La Voce - anno II - n. 41 - 22 settembre 1910

l on 111 fei;ta. Con1o c01-re11 e l' - A. 882. Sig. Avv. (Cosenza) Tommaso Nuole.tti . s. Giovanni m Fiore (Scade 31-12-910) E:sce ogni giovedì in Firenze, via dei Robbia, 42 .;1- Diretta da GIUSEPPE PREZZOLINI Abb .;I- onamento per il Regno, Trento, Trieste, Canton Ticino, L. 5,00. Un numero cent. IO. Anno Il _.,, N. 0 4J .;t, 22 SettE:mbre J910. SOMMARTO: le vergogne della settimana, LA \'ocE - Joseph Joubert, GiuSEPPE PREZZOLINI Alcune osservatlonl sull'Insegnamento della questione sessuale, G1use.:rPE - Oscar Ewald, GIULIO A. LE,·1 - Oh,ogazlonlsull'arte, ARDENGO SOFFICI - Haendel, G1ANNOTTO BASTI ANELLI - PREZZOLINI. Le vergogne della settimana. .lfl Giosu,\Carduai è sia/o co111111w1orato d Ugo Ojetti: la • mosrrtcocchiera » si ve11d.'crt del vivo che l' ba presa a ce11ciale, facendo moi n:olelli e p11nti11i1erisul morto. Ma il morJn C ;n1 IJWl'/(1 r~,_, b:J €lilt.--ra dil!e jittlt::.:t capacidi risbalestmreco111110/ta grazia ogni O1etti ro11z.a11/e 1el111011do ei c11lexe pulex. Es,ste, p. e., ancom l'Ode al Clitumno. E il giornalista, misurandola col bracciodi casa la _fa derivaredalla cadutadella Destra,pro'. pno come i Prigioni di lvlichela11gelo - sapete cosasignificano?:l'a11i1110 dell'artista oppresso dalle troppoco111111issio11i. Ma: è Ugo Ojetti cheparla di M ichela11gelo,lvlicbela11gelo che parla di Ugo Ojetti? ,._ Parecchi prefelli so110stati 11111/ati d sede, meta. a riposo, e altri 11esono stati creati. T1111i giornali ha11110 rico11osci11to cbe ciJ e per fini elettorali,e 11ess11110 se n'e memvigliato; anche ùi Russiasi stam.pam,z.a co111111e11ti: ier selle impiccati e venti morti di colera. _., Un bravo 11ffìciale di mari11a, ercelle,,te costrnttoredi 11avi, è stato p1111ito per pochi centesimi di dazio dei q11ali,pare, 1111 suo servitore ave-va i11J;a1111ato lo Stato, e /11//0 qnesto rigore, stando al quale nove decimi della. Camera, meta del Senato e quasi t11lli gli altri impiegatidovrebberoesserei11J;alla– b11ia, si e scopertoesserdovuto a rivalita elet– torali. Si punisce per i d11i11i, si dmi le co– rnueper i milioni.La I/I.Orale cominciaquando si mba.110 ceutomilalire. La Voce. JOSEPH JOUBERT La controrivoluzione è ua momento dello spirite francese mvllo trascurato da noi. Da qualche tempo, ia Francia, storici e critici si studiaao di meglio penetrarlo nelle sue vicende di pensiero e di azione, e, natural– mente, si segnala□o in questo lavoro nazio– nalisti e cattolici, che sperano, dopo la ri– voluzione dreyfusiana, una co□trorivoluzione per -ricorso storico. Ma se, per l'azione, il Bo– naparte può esser considerato veramente come sintesi d~I polere monarchico e del potere rivoluzionario, non si può dire che una simile apparizione ci si presenti per il pensiero o per l'arte. Evidentemente Chateaubriand non vale Rousseau nè per sincerità d'arte nè per potenza di rivolgimento spirituale; Rivarol ha più studio ma meno spontaneità ed ab– bondanza di Chamfort; de Maistre e de Bo– nald, pur assodando e rinnovando vecchie verità, non han le spalle nè lo sguardo d'un Diderot, che rovina il mondo, è vero, ma che ha tutta l'aria di saperne portar fiera– mente la responsabilità, mentre noi sentiamo bene che non avremmo affidato il compito di restaurare la società antica alla secchezza pa– radossale d'un de Maistre e, tanto meno, d'un de Bonald. Ma tutte queste, e altre che si potrebbero recare, considerazioni, non tol– gono che per l'importanza di alcuni