La Voce - anno II - n. 5 - 13 gennaio 1910

L OCE E~ce:ogni giovedì in Firenze:, via dd Robbia, 42 .;I, Diretta da GIUSEPPE PREZZO LINI .:J, Abbonamento per il Regno, T re:nto, Trieste, Canton Ticino, L. 5,00. Un numero ce:nt. )C. Anno Il .,,. N: 5 Jf, 13 Gennaio 1910. ~0:\Dl:\RIO: Mozart e l'arte moderna, G1A!\':SOTTO l1A~1·1.,:-.1!1.1.1 - ,\1l111ost1 pudica 1pcr il Consiglio S11ptrior,• de/ltt l'11bblir,1lslr11:;in111'J, 1.mrn:o:o ;\l1c1rn1.,,NGE1.o B11.1..1., - Sentenze talmudiche, Trad. P. E. P. - Pisa, ERNESTO Coo1c;:so1.,, - Pcrchè non crediamo all'antlclcrlcallsmo dell'estrema sinistra, I.., \'on;. Mozart e l'arte moderna. Se la tempesta furibonda del romanticismo con lt- ~ne ferocie eroiche :igitantisi su di on cupo sfondo di passioni esaliate fino all:t follia e 1:11 suicidio dopo avere per oltre un ~ecolo en,pito la scen;, del mondo di nuvole folte scapigliate - nemiche della chiarezza, direbbe Nietzsche - e ora non manda a noi più che gli echi degli ultimi possenti scoppi di tuono; se davvero i I necessario grande ricorso sto– rico della passione, dopo aver fecondate d'in– finite nuove possibilit~ lo spirito moderno - nessuno, certo, dubiterà di quanti nuovi oriz– zonti politici, filosofici, artistici siamo debitori al romanticismo - accenna ormai a dileguare in un lungo e melanconico decre~cendo di disfacimento e di corruttela, il decadmlismo, oggi, e giustamente, chiamato anche 11eoro111a11- ficismo; sia concesso a noi 1 che ci siamo sentiti spinti a una liberazione definitiva dal gran morbo romantico, di getlare attra,·erso l'aria di nuovo limpida uno sguardo a quel passato recente che il romanticismo nascç,se col suo vortice di nuvole tempestose. Uno dei primi spiriti che ci riapparirà quasi nl!ovo ed imprevisto, tanto ern dimenticato o frainteso - Beethoven, si sa, non crede\'a dav,•ero moltissimo in ~lozart, non riuscendo egli a piegare le sue vaste spalle di eroe un po' esclu– sivista all'angustia delle architetture quasi direi in miniatura di Moz.art - è appunto l'autore del Don Giovanni, il piccolo delizioso omet– tino dalla parrucca candida, dal codino in– tioccato, dal grazioso gracile volto di giovi– netto abatino, e dall'anima straordinariamente sottile arguta complessa precisa nitida, anima così musicale che, secondo un detto celebre, tutto in musica trasformava ciò che av– vicinava. E ciò ch 1 egli av\•icinava, :mzi ciò in cui egli viveva immerso, era nientedimeno che il formidabile contenuto del settecento 1 di questo secolo così signorilmente ricco di ci– viltà e di cultura rinnovellantisi e quasi direi corrodenti il pas!:ato con quella special cor– rosione sana, che è al tempo stesso feconda– zione e virtuale ricostruzione. E Mozart veramente, ~ome Beethoven in senso inverso, si trovò rispetto a questo mi– rabile secolo, nel quale come nel 400 dob· biamCJ ricercare le radici del mondo intera– mente nuo,•o di cui siamo ancora ,gli abi– tatori, in una posizione privilegiata. Se Bee– thoven, come Goethe, attinse la forza per la sua miracolosa ascensione alle altezze pili pure della conoscenza verso .:::uisi senta in– calzato lo spirito moderno, dalla pubenà e dalla gioventù robusta del romanticismo, Mo– zart che non fu certo un romantico, pure bevve dall'ambiente ideale che lo nutriva, quasi l'infanzia più gentile di questo grande momento umano. Pregno di tutta l'ereditaria raffinala do\•izia di saggezza e d' esperienza civile del secolo a cui appartenevh, indovinò quasi nell'aria gli effiuvi impercelli_bili ~e.Ila nuova primavera verso cui \ 1 uman1tà s in– camminava. L'inverno a torto si reputa la stagione piti triste