La Voce - anno II - n. 16 - 31 marzo 1910

294 LA VOCE t\iente salari a chi insegna materie che non esistono; dopo l'istruzione di mestiere, niente fondi per un'ipotetica educazione all'ane. Da un lato, ripeto, integrazione umanistica, anzi, classica della cultura dei giovani, col 1endere il contenuto secolare dell'arte e una certa esperienza di disegno familiari allo spirito quanto si dice che siano i volumi d'autore e lo sclivere in varie lingue; ma cessare a tempo di regger l:1 mano :1 chi, se deve im– parare, impara da sè. I e due esercitazioni pii1 tipicamente diso– neste delle accademie sono la composizione e le chiacchierate di stori:i dell'arte. Per la prima tutti i sillogismi appunlati di recente contro il componimento di lingua diventano cento \"Olte più seri. ilentre la parola, oltre che a mentire, si adopera a due altri fini, l'artistico e l'espositivo, e in quanto si ad– destra ad esporre può avvantaggiarsi delle critiche di una mente chiar:t (tale, che dia– mine ! si suppone quella dei professori di lettere) la pennellata i0\1ece, o la linea, o il colpo di stecca, intesi ad esprimere un motivo d'arte, non possono venir ritoccati da mano estranea, nonchè nella composizione neanche nello studio dal vero di uno scolaro che si senta artista, senza che da un diverso concetto non vengano de\liati ad esprimere un diverso soggetto. La stessa donna con lo stesso bambino in collo per ]\•lichelangelo è una madonna, per Cifariello una smorfiosa polputa. Mettete l'artista al cavalletto dell'eroe giudiziario e ritoccherà la smorfiosa fino a renderla ma– donnl; ma l'eroe giudiziario, finchè si aiuta con il lavoro cosi corretto ne potrà magari fare una replica, appena torna faccia a faccia col ,·ero ricasca nelle smo1fie. Naturalm~nte le correzioni si saran fatte ,mche a bottega e dice taluno che il Verroc– chio nell'insegnare a Leonardo cadesse sotto l'influsso del discepolo. Vero o no, la bot– tega s' ioten,leva che esistesse per il van– taggio del maestro, il quale ci fabbricava, potendo, aiutanti o continuatori, e solo even– tualmente per il vantaggio che un allievo di forte tempra potesse trarne i l'accademia pre– tende che identici rapporti umani, motivati dall'identico proposito di avverare un certo oggetto artisticamente e farlo soggetto di un'opera personale, sian rivolti a fine dil'erso. E in quanto tende a formare a.rtisti liberi fa fiasco, in quanto impasta continuatori degli insegnanti vien meno alle promesse e non risponde ai bisogni nostri, in quanto racco• glie gente a scambiarsi delle impressioni poco profonde scrocca stipendi e spaccia piallole per grilli. L',1ccademia di Glascovia, quassll verso il polo, ha cercato tutti i mezzi per dare ad intendere agli allie\li che non è un'accade– mia e che essi sono degli apprendisti italiani del quattrocento. Salari grossi vi hanno al– lettato a insegnare qualche buon artisla ma– schio che desidera pagare i debiti e scappar via j salari minimi vi arruolano buone artefici o artiste del sesso complimentalo e sfruttato in lnghillerra come ahro\·e. E dietro il cenno napoleonico del direttore, car;,collante fra una guardia di coscritti, questa brava genie si sbraccia e si sgola, rimpasta il cinquanta per cento dei lavori firmali dagli alunni e non si meraviglia che, appena bsciati a sè stessi, i firmatari picchino il naso nel so– lito pantan. Eppure, accanto agli artisti che fanno \'edere come si fa, ,1i co~1,;rit1i della guardia che fanno vedere come non si farà mai nulla, e al direttore che caracolla davanti alle file, c'è tutto un consiglio di cittadini s.1ggi che non lesinano ammonimenti o esperi– menti. Ne hanno p1ovate di tulte: a far venire proressori di Francia, a tenere i modelli con e sema mutandine, a spandere somme in– genti nell'attrezzatura e nella messa in scena; m:i neanche l'edificio superbo della scuola, la riii archite1tonica opera moderna d'archi– tetlura ch 1 io mi conosca, e ne conosco pa– recchie, può far sl che la famosa scuola di pittori di Glasgow non sia narn e maturata fuori dell'accademia, (soprallutto per opera