spiriti e per la forma che essi dettero a· un loro mondo di pensiero e di sentimento tutto tra· v&gliato dal bisogno di riorganizzare e di giustificare, con nuove ragioni, una società che pareva esser staia distrutta sopratutto da un abuso di ragionameato e di analisi, que– sto momento s10rico non sia degno di una certa attenzione. Kel 1796 escivano le Co11sidéralio11s 11rla France del de Maistre, e nello stesso anno la Théorie d11 pouvoir politique et religieux del de Bonald, due opere sorelle, una d'atto e di storia, l'altra di potenza e di teoria, i cui autori, senza conoscersi, eran cosi ge· melli, che l'uno poteva, più tardi, scrivere al1'2ltro senza errore: - tutto quel che voi avete scritto, io lo pensavo ; e voi pensate tutto quello che ho scritto io. lselle crona– che per il Mercure de France, fino al 1800, l'equanime ginevrino protestant~ Mallet du Pan compieva l'evoluzione di tutti gli spiriti europei già liricamente entusiasti per la Ri• voluzione, e disgustati poi dal Terrore: evo– luzione che si rivede, con espressioni di– verse ma sintomi eguali, in Alfieri e in Schiller, io questi di luogo e di spirito uo– mini cosl diversi . .Kel 1802 un altro emi– grato, allora il visconte di Chateaubriand, ma poi, e per sempre, Chateaubriand semplice– mente, pubblicava un'apologia estetica, ci– vettuola, e in fondo pagana e sensuale della religione cattolica, il Génie du Chrislia11isme. _ Le l'msées di Joseph Joubert hanno in co– mune con queste, e con altre opere che si p<trebbero citare, la reazione ali' irreligione, al filosofismo, all'umanitarismo. alla disorga– nizzazione sociale (o a quella che pareva tale) del secolo XVIII; ma di proprio una rea– zione artistica e sentimentale alla grossola– nità materiale sensuale astrattiva, sia del po– polo che dei signori di quel tempo. E men– tre la parte comune può esser trascurata val la pena di richiamar l'attenzione su l'altra, su quella personale. Joseph Joubert nacque a Montignac, nel Perigord, regione del mezzogiorno della Fran– cia, il 7 maggio 1 7 54. I suoi pensieri furono scritti dal 1 774 al 1824, anno della morte sua, e quelli che abbiamo appartengono prin– cipalmente, se non esclusivamente, agli ultimi trenta anni suoi, per il loro carattere plato– nico, religioso, antirivoluiionario, mentre sap– piamo che nei suoi anni più giovani, e spe– cialmente dopo il suo arrivo a Parigi dalla provincia, nel 1778, egli s' imbevve, sopra– tutto per la conoscenza personale di Diderot, di tutto lo spirito (e a quanto pare segui i costumi e subl le passioni) del tempo, seb– bene i primi biografi, il fratello suo e il si– gnor de Raynàl, abbiano, con maggior scru– polo di pietà sacrestana che amor di verità, velato questo momento del suo spirito, aiu– tati in ciò dal grande mistero ch'egli fece sempre delle sue pubblicazioni in opuscoli, delle quali alcune sono state rintracciate, e in giornali, che non sono state ancora sco– perte. Il primo Récueil des pensées de M. Jo11berl apparve nel 1838, per cura di Chateaubriand, in edizione più che rarissima ora, ma da poco rislampata da quel tanto accurato bio-biblio– grafo quanto inutile sempre, sciocco spesso e talvolta sconveniente annotatore che è il professor Victor Giraud. I.' ampiezza mag– giore data nell'edizione del 1842 da Paul de Raynal, e che conteneva anche una parca scelta di lettere, le susseguenti aggiunte del 18;iO e del 1862, non bastano a non far de– siderare, però, un'edizione veramente com• pleta, definitiva, riveduta