dell'anno. Invece nulla di più giocondo e sereno dell'inverno. Esso è l'in– fanzia la delicata ingenua stagione che pre– cede i'ansia delta' pubertà.. Se negli ultimi giorni di dicembre t diffusa ancora la melanco– nia mortale dell'autunno. negli ultimi giorni di febbraio trema confuso il presentimento della linfa che sta per salire. Accade quindi perla mu– sica di Mozart I' im•erso di quello che accade per la mu~ica di Beethoven. Tutta l'opera tita– nica di questo enorme romantico stupisce per certa conclusa compostezza stilistica tutta propria della musica settecentesca, cioè di ~uesta musica giunta quasi a un grado di perfezione chiara e d' interezza lucida d'e• spres.,.ione che da Beethoven in poi comin– ciò sempre pii.1 a far difetto. St11! 1 immenso paesaggio beethoveniano sembra risplendere un divino sole purissimo che non ne lascia oscuri e confusi neppure i pH1ambigui mean– dri. Viceversa nella musica di Mozart, musica btl!t1 1 nitida come una giornata limpida d' in– verno, si sente ogni tanto passare un alito di follì::t delicata, di quelle follie misteriose che preannunciano le imminenti tempeste di marzo. Perchè una delle caratteristiche pii1 spiccate e.lei romanticismo è appunto quella dell'affer– mazione violenta delle pas,;;ioni. E non quel– l'affermazione razionalistica che è, in fondo, un'accettazione a mezzo, ma appunto quello sfrenamento dei terribili destrieri, quell' ab– bandono delle redini che deve a poco e poco condurre alla celebrazione dionisiaca delle pas– sioni che è il moralismo nitzschiano, al quale anarchico moralismo si ricollega il contem– poraneo e il posteriore immoralismo dell'arte dei decadenti, tra cui !-=onoda porre gli ul– timi nostri musicisti Strauss e Debussy, im– monilismo che non infirma il \'alore dell'arte come forma, ma che certo non e' impedisce, anzi ci obbliga di criticarne il contenuto dal pnnto di vista storico. I musicisti del settecento sembrano invece talvolta ignorare il prepararsi il prorompere l'infuriare della passione. Erano eminente– mente apollinei, cioè re~olari, sereni 1 quasi - tanta 11 asciuttezu ·squisita della loro espressione - schematici. Anzi, data questa secchena lucida ne111espressione dei senti– menti e degli affetti che oggi siamo abituati a sentire ru@gire con molto crosciare d'ot– toni dai postbeethoveniani, spesso ci fanno l'impressione che ad altro non sian buoni che a. ridere. E di riso, o meglio di sorriso aggraziato e leggero sono armoniche le pa– gine di Haydn e di un ~lozan. Se non che; senw entrare nella questione, che è certo uno dei m:is,;;imi problemi della musicaJellecen– tescn, ,e quel sorriso non sia ben più pro– fondo cli quello che non sembri a prima vista e abbia molte segrete an:ilogie col ce– lebre errore della « serenità greca ,. ; è un fatto che tra li,aydn e Mozart corre già una profonda ditforenza e non di personale tem– peramento artistico, ma di contenuto storico. È noto come gli adagi delle sinfonie hayd– niane parvero ai contemporanei il massimo della passionalità e del sentimento più prn– fondo - oggi un wagneriano, e non un wagneriano soltanto, ma un' incosciente ro– mantico, taccerebbe quei mirabili adagi di superficialità -, e come non app1:na furono uditi gli adagi delle sinfonie di Mozart, que– sti parvero infinit:imente più caldi più dolci piu spasimanti di dolore che non quelli di Haydn, finchè non ve:rnero i romanticissimi adagi di Bee1hoven che spremettero lacrime più cocenti di tutti gli ahri 1 onde Beetho– ven fece d1menticare tutti i predecessori compreso 1'101ar1. Ora questo fatto se può dimoslr.ll' e il pe– renne rinno\'arsi