La Voce - anno II - n. 20 - 28 aprile 1910

I.A l'OCP C'outn torrtnfe ron 1a F A. 882. 8ig. Avv. Tommaso Nuolet (Cosenza) S. Giovanni In -c. E""''"l2 Esce ogni giovedì in Firen:c, via dei Robbia, 42 $ Diretta da GIUSEPPE PREZZOLINI J, Ab~onamento per il Regno, T renio, Trieste, Canton Ticino, L 5,00. Un numero cent.'10. Anno Il ~ N: 20 ~ 28 Aprile 1910. SOM~IAR IO: Prima mo1tra llall■na dcli' lmpressloalamo - La Voce - la ~td111:1la cella 1cuola tltrr.cntart, G1 IUO SA:-.T1:,.1 - Rouc.\tlt, (.;i:cn:ca G. 11► M.kO:,.', \'1LFREOO P,\Rt-,1'0 - L '.l-~pori=io11t! di I .t'Hc:ia, Jr. pr. - Le,r):'trt: il giornalt>, K· pr. - Ct1da110S"h-t:mhti, .Sf. pr. Prima Mostra Italiana dell'Impressionismo. La pedagogia nella ·scuola elementare. Opere di Paul Cézanne, Edgar Dcgas, Jean-Louis Forain, Paul Gauguin, Henri Matisse, Claude Monet, Camille Pissarco, Pierre-Auguste Renoir, Mtdardo Rosso, He:nri Toulouse - Lautrec, Vincent Van Gogh. Firenze. Aprile-Maggio 1910. Nei lo– cali del Lyceum Club, Via Ricasoli, 28, dalle 9 alle 12, dalle 14 alle 17 d'ogni giorno; e dalle 20 alle 22 ogni giovedì e domenica. Illuminazione elettrica. Biglietto d'Ingresso Lire 1.00. Biglidto permanente Lire 3.00. In vendita presso le Librerie Suber, Lumachi, Gonneili, Be:lt-rami, il Gabinetto Vieusscux e nel locale dell'Espo– sizione. Catalogo Cent. 50, in vendita al– i' Esposizione e presso la VOCE. La \' occ i iu regolarol tipogrnfo,col rar– laio, rt111 l'ammiuislrn{_ione dl'i ll'lefoui; 11011 dttJe 11111/n al fort1ilt1re ti' i,,cbioslro,di pmm t. di rarla mga.; 11011 ha dtbili con la posta, co11 l'a111mi11islrntore, cm il Jarchino. Ogni mese, biglie/lo m b(r:liello, lira rn lira, soldo SII soldo,riesce n pagar /11lli, n ricompensar t11lli,n esseregiusta nm /11/li. l'tstita da po– 'l 't.rn , ma 11;110 quel che ht1 indosso J pagalo, t. per gi1111ta alla tftrrnla lrm:a unipre 1111 vw– liuo gent.rommeule ptr qua!rht• mancia. l\'011 lulli per0 i suoi abbonati e i suoi le/lori sono iu ugola, non han drbiti, 11011 le debbono 11111/a. Ci sono ancora piti di rmto personeche la rirez.•011 da quaJlro ml'si, smz.a respingerla e senz..a farsi vive re chiediamo lorol'abbona– mmto. Sarlz.magari per dimwticau:;.n, ma se 11011 vogliou L:1 \'occ re lo sappianodire e ci ft1Khi110 almeno q11tsli quattro mesi, comi• chi ili ferrcrl.'ia si addormentar percorrt 1m!rallo pi,i l1111go di quel che vofovn ,! roslrel/on pn– gnre In pnsseuintn i1111tile rii, hn fnllo. Ma questo uo11 basta. Non basta mel/ersi iu regolacome vuol giustizia. Occorret.be i m1s1ri amici 11011 si mellano a dire: L:1 Voce t 1 n bene, La Yocc è sirnra. SI, L:1 Voce va bwi110e nlln f,11dtl/'1111110 nuche s/11vollnr– rivtrlr. Ma il second'a,mo J il pi,i criticoptr ,ma rivisla,perchèbisognareagirealla pigrir.Ja che vienedalla sicm·ez.z..n di vita. 1\'011 si creda a lauti g11adttg11i. Non ci si immagini che 11110/iamo uell'oro.Abbiamosemprebisognoche tu/li i 11ostri amici si occupino tli tliffondl're il giomnle e le s,,e pub/,/icnzioui. l\'oi coutiamosopratullomg/i abbonali.La rivwdita é, per i piccoli e per gli esordiwli 1 quasi ,ma passività. /;' basterebbl' che melti di qutlli che co111prn110 La Voce alla spicciolasi abbo,wssrr o perchf.il giomalt. potesseavr.resei pagine. A questo proposito at•1,1trlin1110 cheab– biamo rominrialcJ e contùwuemo ti reslringere la spediz.io11e ai rivwtlitori in 11101/0 che spesso at'1.!trrti che i 1111111eri pili iutrrrssnuti si tro– vino esauriti. Chi 1.1110/r fl'l.'t.rrIn rollez.Joue co111ple/11 fnrlt be11end 11hbo11nrsi , nprin1110 11110 sp<'cinle nbbo1111111mlo n L. 