sugli originali, tale da non lasciar dubbio di sorta sulle proba– bili medicature degli editori troppo pii, co– m'anche da soddisfare, se possibile, la natu– rale curiosità del lettore sulla disposizione cronologica dei pensieri, che è assai più im- BiblotecaGino Bianco portante, in un'opera molto personale, del– l'ordine più o meno didatticamente logico col quale ora quei pensieri si presentano al pubblico ( 1). * .. « \ v1 mi vedrete, un bel giorno, spirare mezzo d'una bella frase, pieno d'un bel siero )) nel pen- scriveva Joubert ali' amico Fontanes il 24 no– vembre 1794. « Tanto tJiù probabile cosa, in quanto da un certo tempo io non lavoro che per esprimere cose inesprimibili. .. L'anima mia v:1. a caccia di farfalle e questa caccia l'ucciderà.. Io voglio esser perfetto ... » Poggiate l'attenzione del vostro discorso interno su quel bello : bel giorno, bel pen– siero, bella frase. Quel bello non è un luogo comune in Joubert. Non è una zeppa. È una parola ancor tepida di tutto il calore d'un anima che l'ha covata a lungo. Bello signi– fica qui nobile, pudico, perfetto, etereo, pieno di luce, In un mondo di vibrazioni delicate Jouberl vive, e palpita come una farfalla che si confonde con i fiori agitati dal vento setto il sole estivo, che fa ondeggiare e sbava i di– segni netti delle cose. « Rassomiglio in rqplte cose alla farfalla ; mi è cara, come a lei, la luce; come lei vi brucio la vita; come lei ho bisogno, per aprire le ali, che nella società a me d'intorno faccia bel tempo e che il mio spirito si senta circondato e quasi pen~ato da una dolce temperatura, CJ.uella<l":.l- 1' indulgenza; ho lo spirito e il carattere fred– doloso.» M. Joubert, le délicat - lo chiamò Sainte– Beu,·e nel suo studio su Chatea11bria11d et son groupc lilleraire. Uno spirito simile doveva piacere alle signore e ricambiarle. Amore che aveva molto dell'amicizia, e che aveva an– che molto del sensuale: ma del sensuale ca– sto e pudico e lontano, attirato dalla grazia, dallo spirito, dalla nobiltà e dalla purezza delle forme, senza nessuna violenz,1 di espan– sione. Le lettere di Joubert a M.me de Beau– mont sono capolavori di affello che trascende persino nell'affettato, come in questa postilla che trascrivo da una lettera d'accompagna– mento J! dono d' un libro: « Tutto annunzia che questo libretto fu desti– nato, nella sua origine, alla più attraente delle bionde. Ho in testa che sia stato rilegato per voi, che v'abbia appartenuto, che vi fu rubato o che voi lo perdeste, e ve lo rendo. i\li son detto, congetturando ancora, che vi fu dato, or è molto tempo; e che perciò chi ve lo regalò, dovè amarvi fin eia giovane; ed è una felicità che gli invidio. Io mi dico che, se vive ancora, vi ama sempre; e questa felicità non l'invidierò a nessuno, perché ne partecipo in• sieme con tutti quelli che vi conoscono. » Per gli amici non fu meno perfetto: « Quand'ho un amico orbo, io lo guardo di profilo.» « Non bisogna soltanto coltivare gli amici, ma coltivare in sè le amicizie, conservarle, curarle e, direi quasi, inaffiarle. » (r) I pensieri di Joubert erano tuui su fogli staccati, e su circa 200 libretti, scritti a matita. Alcune frasi erano appena indicat·e. L'editore Paul de Rnynal così descrive il proprio lavoro: « Cercai fra le ripetizioni la versione più felice; ,-avvicinai \e ,nembra spesso spar~e d'un pen– siero che non e:ra venuto cli primo getto ; con– trollai una con l'altra le affermazioni co11Lradit– loric_, sforzandomi