di un antiquario neo-umanista che importava tele francesi e spagnuole), conferma che i \'eri architetti si formano negli unici e fra gli editìci 1 e nega che sale spaziose e modelli italiani possano cavar sangue dalle rape che si iscrivono a scultura. Di questo istituto che osservo da dieci anni ricorderò sempre gli sforzi patetici d'un professore belga che vi insegnò nudo e com– posizione. Anda\·a in giro per la classe con entusiasmo, trattava uomini e donne alla pari, procura\·a di avvezzar tutti prima ad azzeccare le proporzioni metriche e cubiche del modello, poi a guardarne le membra dentro uno specchio immaginativo; le com– positioni le corregge\la sempre con mano franca e raffronti efficaci con gli antichÌ i per qualche mezz'ora riesciva a monr~rsi di vero furore apostolico estetico: e imitatori della sua maniera ne plasmò alquanti, ma fr3 i cento e cen10 alunni che, pagata la tassa <l'iscrizione, ebbero diritto alle sue cure, tre donne sole e nessun uomo hanno oggi qual– che significato artistico. Le tre giovani lo ascoltavano rintontite, due sospira\'ano sopr– le correzioni, la terza ci pigliava i cocci e sgonnellava via, poi tulle e tre si riattacca· vano tenaci al la propria versione del vero e non hanno motivo di pentirsene. Non si nega che artisti lode, 1 oli sian pas– sati per le classi cii detta accademia 1 ma come mai e 1 dicon tutti che l'unico vantaggio che ne han tratto è stato l'uso del modello a buon mercato? Nemmeno si nega che degni artisti vi diano lezione, ma si vede che :tffer– mano meglio l'efficacia propria ricevendo i giovani nello studio, organizz:tndo esposizioni speciali, consigliando a chi prepara le mostre periodiche annuali di farsi ptestare dei Segan: lini, dei Degas, dei Minne 1 dei Rodin 1 insom– ma delle tele e depe statue di qualche mo– mento, soprattutto creando con la presenza propria un focolare di desideri estetici e di critica raffinala; tutte azioni e tendenze con– trariate anzi che no dall'accademia e sostenute invece dalle ricchezze, dall'ambizione e dalla multanimità di Glascovia extra accademica. Riconosciuta io peclore l'inutilità propria, sebbene non s' indurrebbero mai a confes– sarla, i dirigenti l'accademia, invece di retro– cedere onestamente verso I' istruzione tecnica e di mestiere, su cui si basa la relativa sa– lute di certi loro corsi 1 si son butta.ti ~llo sbaraglio, si son messi a correr dietro alla folla per accalappiarla, a incoraggiare figurini e mode, a dare spettacoli c:1rnevaleschi di gusto raro, a ostentare statistiche imponenti di carta scarabocchiata e d'individui imma– tricolati : invece di cercar, come predicano che si deve fare, contatto con le botteghe all'antica, aspirano ad essere accolti nella cerchia di un'università che si rimoderna. Ultimamente si son comprati lo specchietro perfezionato per le allodole: l'insegnamento di storia dell'arte e di chimica del colore. Per qual Supìn ... (ahi, ahi, la lingua balle eccetera) per qual supina ragione con I' s piccolo i letterati abbian voluto barattar nome alle vile vasariane, ai trattati -« clell'architet• tura, della pittura e della statua > e com– prendere imitazioni e siorpiature di questi onesti passatempi sotto il titolo sciocco di storia dell'arte, domandatelo al solito all!l f.alsiti delle accademie di Belle Ar1i e di Belle Lettere ; ma perchè leg~ere le vecchie vite, i \'ecchi trallati, i documenti che ri– guardano un artista è uti lissi:no o comodis• simo ai letterati e 1 preso come passatempo, non fa male agli artisti, non diamoci per carità ad intendere che :1bbia poi alcun peso nel formare l"artista:, Que!