' abbia tradito collaborando alla Difesa dell'Arte) Gino Biau,;lti, il quale si è di– chi'arato d'accordo coli' illustre pro j'. Ro– magnolz' Ettore (com'egù d1cc) e con i non 11te110 clziari spatleggiatori Toscani italo e Capaldi Giovanni. Porriamo di avere i due uomini davanti a noi : e interroghiamo la nostra coscienza, che cosa aspetterebbe da ognuno di loro, e di che vorrebbe parlare. Una differema mi colpisce. Con uno si può parlare di tutto; con l'al– tro no. li campo e l'apertura delle due in– telligenze è diversa. Il Carducci ha delle an– gustie che Croce non Conosce. lo sento che a costui, se dovessi prenderlo per maestro, mi potrei confessare in tutto il mio bene e nel male con una sincerità assolula ; poichè la sua intelligenza non rifiuta nulla del mondo. Prima di ogni moto di adesione o di sim– patia, mi pare che debba sorgere in lui il desiderio di comprendere. Di quel che gli dico io, egli non si piglie– rebbe ira, ma piuttosto curiosità, e quella non malevola. Io mi potrei scoprire a lui in tutta la mia profonda diversità morale, n~l mio fastidio delle idee astraile e delle correnti spirituali, nella mia antipatia verso tutta la gente seria elevata e convinta per professione, nel le debolezze del mio pensiero e nelle ma– linconie della mia sensualità, in tutto quello insomma che meno somiglia, che più repu– gna alla sua fotte natura; ma non credo che me ne vorrebbe male. Se prima fossimo stati, anche dopo potremmo restare amici. Il mio sentire differente sarebbe per lui meglio che un urlo o un insulto, un piccolo problema ; che posto con curiosità, sarebbe sciolto forse con un sorriso: e poi anche la mia forma della mente sarebbe ammessa co– me una parte o modesto episodio del suo ntelligibile universo. Col Carducci if fatto andrebbe altrimenti. Voi sapete bene che il discorso vorrebbe :sser cauto, come d'uom che si muova so– ,ra terreno pericoloso : a ogni trailo gli può coppiare sotto i piedi. Nella conversazione li lui ci sono dei limiti, anche delle insidie, Jalle quali conviene guardarsi. Cave /c,>11e111 / A ogni passo si scoprono tom pi i e statue e termini sacri; più oltre sono le terre ma– ledette. Fate che s'accostino i grandi nomi della letteratura o della rivolutione, o sorga :a specie delle sue grandi idoe e architetture, 1 rinascimento o il quarantotto, la lingua taliana o il principio nazionale o il popo– ·are, e sentirete subito quel terreno ardere; rumoreggiare; bisognerà fermare il discor– .o, o avanzar con misura prudentissima; ten– lendo J'orec~hio a ogni brontolio, studiando l'effetto delle parole cautamente, nei lampi dei piccoli occhi e nelle scosse brusche del– l'antica tesla raggiante, Basterà una parola un cenno un molo che possa gettare anche di lontano qualche om– bra sui numi indigeti ; e non dico poi un sospetto di citazione non sincera, di dilet– tantismo o di esotismo o di ignoranza sto– rica: un'imprudenza sola, e avrò al viso le unghie e l'alito ardente del leone. E badate che non sarà sufficiente eh' io tenga per me certi gusti, e eh' io rispetti ugual– mente, e irnmi e idoli, guardandomi bene dal confessar per esempio quel che penso di Crispi o dei pri nei pi dell' 89 o della cosi detta tenebra medievale; sempre dovrò es– sere in armi. Trasmutabile egli è per tutte le guise ; i movimenti della sua intelligenza e i sussulti del temperamento si ribellano a ogr,i previsione tranquilla. O col Croce non e' erano mica terreni privilegiati! Io gli parlavo di tutto ed ero certo di esser compreso. Eppure, se ci penso bene, la mia soddisfazione nou n'era per nulla cresciuta. Diversa era, non maggiore. Parlavo e ascoltavo quietamente ; cou molta dimostrazione esteriore di rispetto, credo, e certo con ammirazione e stima profonda den– tro, e gioia sopra tutto di quella chiara e dritta e arguta e lieta ragione sua. Ma parlavo da uomo a uomo, quasi sullo stesso piano e del pari; oltre che minore, e infinitamente, mi sentivo anche diverso, e pur senza nessun bisogno di fare uno sforzo, o un passo solo per avvicinarmi. Non c'era in me entusiasmo nè inquietudine. Sapevo di potermi fidare a quella accoglienza nella e precisa e cosi fluida da avvolgermi lutto; forse sentivo un poco di freddo. 