La Voce - anno I - n. 43 - 7 ottobre 1909

OCE Es« ogni giovedì in Firenze, via dei Robbia, 42 ,;I, Diretta da GIUSEPPE PREZZOLINI ,;I, Abbonamento per il Regno, T renio, Trieste, Canton Ti:ino, L 5,00. Un nui-.,eroceni. JO. Anno I .Jf. N.• 43 .Jf. 7 Ottobre 1909. 5O:\DL\RIO lnloroo 1111 ,111 e al carallc:rc di Ol1a,b1tll1la Vico ,con ritratto), 8i;:!\Fl>ETT0 CROCE - I nostri Istituti mualcall, lii. 11tn-BRA,oo P1zzn11 - Lh·oroo, Il, t\:-.T0;,,.10 A,i11.orn - Per un11, nzl ptr due collclionl di claulcl, <~1on~:-.1 P,\1•1:,,:1, G1nErr1-~ PK111.01.1s1 - Uaa piccola domanda per Il coo1rcuo dciii editori, ,r. pr Intorno alla vita e al carattere di Giambattista Vico. C*) 01ll1 ul, C'll!ltnle ncll'Ac.udcm1,1 dell'Arcadia copia del perdu10 dip1n10di F. SoJ1mro.1. I. Alla trasmutaiionc rettorico-leggendaria, che, durante il periodo del risorgimento na• zionale, si fece dei poeti, dei ~losofi, di quasi tutti gli uomini più o meno importanti della storia italiana, atteggiandoli come patrioti, li– berali, ribelli, o, almeno, fremen•i, contro il trono e l'altare, si tentò, per un momento, di sottomettere anche, con un picco I o tocco di magica verga, Giambattista Vico. E si disse, Ira l'ahro, che il V1co 1 consapevole della grave scossa che il suo pensiero dava alle tradizio– nali credenze religiose, e messo in guardia da amici, si era adoperato a cingere di tenebre la Sdenta ,mou.,, in modo che solo i fini intenditori potessero scorgere dove andasse a parare. Ma, sebbene questa leggeada, dif– fusa con qualche insistenza dai patrioti e repubblicani del r 799, trovasse fede presso parecchi, non potè reggere a lungo, nonchè alla critica, al lume del buon senso; e Ca– taldo Iannclli a ragione vi passava sopra con poche parole di sdegnosa ironia (1). È certo, nel riguardo oggettivo, che le dot– trine del Vico recavano implicita una critica, cosi della trascendem..a cristiana e della teo– logia, come della storia del cristianesimo. Po– trà darsi, nel riguardo sogget1i\ 1 0, che il Vico, durante la sua giovinezza (della quale sap– piamo ben poco}, fosse travagliato da dubbi, religiosi. Oltre che nelle sut: letture, egli po– teva trovare tentazio11i ai dubbii nella sociecà dei giovani suoi coetanei, tra i quali non erano rari i libertini, o, come anche si trovano chia– mati nelle scritture di allora, gli epic11reieJ aleùli (2). In una lettera del 1720 al Paqre (*) J)agli a1>1Hlllli di una conferenza, tenuta alla Società 1rnpolet:11rn clistoria patria, nell'assemblea gener-'tle elci sodi, la sera cld 1 ~ nprile 190<J. (1) Si \'ecla, per tutta la que'-tione, la mia /Ji- 6/iogrnfia vicMa,,a, pp. 9 •·S· (l) Nei Gio, 11alidel CoNPC0R·ro (mss. nella Bibl. della Società stor. 11apol., XX. c. 11, \'OI. lii, f. 111), sotto l'agosto 1~1 : e Sono state carce– rate nelle carceri d1 S. 1)9111e11ico del Tribunale del S. Officio :1\cune persone civili, tra quali il dr. Giacinto cliChris1ofaro. figlio del clr. Bernardo; e molti altri sono scampati ,,i,1,<1ualiseguit;rno la setta <.legliEpicurei o A1C'i .. ti, volendo che l'anima morisse col corpo•. li de Christofaro,è il noto mate• m.1tico e giurecon.,uho napoletano, pe.l quale si eda F. AM0DB0. Vtla ma/e,1111/ica 1mpoll'la11a, IY.lrte J, Napolt, G:a1111ini. 1905, PI'· 31•-t-t· Ahre Giacchi, egli dice che in Napoli, si ricordavano di lui e fin dalla sua prima giovinezza e de– bolezze ed errori »; e questi, fissi nella me– moria, diventavano, come accade, « criterii eterni per giudicare tutto il bello e compito, che per avventurn nitri faccia di poi• (r). Quali er:tno mai codesti errori e debolezze? - E, quando usci il Dt univtrsi iuris prù,– df,i'o el