-tli fa molto ntt't,lio quando invece di por mente alle biografie, ai capricci, agli aneddoti del tal confra1ello defunto ne guarda l'opera per tutti i versi. Gli storici e i filosofi hanno bisogno di mettere in fila cronologica e in caselle dot– trinarie i c.ipolavori o le canzonature degli artefici e giunger cosi a teorie ~o,·e111eidio1e, come quella dell'evoluzione dei generi o della sere nit.i ellenica. AI fine più s3no d' in– tendere gli a11eggiamenti comples<:i della storia, fanno bene se cercan ne' secoli quel tanto che posson capire d'intrecci e di distacchi fra i fenomeni artistici e i fenomeni sociali o let1erari o religiosi; ma all'artisla non oc– corre di tradurre la nozione dell'arte in opi~ nioni storiche, nè 1 in quanto artista, d'intro– durre l'arte a spiegargli diverse facce della vita. Egli può parbr del passato con nomi Bibloteca Gino Bianco ine.::aUi e del presente, se e' è 1 con concetti sbalorditivi, può immaginarsi Cimabut! piì1 vecchio o piil moderno di cinque secoli, e, ciò non per tanto, VEDERE i fatti del bello come nes5-un di noi li ,·ede, orientarsi per entro alla loro compagine ove fantasie e forme si richiamano sempre, senza mai sdi– panarsi in linea« evolutiva >, con un ordine tutto suo, solt:tnto suo, ma suo di fatto e bastevole a mostrargli quel che gli bisogna F,\RE. Vedere e fare, ecco quel che deve potere; e mostrare che può. Conosco un architetto vivente, Carlo Ren– nie Mackintosh, grande nell'arte sua per lo meno di una grandezza analoga a quella di Dante Gabriele Rossetti nelle proprie. Egli, conversando e discutendo, ha il veuo anti– patico, inconscia eco delle arroganze Ruski– ni:111e,di chiamar gotico con dieci punti ammirJtivi molto di quel che è animato d:1 ritmo classico e c.Jassii;.o il falso, il , lezioso, il tentennante. Da giovine alimentò un ben meditato disprezzo per gli avanzi archeolo• gici più stucchevoli e popolari, detti nei manuali esempi d'arte classica, poi senza indugiarsi a misurar meglio i nomi, avido di ordinare quel che vide e vede, tanto da lasciar passaggio libero alla sua idea del bello, barattò molti titoli e oggi non vuol perder tempo a riesaminare le nomenclature da cui si mosse. Ma, nomi a parte 1 il con– tenuto delle cose belle che lo interessano ei sa. guardare e intendere con occhi puri, rive– lare con critica penetrante, assimilarlo signo• rilmente per il proprio capolavoro. Cosi Leonardo, a mo' d'ipotesi, avrebbe potuto chiamare monna Lisa, monna Vanna, ma non avrebbe fatto a meno, faccia :i faccia con lei, di vedere e apprezzare e dipingere monna Lisa. Se, ai fini dell'arte, l'artista non sa pro– prio che farsi delle divagazioni di storia, nè delle dissezioni pedagogiche, ai fini della storia un popolo vivo non può fare a meno degli artisti. E quando vede che questi suoi masSimi benefattori non allignano più, che i pochi spuntati di sorpresa in mezzo alla nuova barbarie vengon cacciati in esilio, deve contro le forze loro nemiche impegnarsi a fondo e impastoiarle. Le accademie intorno a cui si raccolgono i mestieranti pseudo artisti, da cui scappan fuori scolaretti mal preparati a fungere da maestri mal pagati, carpiscono a I paese una tolleranza e una semistima che ci fa danno in mille modi. lasciate nell'ombra, lavorano sotto sotto 1 pre– parano, consapevoli o no, gli artifici infetti che uccidono la cultura estetica, il buon gusto, 1:1 fortuna dt:ll'a1 te. Perii no la m.ira– maglia bolumùm,e sconfessata da loro perde• rebbe molte radici qcando si sopprimesse il principio cretino che un giovane può iscri– versi ad Arte come a Veterinaria, a scelta sua e della poca voglia di lavorare. È natu• raie che, vedendo spalancata la porta di un istituto, <1uelli che vi en1rano allettati e vi rimangono parecchi noni se l'abbiano poi per male e gridino alla frode quando si osa dire che hanno buttato da il tempo. L':1ccademia può negar brevetti formali o morali 1 loro imitano l'accademia e se li fabbricano ad arbitrio. Li faranno disegnare da un Chini e, per tutto cambi;imen10 1 :.I simbolo della gravità s06tituiranno l'allegoria della smar• giassata. Sopprimiamo, sopprimiamo giudizii 1 professionali del bello e officine centrali di certificati; cascheranno anche tante contraf– fazioni e tante filiali; forse l'onesla istruzione di mestiere riguadagnerà terreno, f->rse l'arte con ess:i; ad ogni modo, rendendo ai feno– meni e spropositi artistici una paterni là com· pletamente plebiscitaria, l'arte potra ingegnarsi di riacquistar senso e risonanza nelle co– scienze. Perfino il