La Voce - anno II - n. 51 - 1 dicembre 1910
446 contò nella nostra vita, conta ancora, nasco· sto, sepolto, perduto, rinnegato, e pure an– cor oggi dentro di noi, perchè non fu un affare e un contratto ma una speranza che sollevò tutto lo spirito nostro. Giuseppe Prezzolini. Il Convegno Nazionalista. Qualcuno di noi, se non vi partecipa, si è deciso ad astenersene dopo un caso di co– scienza, esaminato prima con cura e risolto poi non senza fatica : e fra coloro che vi partecipano, i migliori rappresentano altret– tanti casi di coscienza, risoluti in un modo - ma che avrebbero potuto esserlo nel modo opposto. Questo Congresso nazionalista, ve– nuto al mondo con l'accompagnamento di squille decise e battagliere - s'è un po' sco• Iorito, e s'è anche ua po' innalzato per via, fino a rassomigliare alquanto ad un'esitazione. Ed in tal modo si va avvicinando verso quella wna centrale della vita nazionale, don– de uscirà l'Italia di domani, e dove, per oggi, regna soltanto l'incertezza di un inter· rogativo. Qual'è il motivo segreto di questa tensione di nazionalismo che circola nella vita italia– na, e che si manifesta in questo congresso? È un inappagamento, che punge con ama– rezza, ancora un po' troppo inerte e un po' troppo scettica, gli italiani che hanno oggi trent'anni. Sono quelli che debbono prepa– rarsi a raccogliere l'eredità - ed i futuri eredi si preoccupano già, e con ragione, di ciò che saranno chiamati a raccogliere un giorno. L'Italia come oggi è non ci piace: è stato detto 9ramai tante volte ch'è un luogo comune ripeterlo. E che essa non ci piaccia si spiega soltanto in un modo, che è questo: il no– stro ideale della vita pubblica e privata, i nostri valori intellettuali, morali e politici non sono quelli degli uomini che oggi co– stituiscono la classe dirigente; essi stanno su di un livello sensibilmente più elevato. Que– sta divergenza di valori non può esser tema di discussioni o di recriminazioni: esso è soltanto un fatto da constatare. Un più alto concetto della vita e della moralità individuale, ci spinge a disprezzare tutta questa caterva di uomini posti in alto o in basso, che non sentendo in alcun grado la terribile serietà di ogni atto individuale e di ogni scelta, giocano spensieratamente con la vita - sl che I' inerzia, il deficiente senso di respon– sabilità, la scarsa energia fattiva e costruttiva, e l'indecorosa o disonesta condotta, ci ap– pariscono come conseguenze già incluse in un male ben più profondo, ch'è la fiacca ed arretrata vita morale dell'individuo. Un pii1 alto concetto dei fini propri della convivenza sociale in genere, e degli scopi che può e deve proporsi quella speciale convivenza so– ciale che si chiama l'Italia, ci fa disprezzare e rimpiangere vari decenni di vita politica ed amministrativa del Regno, che hanno tra– dotto in fatti, talora irrimediabili, di vita pubblica, la pochezza morale, la povertà fat– tiva ed intellettuale della classe dirigente. E constatiamo con impazienza e con sdeg110 quale immane peso noi do\lremo rimuovere dal nostro cammino di popolo, prima di poter intraprendere una vita nazionale corri spondente all'attuale realtà dei nostri ideali e dei nostri bisogni. Di qui l'inappagamento, l'intima insoddisfazione, che stanno dietro il fenomeno del nazionalismo. Questo sentimento, eh' è proprio di mol– tissimi che non andranno al Congresso, è come la rincorsa necessaria per il gran salto che ci porterà oltre il panrcno in cui siamo. Esso poteva benissimo giustificare la riunione di molti uomini, bisognosi tutti ugualmente di ricercare i mezzi effettivi per saltare oltre. Si tratta di rinforzare i muscoli delle nostre gambe ; di accrescere la nostra energia, e di incoraggiare il nostro animo, con le consta– tazioni rassicuranti e con le previsioni di