fine utto, anzi la Sinopsi che ne dava il programma, e le prime voci > aV\'erse, che il Vico senti le\ 1 arsi, « erano tinte da una simulata pietà » ; contro le quali egli trovò scudo e conforto nella Religione stessa, e, cioè, nell'assenso del Giacchi, e primo lume del più severo e pili santo ordine de' reli– giosi > (2). Ma dei suoi dubbii religiosi, e delle accuse personali che su questo punto gli si facevano, come non ci resta notizia particolare, cosi non si ha nemmeno la ge– nerica certena. Tutti gli scritti del Vico mo– strano che nel suo animo sedeva grave, salda, immota, come colonna adamantina, la Reli– gione cattolica; salda e forte cosl, da non essere neppure in piccola parte intaccata dalla critica, che egli inaugurava, dei miti. Nè sol– tanto in tutte le esteriori dimostrazioni il \'ico ru cat1olico irreprensibile i e sottomise, sempre, ogni parola che mettesse in istamp:t alla doppia censura, pubblica e pri,•ata, degli amici ecclesi:estici 1 e fra zimarre sacerdotali e cocolle fratesche, più ancora che fra toghe di giuristi, svolse la sua vita filosofica e leue– raria; - ma egli giunse, perfino, allo scrupolo d'intermettere il comento al Grozio, non sem– brandogli dice\•ole che un cattolico corneo• tasse un autore protestante (3); ed ebbe così delicato punto di onore cattolico da non ac– ceuare nemmeno la polemica circa i suoi sentimenti religiosi: e Questa difficollà - di– ceva ai critici del Giornale dei lellerali, - come quella che mi fate sull'immortalità del- 1' anima, dove par che premiate la mano con ben sette argomenti, se non mi russer fotte da voi, io giudicherei che andassero piì.1alta– mente a penetrare in parte, la quale, quan– tunque si proteg8a e sostenga con la ,,ita e coi costumi, pure s'offende con la stessa ..di• resa.. Ma trattiamo le cose » (4). Il suo cat– tolicismo non ebbe nulla della superstizione, cosl generale e radicala allora, e specie in Na– poli, do\·e in ogni an•enimento della vita pri– vata e pubblica interveniva, attore e direttore, San Gennaroi ru cattolicismo di animo e di mente alta, e non fede da carbonaio. 1\la nep– pure contro le superstizioni il Vico assunse le parei di censore; - pago di non parlarne, come non si parla delle debolezze di per– sone e d' istituzioni, che sono oggetto della nostra riverenza. Il. Disposizione d'animo analogri, per più ri– spetti, a quella verso la religione, ebbe il Vico verso la vi1a politica e sociale. Non era nulla, in lui, dello spirito combaui,•o, da apostolo, notizie intorno agli e e11icurei• di Napoli di quel tempo, in CART>t'C"CI, Ope,e, voi. 11, PJ>.235-6. (1) J..ettern del 11 011. 1710 (Opn·e, ed. seconda del VER1u1u, voi. VI, 1•. 10). (~) L. c., 11. li. (3) Aulo/J., in opp. I \I, p. 'JJ1· (-t) Le cose, e, cioè, non le obiezioni religiose, che a lui suona,•;1110 come oflesa personale. V. Rispo.1/a 11/ Cio11rnle dei lellerati (Opp., Il, p. t6o). Bibloteca Gino Bianco propagandista, agil~tore e congiurato, che fo di alcuni filosofi dt:lla Ri11~.,ccnza; in is;,ecie di quel Cruno e Ji quel Camp::nella, che eg•: (benchè, e forse perchè, napolet:mo) non no· min~ mai. Certo, !a suJ cpr,c, ~ il s1 1-, pa•se non erano tempo e luogo da eroi, non essen· dovi accadute quelle rapide tr:tsformazioni e rivolgimenti, che generano l'eroe. Pure, si eb• bero, anche allora, a Napoli, partiti politici (il francese e l'austriaco), e uomini che det– tero l'opera loro e la \'Ìla ali' uno o all'altro, e furono persegui1ati, e andarono profogbi: e, segnatamente, giungeva, in quel tempo, al suo più allo punto l.1 lott:1 dello Stato contro la Chiesa, di Napoli con1ro Roma, con Pietro Giannone; del