'Che cosa ritraevo di me stesso da quella esperienza? Una valutazione generica che oserei dire perfetta, ma senza insidie di pe– netrazione, senza luce sul mio secretum; nes– suna parte celata si rivelava nell' incontro. La esperienza investiva una parte, non dico impersonale, ma quella che può essere fatta impersonale, categorica e intelligibile; I' ef– fetto se ne rifletteva sopra la mente assai largo, seco portando novità di pensieri e di c01,oscenze, ma nuova forma di umanità che potesse servir di esemplare nuovo e ragione morale, non ne portava. Vorrei dire che,_il beneficio di lui si ri– solve in una forma logica e universale; non è abbastanza umano per suscitare principi di spirituale imitazione. O se qualcuno ne sorge, quello è contingente e cattivo, !imitato a certe abitudini del bibliofilo e del napoletano, a certi cattivi gusti del letterato, a certe ari– dità del critico che sono la sola cosa forse che del Croce si ritrovi nei cosidetti imita– tori ; il resto, per la più parte, è pensiero puro, e non si può imitare. Torno indietro, a quell'altra intelligenza che ognuno mi afferma ,molto più limitata. Li– mitata è veramente; poca imprudenza bastava a farmene accorto, con urto contro uno dei limiti improvviso e terribile. Quindi tem– pesta, e fuga cacciata da aspre parole . Ma il giudizio di lui, anche nell'ira, in- BiblotecaGino Bianco vestiva la mia persona come un raggio di luce, ne fermava il carattere con pochi tratti scultori ; mi sento signoreggiato. Credo bene che il ritratto sarà composto dentro una cornice fattizia ; si determinerà in~•ppnrto con certi piani di luce o d'om- 1 1,·~ es\ranei a me e un poco artificiali, il patriottismo, lo storicismo ; ma, dentro quei limiti, che cosa potrà essere più vera, più somigliante, espressiva? La giustizia e la in– giustizia me ne piaceranno ugualmente. M'inchino a ciò, come mi sono inchinato nella conversazione a osservare quei termini sacri nel campo della sua mente, senza di– spiacere, e non soltanto per una reverenza, che pure era legitttima, verso l'uomo. Sento che piegandomi, accomodando parole e cau– tele, non ho fallo nulla di men degno; non ho manomessa la sincerità del pensiero con nessuna ipocrisia. E lasciamo stare ora che la verità vera sia dal cielo ; si che a quella che recano innanzi gli uomini convenga accostarsi con molta tollerama. Questa può essere regola di buona creanza nel commercio, ma non ha luogo nell'animo nÙdo: ivi quello che è vero, è vero sempre, e sopra tutto. Se non che nel Carducci io sento diversa forse dal vero la forma e gli episodi del giudizio, ma identica e santa la intenzione ; i suoi errori stessi sono gloriosi. L'eroe, o Marceau o sia Carlo Alberto, che io rispetto nella sua ammirazione, è una grande nobile forte figura che l'animo di lui ha crealo e la fantasia ha avuto potere dt imporre anche so· pra di me. Tutte le cose che egli afferma vere sono vere anche per me: se non nella lettera, certo nello spirito. E io sono vinto a consen– tire nell'animo, nella religione, nella S,!lnlità del suo pensiero. Qui non è possibile fare paragone col Croce, dell'intelligenza, come se uno ne ab– bia più, e l'altro meno. Non è una intelli– genza generica, di cui si possa rendere quan– titativa ragione; questo, al quale io parlo, è il Carducci. Qualche cosa di grande alita in– torno, e io mi sento pieno del nume. Il dia– logo è divenuto orazione. Penso forse ai XX volumi delle opere? o alle vaste scatole di appunti e di schede coronanti le scansie dello studio oggi silen– zioso, dove la fatica di questo aspro benedetti– no delle lettere ha lascialo per quarant'anni la sua traccia quotidiana e minuta? o penso a tutto l'esempio di una vita, che nei partico– lari della scrittura e del discorso non si esau– riv:i, ma trapassando in vive anime e qu1v1 trasfigurandosi, non perdeva forma però e durava e ancora dura? Ho dimenticato in questo momento tutto quello che in lui era contingente e limitalo e personale; non ricordo più, da me a