un'intelligenza appoggiata solidamente dalla coscienza morale. Confessiamo che tutti avrem– mo bisogno di ciò : che la serietà del compito rende non inutile il contributo di chicches– sia. Ma confessiamo in pari tempo che sia– mo tutti ugualmente poveri di consigli ef– ficaci e di direttive sicure da impartire - ed allora soltanto il nostro incontro e le nostre discussioni avranno tale serietà e tale significato da costituire già di per sè un sin– tomo incoraggiante. Troveremo le linee di una dottrina? Getteremo le basi di un par– tito? Inizieremo una propaganda ideale? Da– remo ,·ira ad un moto di carattere morale? Qualunque cosa porr:i esser fatta : ma il ter– reno iniziale deve esser illimitato. Se ha li• miti, perde valore. Se bisogna accettare al– cuni articoli di fede, o le inclinazioni e i temperamenti di certe persone - allora si scende giù di parecchi gradini : non è più la LA chiamata a raccolta di una generazione che misura il domani, - è soltanto un fenomeno, sintomatico sl, ma secondario, di uno stato di ansietà e di malcontento, che scoppierà qua e là in vari altri sintomi, senza esaurirsi in nessuno. E cosi il Congresso del nazionali– smo italiano si è già diminuito prima di na• scere. Orbene, se questa sua diminuzione ha escluso, per necessaria limitazione, molti, e fra altri anche me c!':e scrivo, non è però da credere che fuori al Congresso nazionalista non viva profondamente, e forse più lucida– mente, quel bisogno di oltrepassare netta– mente l'Italia attuale, eh' è nei migliori di quelli che oggi s'approssimano alla vita. Ma questo bisogno si manifesta sopratutto in una concreta ed individuale azione morale - in una ricerca pratica e diuturna del pili alto valore etico, di quello che dà alla vita un significato che va oltre i contini dell' indi vi· duo, e che permette, anzi incoraggia, il sacri– ficio stesso della vita, qualora la sua continua– zione si trovi in contrasto col valore ch'est. deve realizzare. Questa azione è fatta di tutti gli attimi della vita, e nella sua infinita va– rietà non si lascia imprigionare in una for• mola o in programma - è uno spirito di serietà, di responsabilità, una passione ideale capace di trasformare la vira e di sollevarla in alto. E se questo valore morale non sorge e non prospera negli individui, questi restano isolati e disgregati, poichè oulla è in essi che varchi i confini dell'individualità e li colle– ghi fra di loro : ed allora si ha una colle– zione d'uomini, non una nazione. - Ora io Italia sopratutto di questo si sotfre: che la nazione è poco più di un mito che tramonta e di una speranza che sorge. Nel campo politico questo profondo bisogno di risorgimento ha una sola logica manifesta– zione: l'opposizione netta ed assoluta a tutto ciò che rappresenta l'Italia che noi disappro• viamo e dalla quale vogliamo allontanarci. Questa opposizione deve essere radicale ed inconciliabile: occorre dir 110 con implacabile intransigenza al presente, se vogliamo che il domani dica sl, con fatale condiscendenza, alle nostre speranze. Lo sappiamo : la storia innesterà anche la nostra intransigenza nel corso della sua continuità: ma occorre la– scia re alla storia il suo compito, e noi fare il nostro. Orbene, v'è fra i nostri nazionalisti troppa condiscendenza a prender su di sè i !"'Si della storia. Dov'è fra essi quella so– lenne atmosfera d'idealità assoluta, ch"è sola capace di dar vita alle nostre realtà relative? V'è forse in essi uno stato d'animo che ras– somigli, sia pur lontanamente, a quello degli operni organizzati prima del '98? Al contrario io li sento già circonfusi di atmosfera parla– mentare. Senso forse realistico del relativo? Niente affatto : perchè, se bisogna partire dal– l'assoluto aflìnchè I' ash1t1a della Provvidenza ne tragga il relativo, se si