del bi.:;ogno estetico e quindi in sostanza apparire un'ill11sionei può anche dimostrare - osservando che certo tra la calma invernale del settecento e il tumulto prima– verile ed estivo del romanticismo corre una vera e propria di\'ersità di civiltà, onde sa– rebbe gra,·e errore dir come certi ciechi e rigidi esteti, che il contenuto lirico dell'arte Bibloteca Gino Bianco non cangia m:1ie che sotto qualu11que forma sia contegnosa, sia anarchica all'ultimo grado, -.i tratta puramente di abituarsi alle di,·erse 1,Mspetti\·e; può anche dimostrare, dico come indubitatamente Beethoven fJeme di u~a pas– sionalità più vasta di ~lozart, questi a sua \'Olta essendo già pit1 romantico, in questo senso, degli altri musicisti del settecento. Co:,ì dunque a maggior ragione ~lozart, questo perfettissimo artist:i. dal contenuto deliziosamente sereno, argu10 1 sorridente e d'una saggezza quasi direi ogni tanto turbata da una dolcissima sentimentalità., da un fre• mito lievissimo di passione 1 del tutto igno• rato da Haydn, ci deve esser vicino e fra– terno. Noi pure siamo ormai nauseati dagli eccessi - specialmente gli ultimi a cui as· sistiam? - del romanticismo. Noi pure vo– gliamo una ci\'illà pili compatla 1 più , 1 era– mente libera e eroica 1 pii1 coscier:te della propria ricchezza trasmessaci dall'immenso passato. Noi pure vogliamo un'arte pili se– rena, piì1calma, e quindi più :1rgutamente sorridente di quel sorriso che soltanto la moìta conoscenza fa pullulare sulle labbra degli dei. E non la follia altrettanto roman– tica di Nietz!:che vogliamo contrapporre al romantico misticismo catastrotico del confu– sissimo e spesso grossol:rno ,vagner, misti– cismo, che è forse il supremo portato del romanticismo. Ma la fresca razionalità d,una coltura che sappia tutto equilibrare, e che 1h1,ia ricusi - neppure la bella fiera ribel– lione romantica - solo a palio di tutto com– prendere e di nulla lasciare - pessimisti– camente - all'oscuro. Un'arte raHlnata? altrettanto decadente di quella che vogliamo combattere? No, un'arte veramente e auste– ramente umana e degna dell'impassibile cri– tica che è uno dei distintivi dell'anime arti– stiche e non artistiche del nostro secolo, critica che non ci deve far paura, ma ci deve aiutare a salire piì.1alti che si può. Giannotto Bastianelli. MIMOSA PUDICA La diceva che aveva fame, che non poteva mantenersi onesta con meno di mille lire al mese (1), l'hanno contenlata, almeno nel quasi confessabile. Poco mancò non si get– tasse ai piedi del massone protettore, muni– fico del denaro pubblico l'anno delle sven– ture nazionali e gli otfrisse una corona di quercia. Ma d'un tratto, assicurato il gruzzolo, si è levata in pieJi le vesti discinte, il braccio pioteso in alto di grande disdegno. L'ave– vano offesa nella sua dignità. i\fanzoni direbbe: Dove si va mai a cacciare i.I dignità! Offesa coll'offa delle mille lire al mese l'anno del terremoto? Oh no. Questo le spettava: J'avea detto la sua stessa bocca: staremo a vedere se'il Governo e il Parlamento vorrh avere contro di sè la scienza. Parole testuali d'un professore. Offesa coll'aumentan:: la rap– presentanza del Governo e del Parlamento in quell'ameno Consiglio Superiore dove il /n,5/ nniversil:>rio si raduna due o tre \'Ohe all'anno per decidere in ultima istanza i pro· prii affari. Se ne è parlato da parecchi e tutti hanno dato torto al Governo, e io che del Go,·erno sono cosl poco tenero, e per amore della dignità so \'i,•ere con meno d'un terzo della nuova tariffa dell'oneslà accade– mica, io sono di parere contrario: io che alla decenza ci tengo cosl che non vo mai (, 1 \". il mh) articolo nell'ultimo numero del !..t.