lui, nè la distanza immensa dell'ingegno, nè gli svantaggi della cultura, nè le differenze delle opinioni e del gusto; voglio che tutto ciò sia fatto vano, e solo mi resti presente l'uomo della mia razza e della mia religione, il testi– monio e il compagno, col quale mi sarà dolce vivere e morire. lo mi sento vicino a lui in tutto quel che pit1 importa, nel leggere un libro e nel tollerare la vita. Un sentimento profondo uguaglia noi ai nostri fratelli che sono stati e a quelli che 9Qranno ; al padre Omero quando spande il suo dire in mezzo agli uomini che se ne vanno come le foglie della primavera; e a Saffo che parla alle Pleiadi scintillanti, e a tutti gli altri che sono venuti sopra questa terra nella cara luce del sole a soffrire e a amare e a godere le cose belle che ci sono, e cosi, parlando con voce tranquilla e con chiari occhi riguardando i compagni e il mondo, sono passati come anche noi passe– remo. Perc,mis huma11ilas ! Ad essa appartiene il Carducci ; per essa io lo onoro. Egli votava la sua vita a questa religione, con animo schietto e libero e non intronato da nessuna eco di torbidi entusiasmi o di orgie e di non virili invasamenti. Sapeva di essere un uomo, non imrnortale, ma chiamato alla fine; sentiva nel passato e in grembo alla terra le sue radici, e i I suo destino in mezzo agli uomini. Dopo di che egli ha atteso al compito che la natura gli mostrava con una fede serena e superba, con una re– verenza di tutto ciò che era stato o grande o buono o bello, con un amore dell'opera propria e dell'altrui, che, per essere senza illusioni di eternità, non par tuttavia meno benefico. Che cosa importa ora se a noi manchino i doni che abbondavano a lui? Nessuno ci toglierà il diritto di onorare nel suo nome la nostra parte migliore. Non si tratta di un maestro, che potevamo anche non avere, o di un libro che poteva– mo anche non leggere. Ma io mi rifiuto di abbandonare insieme con lui la ragione più profonda del mio sentire, la comunione col passato e la conversazione con lutti i grandi e cari e umani spiriti, e il culto della loro parola cara al mio cuore sopra tutte le cose. lo voglio sapere che e' è nella mia adora– zione qualche cosa di vano ; che l'amore delle bel le parole, con tutto quel che reca di sacrifizio nel cercarle e nel custodirle e nell'imitarle, di superstizione nel goderle, è vano ; e fon vani i versi e le rime e i li– bri e i canti e le pitture e i simulacri e le immaginazioni tulle quante; voglio saper lui• to questo per avere la gioia di affrontare con occhi aperti il pericolo mio dolce. Passano i giorni e scema la luce e il tempo dell'amore se n'è andato e l'ombra si av– vicina a noi lunga e nera. Noi facciamo dei libri. Anzi non ne facciamo nemmeno; ci contentiamo di leggere e di fare qualche se· gno sui margini. Ma questo basta, e la com– pagnia dei nostri padri e fratelli. Nessuno fra quanti ho diotorno mi è stato guida ad essa e aiuto e conforto degn~ co– me il Carducci. Fra tutti i vicini io non trovo altri, a cui poter dare con sincerità questo nome di maestro .... « Orabunt causas melius alii coelique meatus .... • descriveranno meglio i cieli del pensiero e gli episodi della storia; nessuno può essermi maestro miglio– re di letteratura e di umanità, per le quali io vivo. Ma queste wno parole grandi : la mia gente è timida e non le ama. li Carducci del nostro cuore è quello che diceva le parole che nessuno, fra quanti ser– bano nel loro cassetto un segreto di quaderni pieni di cancellature, innumerabili e varie come gli entusiasmi dell'adolescenza, sa ri– c<>rdare senza tenerezza. « Dopo il dono di fare la divina poesia, il dono largito dagli dei ai loro prediletti,. è di ammirarla fino alle lacrime. Questo secondo dono, io l'ho». Anche noi l'abbiamo; è la nostra forza e la nostra debolezza, com'era la sua. Esso ci impedisce di essere dei ralés; ci ha per– messo di chiudere il cassetto senza goffaggine, e di andare tranquillamente per il mondo. Quanto a lui, quelle lacrime lo hanno meStsodisarmato nelle mani dei suoi nemici. .....

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