3 ptr i 34 1111- uuri rhe 1111cora rrstauo,cou tlirillo a lttlli gli sc,wti librnri. Una delle cose piì1 difficili e più delicate per c 1 ,i • 3 1 f' amma~c:1r,rf" clei f;;11,d11l'i O:.... , . una risposta soddisfacente a chi domanda, risolvere un problema a chi se l'è proposto, mostrare l'errore a chi ha sb,1glia10 strada, costringere qualcuno a ricordare alcun che, sono cose tanto lontane e tanto differenti da quelle che sono l'oggello dell'educaz.ione infan– tile, come è lontano e differente dal creare il ri– petere. Lo spirito del fanciullo che noi abbiamo preso a ammaestrare cresceva e si svolgeva ugualmente, anche senza il nostro intervento: la vita, i suggerimenti dei coetanei, il proprio temperamento, le occasioni, il caso, avrcbber<' pure costituita una qualche uni1à in quello spirito. Noi tuttavia interveniamo, e qua_si allontaniamo come, il fanciullo dall'eventuale incontro delle cose e ci facciamo intermediari fra la vita e lui. La ragione che rende lecita questa sostituzione non può essere l'informazione anti· cipata di ciò che si ritiene per lo scolaro piit utile e migliore, perchè nessuno può sapere che cosa gli sarà più utile in av\•enire ; quan· to al migliore, esso è un apprezzamento etico che, posto cosi, astrattamente dallo spirito che lo deve accogliere, potrà be– nissimo essere il culmine d'un'alta dottl'ina, ma non potrà avere, nè come precetto, nè come abitudine, un'eflicacia convincente e durevole sullo spirito. QueWaui,•?1:\ che il maestro si per:netll;! di esercitare invece della vila sull'animo ignaro del bambino, deve avere altre sorgenti e altre giustitic.1- zioni, altrimenti l'opera sua è inJdeguata al diritto cht: egli s'arroga: certe cose, le fa meglio il caso. Si dice ancora che l:t scuola deve avvezzare a osservare, a ragionare, a pensare, e questa, ceno, s:1rebbe una bella ragione se l'opera del pensiero fosse uguale a un'abitudine e le suddette operazioni aves· sero una forma sempre uguale e in questa fosse l'unica espressione del pensiero. Ma sic• come avyezzare a pensare non è come av– vezzare a camminare, cosi· sarà necessario cercare altro\'e il criterio dell'attività peda• gogica e la ragione della sua opera sullo spirito e sulla vita civile. Lo scopo che la scuolJ si propone potrebbe essere anche la sua giustificazione quando vi concorresse con mezzi adeguati e tenesse le sue promesse, Esso sarebbe la fornrnzione del carattere, in quanto il carattere ha auinenze col pensiero : coscienza, dunque, di sè e del proprio rapporto colle cose: una specie Ji co– noscimento socratico, che riguarda più !'equi• librio dello spirito che il fine in sè, la coe· renza e l'unità, piuttosto che la conformità con un precetto esterno. E come Socrate non insegnava la scherma al guerriero, nè l'arte di piacere all'etera, bensi si;ggeriva al– l'uno e all'altra un' io1uizione della vila nella quale il loro spirito trovava lucidilà e appa• gamento, e questo insegnamento impaniv.a a tulli, non solo ai sofisti, cosi la scuola prima per conseguire il suo scopo dovrebbe aver di ndra soltanto la parte formativa. Tanto piì. 11 che oggi l'ufficio informali\•o, in qualun· que ramo d'arte o d' indtL,tria, non è cosi facile che si poss.t rendere attività scolastica e dov'è facile è inutile perchè più tardi il giovanetto saprà fare da sè e meglio, se il suo spirito sarà stato fallo attivo nella scuola. Perciò l'attività che la scuola demen1are deve esercitare sullo scol:1ro differisce i 1 n ~ue• sto dall'opera del caso, che come un anima nuova si melte a vivere in lui e che i suoi giudizi su se s1esso e