·o,m,tlo. a tèatro e mi guardo bene dall'entrare ... in certe scuole dette di letteratura latina, io non trovo nulla in questo provvedimento che urti la mia suscettività. Sebbene il non andare d'accordo cogli allri sia per me un dolore abbastanza sopportabile e non senza alcuna mistura di piacere, tut– tavia è buono che io spieghi il perchè di questo dissenso che ha un certo aspetto di paradosso. E il paradosso diverrebbe tanto più grande e con apparenza di brutta con– tradizione se non fossi coperto dalla oscu– rità del nome, o se vogliamo, dal nome di scrittore non letto, cosi che non posso te– mere mi siano rinfacciati parecchi scritti do\'e la piì.1 ampia libertà d'insegnamento è sostenuta con un ardore tale che senza nean• che capire il ragionamento dialettico infor– mativo delle mie parole, queste mi furono da pochi giudici disonesti a 15 lire al giorno attribuite per vituperio a zelo incondito di apo5/olo; il lermine più ingiurioso che la coscienza fresca dei mercenarii delle sette creJa di poter adoperare. La libertà d' inse– gnamento, sicuro, la libertà dell'apprendere e dell 1 insegnare, la libertà della scienza e della coscienza sono sempre state in cima ad ogni mio pensiero, e se di una cosa sola potrei pentirmi, sarebbe se mai in qualche scritto pili giovanile nel sostenerla avessi dato luogo a qualche temperamento (1). i\la la libera scuola e l'onnipotenza accademica non sono tanto cose diverse quanto assolu– tamente opposte e insanabilmente nemiche. Quindi io sono recisamente contrario ai pri– vilegi accademici e all'aumento della potenza dei baroni uni\·ersitarii non già non ostante il mio irrefrenabile amore della libertà, ma precisamente per questo. Nella umana convi– venza che è ancora cosi poco sociale, dove tutti i diritti sono continuamente esposti alla sopraffazione, ogni liberlà ha bi.:;ogno di essere difeS:J dalle cupidigie violente ed insidiose dei soverchiatori: perciò la coscienza civile ha creato e mantiene un organo, un potere pubblico che ha per essen1.ille uffi.;io il di– fendere, il regolare la libertà ossia la giu• stizia sociale. Questo organo spesso funziona male, spesso se ne impossessano i furbi e i violenti o pure lo lasciano o lo danno a posta in mano ai ciuchi i ma ad ogni modo finora non si è trovato nulla di meglio: e che sia una cosa buona, nella sua idea e ne' suoi limiti, lo prova il fatto che tutti ne \'Orrebbero fare il proprio strumento; che sia una cosa in ambi i sensi della parola neces– saria lo prova l'altro fatto che nessuno si leva con qualche costrutto o prnposito contro lo stato attuale se non coll' isti1uire un altro stato. Nè lo stato sarebbe alle volte di fi1llo il più sapiente strumento di tirannide, se non fosse per ùlilfllO il naturale organo della libertà. Onde i veri cousertialori dello 5fdlo sono per natura riformatori indefessi; e i rivolu– zionari non liberali sono, ma fabbri di nuove catene. Ora nel caso nostro dal momento che quella delle Università. è un'industria protetta dallo Stato, o se vogliamo un trust che ha assunto e come tutti i lr11s/:, lavora a rendere necessario un servizio pubblico, nulla di meno liberale dal renderlo libero da ogni ingerenza dello Stato dal quale dopo tutto riceve l'essere, il diritto, il for:iggio e i mezzi di offesa e di sfruttamento. Ridurre al mi– nimum l'ingerenza dello Stato in generale \ ) );'e) mio opu~colo troppo gio\'anile di clata e di ingenuità: /,tlonw tti prt.>l(rammi t ai n.sro– /amenti pa le so,o!t•. l't'mie,•i. Torino. 1885.

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