parte invece dal relativo si resta nel niente. Ora, nonostante le osservazioni poco con• fortanti, che già dobbiamo fare, potrà darsi che i nazionalisti a Congresso riconosceranno ancora la strada maestra da prendere : quella cioè di dichiararsi elem er.to di un'opposizione nazionale che oltrepassa le loro file ed in– veste tutta la generazione ascendente. In tal caso il congresso, nonostante tutto, sarà stato utile - e cosi dobbiamo sperare ed augurare che sia. Ma riconoscersi elementi di una simile opposizione nazionale, significa schierarsi risolutamente contro il regime ra– dicale, che già albeggia, e che ci governerà se Dio vuole, anni parecchi. Che cosa sia questo regime radicale è fa– cile a vedere. Esso è soltanto 1111a pe,petua– zio11edi quel 'Italia, che 11oivogliamo ri1111ovata, dietro la maschera dissimulante della politica popolaresca. E un'inezione endovenosa che si fà in una vecchia carogna per permetterle di conservarsi ancora. Orbene : se il nazionali• smo può avere un compito, esso deve avere, nell'ordine politico, anzitutto questo: impe– dire che la carogna sia conservata, e procu– rarne l'immediata sepoltura. Alcuni anni or sono, la classe politica di– rigente ha provveduto ad una savia opera di selezione nelle file degli operai, associandone akuni a sè stessa, ma chiedendo in cambio la perpetuazione dell'attuale stato di cose. Gli eletti hanno accettato di buon grato l'invito al banchetto; e, cosi la classe dirigente s'è trovata un pò accresciuta di numero, ma niente affatto mutata di spiriti e di vita. E con gli addobbamenti democratici delle rosse sce– nografie, e con le com parse dei nuovi asso– ciati, si prepara una prolungata esistenza. Or è contro di essa che bisogna impegnare un'im– placabile battaglia. Ci stanno i nazionali– sti? Qualche anno fa, Enrico Corradini, ad e– sempio, aveva qualche numero per esprimere sia pure con qualche svolazzo letterario, tale atteggiamento politico. Lo ha oggi ugualmente? i\la proprio oggi, - quando potrebbe forse tro– vare un equivalente pratico, - egli butta a ma• re la sua anti-democrazia, e viene fuori a pro• clamare l'unità d'anima del socialismo e del BiblotecaGino Bianco VOCE nazionalismo! Orbene: con la teoria delle nazioni proletarie si può creare, forse, il par– tito di Enrico Ferri, ministro d'Italia, non già promuovere la lotta contro il regime radicale che è alle porte I E perciò a questo è chiamato sopratutto il Congresso nazionalista : a dire se intende preparare un movimento, grande o piccolo che possa essere, in accordo co11 ciò che si sta preparando, oppure contro. Si deve vender l'anima al radicalismo ascendente per le chiac– chiere antiaustriache o per la retorica argen– tina · oppure si deve, nonostante qualunque alletiamento, mantenersi intransigenti per il domani? È a questa domanda che il Congresso na– zionalista dovrà dare - se non vorrà essere politicamente nullo, o equivoco - una ben chiara risposta. Giovanni Amendola. RUDYARO KIPLING 0 ) .... Veramente noi sentiamo che, davanti alla natura ed alla vita, questo poeta si pose con una umiltà quasi monastica, con una docilità delicata e costante, come il suo Mowgli, o come un buon scolaresempre lieto, anche quando la lezione non sia facile e non insegni cose divertenti. E ciò, oltre che alle tendenze positive e sin– cere del suo temperamento anglosassone, poco incline a partir sull'ala di orgogli verbosi ed antipaticamente falsatori, lo si deve al fatto eh' egli imparò la vita, assistendo allo sforzo indefesso dell'uomo in un paese dove la na• tura sembra pigliarsi giuoco di questo sforzo, e compiacersi di distruggerlo con qualche mo• vimento agevole e lieve, come un movimento di donna che si discioglie da un velo, e di irrider la umana lentezza cautelosa e raccolta, col rigoglio della