sulle cose convergono Bibloteca Gino Bianco e s'armonizzano per intero nella coscienu, ...,_i~·'lti ria unn ~aggezza occulta e come an• ticipata che vi ripose segretamen1e il mae· stro. Il potere creati\·o di quest'anima, Pa· scenden1e del magistero, non è nei precetti, non nei ragionamenti, non nelle astrazioni e nemmeno nelle abi1udini 1 ma 11rllaJanl,1s,a e non mi stancherò mai di ripetere che a foggiare un'anima \'al pilt unn ra\ioln che cento « esempi storici • o mille raccontini delle nostre porcheriole di lettura : parlo delle vere favole d'arte, ben inteso. Un'educazione che av~sse sohan10 questo contenuto sarebbe certamente molto astratta dalle circostanze reali e non terrebbe sufficente conto d'un'altra nf'cessilà che \ 11 introduce la storia. La necessità di conservare la tradi• zione è uno scopo parallelo a quello di for– mare il carattere e sotto tanti aspelli s'uni– tic:t con yuesto. i\fa, di nuovo 1 nel traman– dare la tradizione, la parte inform:Hiv11 non deve essere accolta nella scuola prima, perchè sarebbe o superficiale o monca o non si tro· verebbe tempo nè possibilità di insegnarla : essa clev#essere :rn.:ora trasformala d:tl mae– stro e ridotta a soggetto formativo. Bisogna ammettere che è ben delicato il compito d'un maestro nella scuola elemen• lare, se si pensa che deve creare per il suo ~!unno un' inluizionc della \·ila, un'unità di fimlclsia, il principio d'una attività etica nel monclo e che per questo, non potendo sapere anticipatamente il suo destino, de\•e trarre le norme da un'intuizione dell'equilibrio di uno spirito. Deve dare all'alunno, come viatico per la vita, un sogno da avverare : un'nttivita di questa specie richiede una pre– parazione mo:to accurata nel maestro, oltre• chè un'indole adatta. L'unità di questa intuizione sarebbe unit.ì di \'ita, non di logica, unità d'arte, come dire moli\'O es1eticC1 dominante in un mondo d'impressioni, unità viva d'i111aginazione 1 come quella che sanno dare le scuole religiose, che, nel loro genere, renrlono un profitto assai nole\·ole e che prende:-ei provvisoria– mente a mode! lo. È vero che <li queste si sparla molto e si dice insomma che esse non sono, per cosl dire, moderniste; ma siccome ciò non è nelle intenzioni dei mae· slri che v' insegnano, cosi il rimprovero esorbit:t dalla nos11a questione. Si dice che usciti da queste scuole i gio\ 1 1:ini del popolo incontrnno lo sceuicismo e la volgarità del mondo e si corrompono facilmente 1 ma que· sta è ancora un'esagerazione tendenziosa, per· cliè i1wece quasi tutti conservano una con– dot;a decor~sa che li distingue dagli altri operai evoluti e coscien1i 1 che vengono dalle nostre scuole. Noi, che non abbiamo un ideale teocr;.1tico ma un ideale umano da suggerire ai nostri alunni, perchè tale è il nostro in· dirizzo di pensiero, non riusciremo mai a otlenere un risultato educativo se non sapre– mo dare anche noi un'imprt5Jione di questo nostro modo di concepire la vita P. la dvihà. E gli esercizi che av\'iano il fanciullo alle prime operazioni del pensiero e che sllmo– lano la suJ atti\'ità menlale; e le sapienti e accorte conversazioni colle quali s' induc~ l'allievo a osservare e a distinguere? lo su• pero il concetto di queste cose mentre le rendo /11mJ011i ,F ,m' unità fa11/flslico. È erTo– neo farle diventare soggetto di dotti ine e di precetti pedagogici, perchè ali' allo rratico esse hanno per fondamento e I' inc!ole men– tale del maestro e il criterio dal qua!e egli rnuo\'e: non cessano quindi d'esser \'Cre e rispetto al loro criterio e rispetto alla realtà, per quanto esse