di scernerc quella che, se– condo it genio deLL'auiore, avrebbe dovuto so• prav\"ivereall'analisi. .. » (ed. Raynal 1842, prefoz. pag. 7 r). Ilo sollolineato le parole che dan adito a sospetto. Se poi l'amico è una donna: « Una conversazione ingegnosa con un uomo è unissone. con una donna è un'armonia, un con– certo; s'esce dalla prima soddisfatti, dalla seconda incantati. » Come vorreste ,lir niegl io? Sono p~nsieri che s'ha paura di toccarli, quali delicate ma– gnolie che prendono il nero al solo contatto d'un dito. L'immagine non solo è compe– netrata con I' idea, ma è nascosta in una pa· rola (a1111a.ffiare, co11certo) che basta da sola a far viver davanti agli occhi una scena, l' a– more del giardiniere per un fiore assetato verso il crepuscolo, l'insieme dei suoni di– scordi fuso in un solo coro. Gli è che il lavoro di Joubert è doppio: « Io devo dare sempre un 1 immagine, un' im– magine e un pensiero, due cose in una, e c_on doppio lavoro per me. » Doppio, ma unico . « Non è la frase che tornisco, è l'idea. Non mi fermo finchè la goccia di luce di cui ho bi– sogno sia formata e cada dalla mia penna. » La grazia di questi pensieri, che sembran talora sospiri d'una fanciulla, sta nel fatto che la parola non stringe troppo il senso, ma, come un vestito all'impero, lascia un po' di spazio ai movimenti, e fa sognare più d'un abito calzante e attillato. Quelle inguainature inflessibili di frase, che hanno gli scrittori di pugno; quegli strappi violenti, quelle lace– razioni di sintassi, necessarie in anime di primo impulso, qui stonerebbero, e non ne troverete mai. Oh, Joubert sa bene quel che vuole, e non lascerebbe mai alla passione vio– lenta colorire la frase. Niente tempesta. L'arte perfetta è riposo dopo il m6to, è assoluta chiarezza contemplativa. Ci vuol tempo e fatica, ma chi ci riesce, che gioia I L'affanno di Joubert sta in questa lotta di pensiero e di immagine, di spirito e di corpo, d'idea e d'alluazione: dal suo spirito egli la proietta nell'arte. « La signora de Chatenay diceva di me che sembravo un'anima che abbia incontrato per caso un corpo e se la cavi come può. E come negherei la giustezza di questa definizione?» « Soffro i tormenti d'una fecondità, che tarda a venire alla luce. » « Se c'è un uomo tormentato dalla maledetta ambizione di metter lutt'un libro in una pagina, tutt'una pagina in una frase, e tutt'una frase in una parola, quell'uomo son 1 io. » Questo lavoro, gli rodeva le forze. << Quando fo luce, mi consumo. » Ma continuava, paziente: « Come Dedalo, mi fabbrico ali ; le compongo a poco alla volta 1 attaccandovi una penna ogni giorno.» 1'1aun mazzo di penne non sono ali, non sono nemmeno un'ala! E ]oubert non ci ha lasciato che pensieri staccali. « Jo sono, come ~lontaigne, poco adatto al discorso continuo ». « Sono soltanto i pensieri 1 e i pensieri presi soli e isolati che danno il carattere d'uno scrit~ torc. Si ha ben ragione di chiamarli « detti '> e di citarli; essi mostran la testa e il viso, per cosi e!-primersi, e il resto non fa veder che le mani». Eh, no, per bacco! Cosi dicono i difen– sori di Joubert: che ogni libro è fatto di be.Ile pagine, di bei pensieri, attaccati sopra u□a pasta molle e senza splendore. Ma non tutti, davvero! Ve ne sono legati e cuciti a refe doppio da un pensiero organico, da quel pensiero che mancava a ]oubert. Certo, è meravigliosa quella lega perfetta d'immagine e di pensiero ch'egli sa dare,

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