sua vitalità tropicale. Dai costruttori di ponti, dagli edificatori di città, dai soldati, eia tutte le esistenze continuamente sospese, nella sua India stupenda e terribile, fra la vita e la morte, quegli imparò che l'uomo è fatto per la lotta assaipiù che per la gioia, mentre pure il suo OC· chiodi poeta gli facevaconoscereche questa lotta si svolge in un mondo di infinita bellezza. A que• sta bellezza egli intese con una cupidigia inna• morata e pacata, come quella che, discoprenclo sempre maggior bellezza, acquista insieme CO· scienza, sempre più vigile e nitida, dei segreti dell'esistenza più profondi e dolorosi. Guardando le cose umili ed effimere, tendendo l'orecchio sul mormorio di tanta vita, fino a cogliere il sordo palpito della materia inerte, egli si dovè sentire come un soldato avanzato, disteso fra l'erba, con il fucile pronto e l'occhio intento, che, in quel profondo silenzio vegetale dove da un momento all'altro può coglier.lo la morte, si lascia in una attesaaugustamente tranquilla, come un riposo innanzi la fine, e, a poco a poco, ode palpitare e vede sgrovigliarsi un mondo minimo che gli si rivela per la prima volta. La coccini– glia marmorata di nero e di vermiglio cammina indifferente sulla canna di acciaio dello strumento formidabile, e le cerambici segano i fili della stoppia, all'ombra dei reticolati d'erba. Le far– falle dormono nell' ascella dei cespi di ginestre umidi di guazza, e sulle ali che sfumano di CO· lore azzurro di perla e glauco cli olivo, gerogli– fici festoni trine nere sembrano svolgere in mo• tivi di grazia le grafie di una legge nuova ali 'in– telletto dell' uomo. E crepitano intorno i suoni di tanta altra vita che non si vede e il ronzo dell'ape che passa empie la cavità del cielo sotto le foglie verdi reclinate, come il suonodelle cam• pane di una cattedrale empie le strade tumul• tuose di una metropoli. E i! cielo è immensa– mente lontano e i monti sommersi all'orizzonte sotto il cielo e il pensiero della morte sospeso. Sospeso,non remoto, perché l'uomo è appostato appunto a un giuoco di vita o di morte. i\la la vita risoverchia la morte, indifferente, in ogni punto, come l'ondata soverchia il riparo di rena r.ostrutto dal bimbo alla forza del mare. In questa coscienza, che non ha nulla cli tra– scendentale e di panteistico, ma è semplicemente una rude coscienza di irrefrenabile attivismo, retto da una legge elementare, uell' assidua se· vera presenza delle forze eterne : evidente nel suo giuoco di ogni istante, misterioso nelle sue cagioni supreme, è il momento centrale della vita interiore del Kipling. Ed t: cosi vasto che sembra coincidere con l'affermazione stessa della vita nelle sue esprcs• sioni più pratiche ed attuali, e non dover lasciar emergere dell'esistenza nessun aspetto partico• lare ed isolato, ma parificare l'uomo all'animale al minerale al ramoscello all'onda alla nuvola. Se non che, con una tale umiltà di impostazio• ne, la facoltà poetica di Kipling è si ricca e \'ÌOlenta che alla minima cosa su cui si ferma, anche un attimo, conferisce risalto sufficiente a farla vivere in noi 1 senza estrarla dall' intrico che la tiene. Ed è come se questa cosa venisse a galla di una corrente lucida e ,•orticosa, bril– lasse un istante alla superficie, sotto la luce cruda irraggiata da questa sel\'aggia fantasia, per risom• (1) Dal I\' 0 quadcrnoJclb, Voci-, in c:ot:10di s111mpa presso la e Calli Edi1ric:c lt.tliana •· mergersi, impregnata dello splendore bevuto, e balenarlo sempre di p}ù in fondo. Egli sa far palpitare davanti a noi ci:t.scuna cosa, senza bisogno di avulgerla dalla pla– centa della vita. Conosce il momento asso– luto di ciascuna cosa, e non vi t nulla di effi– mero e di volgare di cui non faccia, con un tocco, un gioiello il cui fulgore è dato dallo