siano di\·ersarnenle impron– tate nello spirito di ciascun insegnante. Que· ste oose non si debbono insegnare al mae· stro, rua procedono oa unu su,l piu ai:a ,.:– sposizione: cosi, sen ono soltanto a far chiac• chicre dotte e, per le loro dl\•erse solu1ioni, le questioni che le riguardano hanno, o 1 tre un valore puramente letterario, un significato identico a quello che avrebbe il dibattilo se la sera sia meglio uscire o restare in casa. Che cos.1 vuol dire che 1 1 e5perienza dev'es· sere base d'ogni conoscenza? Ecco w1a. pro– posizione giusta in sè, ma applicata male. Per• chè sia tichiesla l'esperienza, bisogna che l'e– siga un processo metodico, dominato da uri proprio criterio e da uno scopo: alle scien1e positi\'e css.1 è necessaria perchè appunto nel suo dominio e-.se debbono agire. Alla forma• i.ione dello spirito infantile si deve procedere coll'esperienza, per chi non c.1pisce abbns1anza che nella scuola prima non si tratla di se• guirt: un qualunque pregiudizio filosolico, po• sitivisla o anche soltanto p<:icologico, ma di mettere nn seme d'attività spirituale nell' a– nima infantile. I.' esperienza, sta bene a sno luogo, ma nella scuola t:lementare essa è sol– tanto un elemento casuale, richiesto subordina• tamente, in certi casi, non il metodo prin• cipe. 'Credele che in qualunque sperimento o richiamo sperimentale i fanciulli c.:tpiscano qu:1lche cosa di pii.1 che se non lo faceste neanche e parlaste, per esempio, in modo più imaginoso? Bisognerebbe che essi ne co– noscessero i presupposti filosofici o metodici, per capirne I' import3nta e per rilener-.i spie· gaio col \'oscro sperimento un qualunque fatto: essi, ca~o mai, ne \·edono u111 estensione, non una spiegazione. Far vedere quando si può le cose del le quali si parlu, è u1ile i \'Oi lut· tavia non intendt:te sol!anto a queslo modo I' esperienLa, che pura visione o prova non forma nulla nello spirito, se gi:\ non \ti tro– \'a un criterio capace d'apprezzarla. l',lolti parlano <li coltura formativa; ben pochi ne hanno un conccllo chiaro. Essa consiste so– pralulto nello svegliare esigenze spirituali, non abitudini, come dice chi fraintenJe, esigenze, che sono cosa viva. Per svegliarle, per dar'! allo spirito questi suoi organi, bisogna ren• de rio soggetto d 1 un apprezzamento della vita; ciò che nella scuola elementare non sì può fare che per mezzo d 1 impressi'oni. Le quali si provocano eminentemente 11011 roll' tlemmlo oggellittocosidtllo o fisico - perchè questo suscita impressioni significative soltanto a uno spirito già formato - mt1 colle /t1rme fim· t,,stiche. L'intuizione suggerita all'alunno dovrà resi– stere certamenle a antagonismi e gli eventi, il mestiere o la professione, le condizioni sociali, la salute concorreraano talvoha a fare impallidire il sogno e a spegnere la luce dell'anima; d'altra parie noi non possiamo fare asse~namento su un apostol:110 sempre cosl forvid<' e cosl illuminato da creare de5li eroi - ma dobbiamo vedt:re ciò che è evi• dente, che in questa direzione è la \·era via educativa, che il limile non vi è posto dal metodo m:1 dal vario potere di magistero e che, fin dove può il maestro, l'opera è tulla feconda e eccezionalmente produtti\ta, Quella forma di spirirnali1:\ è volo111J prima che sapere, è inizi.lti\'a i e i deboli, clivenni i inJi(· ferenti e atoni, non arri\'eranno mai al punto che l:1 loro indifferenza non abbia, sollo certi aspe1ti, il tono d'un supera11e11to; i migliori vivendo si ratforzeranno. Lo spirito d'un fanciullo non si può con-

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