più raffinato degli Italiani, Ga– briele D'Annunzio, scambia la pittura mo– derna per l'jndu,;tri9 del tintor~ (vedi il vermiglio delle chiome di Yella, povera Yella ! paragonato a quello che d:\ alle chiome antiche il Tadema) e non riconosce la scultura contemporanea dalla fotoscultura o dai prodotti del fìguri– naio (vedi sonetto al Bistolfi); eppure per negare al D'Annunzio anima accesa e vista chiara dinanzi alla bellezza ch'e' guarda per conto suo bisogna essere degli imbecilli. Gli è che il deliberato mentire degli « arti• sti • e dei -« critici d'arte •, il deliberalo di\'agare degli storici della medesima, le corse al diploma e le s;corse col diploma, creano una moltitudine urlante inesattezze simili a quelle di cui era vittima lo Swinburne quan– do sparava a polvere contro \.\lhistler, il Car– ducci quando lodava i Vittorio Emanuele di bronzo e a cui si umilian volentieri gli amici dei monumenti io campagna quando non osao fiatare contro le manomissioni e i lavag8i dei monumenti in citlà. Va da sè che seguitando di questo passo tutta 1 1 Italia avrà presto delle arti il concetto che se ne ha a Pietrasanta. Sapete che cosa vuol dire architettura a Pietrasan1a? Arrivalo in bicicletta sulla bella piazza di quel bel paete, persi.. un ~ado_Un _co,tese straccione mi guidò dal velocipedaio. Ma quando volli mettergli in mano il ventino di rito rifiutò con un ghigno da gran si– gnore. - Scusi tanto - gli dissi. - Chehl gli pare? - mi rispose. - Vuol venire a vedere il mio sludio? - S'immagini. - Fa lo scultore? - Bli domandai per la strada, visto che s'era nel paese dei marmi. - Anche; ma. più che altro mi capilano lavori d'architettura. Apri un bugigattolo e mi fece entrare. E vidi. ... una fila di carielli. Fernando Agnolettl. NOVALIS,WACKENRODER,TIECK Un mistico e poeta grandissimo, Novalis, ave-n1 fatto suo il vangelo di Friedrich Schlegel che vivificava con l'affiato possente dell'anima sua, e rendeva tutto acceso di suoi Mdori, tolto penetrato dell'intimità sua. Per lui piegavasi alla riflessione profonda ; 111:t le idefl non gli .aITTui,.1110 coli.i fog.1 e veemenza come affiuivano o piove\·ano nella mente di Friedrich Schlegel. Idee nuove, veramente originali, non ne comunica. Assiste alla trasformazione clell.1 natura dell'uni\·erso, di Dio; paradiso e in– ferno dice di aver imparato a conoscere dallo Schlegel, e si esalta. Il pensier rapido si tra– sfonde, si congiunge coll'anima viva, eJ esce come respiro dell'immagin rovente. Suo com• pito è lo spander \ ita e poesia su quel gran complesso di idee uscite talor confuse, ag– grovigliate, massiccie dal cervello de 1 com– pagni di maggior filosofico intuito i e, dove era una definizione rigida e morta penetrarla di luce e calore ; dov'era materia stagnante renderla fluida, scorrente. La profondità ac– quistava con lui chiarezza. Le ombre si scio– glievano j i pensieri dal cielo discesi al ciel tornavano, rifatti, ricreati, mercè su;1 1 agili, snelli, sottili come freccie. Appena pareva toccasse la dura terra : « du schienest, los– gerissen von der Erde I mit leichten Geister– tritten schon 10 wandeln > 1 dice di lui 1\. \V. Schlegel. V'erri in lui un non so che di etereo che sembrava gli sciogliesse ogni fa– scia corporea, pur avendo piacere alla vita, piacere alla terra penetrata, in\•asa tutta dalla divinità a cui sospirava. Tragittava, come scorrendo o le!-sendo una gran visione ed un gran rngno. Donde ,•eniva? Q1al voce sort11. dal lontan mistel'o recava? Aprivasi il cielo su di lui ove fiammeg– gian le stelle e si raccolgono i sogni e i sospiri, o era calato col suo firmamento, col suo Dio sterminato, diffuso ovunque en– tro e al fondo dell'anima sua, ove tulto si ripiegava e lutto si smarriva 1 e le divine, arcane voci risuonavano, e le faville d'entu– siasmo s'accendevano, sorgevan l'estasi, i ra– pimenti, le mistiche ebrezze? Ingenuo qual fanciullo, di delicatissima, femminea tempra visse la vita d'un fiore, d'un fior che s'apre a un riso di sole, s' intdde di luce, tremola

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