scoccare delle relazioni che egli ci mostra annodate nel punto che costituisce volta a volta il centro delle sue visioni. Perciò il nodo vitale, il fulcro di una novella o di una poe– sia cli Rudyard ,Kipling, non è mai deter• minato in rispo~clenza a criterii gerarchici, c<?mequelli di cui gli scrittori classici non si sarebbero neppur sognati di poter fare a meno. Per arricchirsi di umanità, questo scrittore non sembra conoscer di meglio che allontanarsi, per così dire, dall'umanità e far re~1girela sua sen– sibilità ai contatti più eterogenei. Ed è a lui naturale, a dirla con frase vile, impostare i suoi racconti dal punto di vista di un serpente o di una mangusta, come a quelli scrittori era natu• raie non pensarci le mille miglia lontano. Cosi egli ha fatto parlare le leggi della vita per bocca di un muletto da batteria o di un cavallo di truppa. Con uguale spontaneità le farà svolgere da una locomotiva in manovra. Infatti, in vari racconti di The day's work, ripetendo con audacia felice il processo segui• to per gli animali, alle macchine ed alla vita meccanica, Kipling traduce in modernità sorpren• dente quella religione di operosa responsabilità che ha abbozzata nei Libri della Giungla. E sotto l'esteriore nudità, testimonia, se è possibile, una ancor maggior potenza di fantasia. Nella giungla c'è la ricchezza del colore che a lui, come egli dice di un suo romanziere che gli somiglia « decorator and colourman in words » « decoratore e colorista cli parole », potè servire a ricavar tutti gli effetti immagi11abili, ed a giu– stificare anche i più arrischiati. Qui, di colori, non c'è che il minio ed il nero fumo delle mac– chine, e le vernici severe degli oggetti e degli strumenti destinati a servizi rudi, rialzati appe• na da un luccichio di nichel e di ottone. Co• struire quel giuoco di sentimenti e cli contrasti, quelle aspettazioni di mosse cordiali, senza di che non si fa opera di poesia, mettendo in isce• na stantuffi caldaie leve bielle argani bolloni pu– legge, evitando, nello stesso tempo, il pericolo di conferi.e loro una personalità troppo insistente ed artificiale, è qualcosa che nelle storie di tutte le letterature resterà sempre prodigioso. Egli ha saputo rendere il turbamento di una nave che regge la prima tempesta, lo spavento del!'elicache ruota vertiginosamente fuor d'acqua, il dolore paziente delle pareti premute dal• I 'urto ciel mare e dal peso ciel carico, la col– lera delle grandi onde verdi, le proteste del ci• lindro di alta pressione perchè il vapore im– messo è carico di polverume, e ha potuto far tutto questo senza cader nell'assurdo, perchè lo sforzo della sua immaginazione e del suo stile era sostenuto da una possente coscienza del si– gnificato di quel complesso lavoro, nei cui mi– nimi congegni, nelle cui responsabilità più fram• mentarie vedeva metter capo le ultime fila e non meno importanti della disciplina umana. Costretto ad operare sopra un materiale po– vero di risonanze fantastiche, scarso dt potere associativo, come quello che vive da due giorni ed è stato battezzato solo ieri, egli ha saputo ricavarne, facendosi un aiuto cli queste stesse li– mitazione, effetti di novità che tiene del mira– colo. Difficile è farli risentire, sciogliendo nella nostra lingua, lenta e bisognosa di determinare con una coerenza logica oltre che fantastica, qualcuna delle sue frasi tese e formicolanti di scorci, concentrati a volte in un solo verbo au• dace. 11passaggio di un Grande-Espresso: « Era l'espresso del Sud, dei milionarii, luccicante di oro e di nickel, che si buttava le miglia dietro le spalla, come con un pialletto si fa volare i trucioli da un legno facile. • Una traversata del Pacifico, sur una vecchia r.arcassa, senza vapore,
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