quale, come d1 tulio qutl movi– men10, il Vico tacque sempre, e parve non es– sersi nemmeno acco,10. La vita politica slava alta sopra il suo capo, come il cielo e le stellej ed egli non si prote;e mai nel vano sforzo di attingerla. Come le controversie religiose, cosl quelle poliliche e sodali furono 11 limi1e della sua alti\•itl. Egli era veramente uomo apolitico. D1 che non si può fargli colpa, nè accagionarlo di v1llà, perchè ogni uomo ha il suo limitej e una lotta esclude un'al– tra, un lavoro esclude gli altri lavori. Non già che egli s1 ritraesse da ogni con– tatto con la politica e coi rappresentanli di essa. Purtroppo, dovette corteggiare, assai di frequente, e 1 1 una e gli altri, con storie, ora– zioni, versi ed epigrnli, latini e italinni; i quali basterebbero d;1 soli a ricostruire la serie: Jdle \ 1 11:ende, cui andò sogget1a Na– poli dalla fine del secolo decimoset1imo all.t metà del decimotla\'O: il viceregno spagnuolo, la congiura e rivoluzione tentata dagli au– striacanti, la reazione e il rassodato vice– regno spagnuolo, la conquista austriaca, il viceregno austriaco, la riconquista spagnuola e ti regno di Carlo Borbone .... Ma egli, e molto pei suoi bisogni con\'er5C\'Ole > (1), e professore di eloquenza nella Regia uni– versilà, dove\•a fornire i componimenti let– terarii, richiesti dalle solennità del giorno; cosi come il drappiere lavorava, per le me• desirne occasioni, le frange, e lo stuccatore le volute e gli S\'Olani. E quali frange e quali svolazzi I Perdurava la moda Ieueraria secentesco-spagnuola ; e ciò spiega ampia– mente quel che nelle lodi, profuse dal Vico, ci sembra, ed è, smisurato e barocco. Del suo :mimo indiffe,ente e innocente può dare esempio quel luogo dell'Autobiografia, do\·e, dopo aver fatto ricordo del Paneg;•ric11s Phi– lippo V i11scripl11s, da lui composto per or– dine del Vicerè spagnuolo Duca di Asca– lona, continua, come ~ niente fosse, con un semplice appresso : « Appresso, ricevutosi questo Reame al Dominio Austriaco, dal si– gnor conte \\'irrigo di Daun, allora gover– natore delle Armi Cesaree in questo Regno, ebbe l'ordine :» di comporre le iscrizioni pd funerali espiatorii di Giuseppe Capece e Carlo di Sangro (2); ossia, dei due ribelli contro Filippo V I che il go,·erno precedente ave\'a messo a morie, qualche anno prima, nella repressione della congiura di i\facchia, dal Vico narrata, con sensi borbonici, nel Dt parllrcnopca co11iurt11io11e. Ma non c'è, nel \'ico, bassezza ; e, se deve dirsi, in lJUei suoi scritti, retore e panegiri– sta, non può dirsi adulatore. L'adulatore, l'uomo senza coscienza, vilipende e calun– nia gli avversarii degli uomini da lui adu– lati, o colpisce i vinti ; e questo è bassezza. li \'ico, il qmlle, pur conoscendo eh, fosse (1) Opp., \'I, p. 20. (~I A11fo6., in Opp., I\', p. 39.J, l'italiano o napoletano che aveva inviato a gli Acla ,'ipsit11sia la noterella contu:neliosa cop· tro Ji !u•, e t-ote,1do faciimer.te ro\ rnarlo (gìacch~ quella noterella er.J :rn1icattd;~al, df"n.-rc,sam.-n,c: noi, ·:C'lllf" m~i ri •elarnf" il nome ( 1), presla, sl 1 i suoi sen•igi di pro• fessore di eloquenza, ma non trame., con gli interessi dei suoi loda1i padroni. Della Vi/a di Anlonio Cara/a, composta per com– missione, e col provento della quale maritò una figliuola, dice che la l:l\'orò e temprata di onore del subieuo, di riverenza verso i principi e di giustizia che si dee aver per la verità » (2). E, per tornare al caso so– praricordato del Capecc e del Sangro, quando, nel De parlhenopea roniuraliout, egli narra la morte di quei due nemici della parte trionfante, ri\'ela anche allora, in taluni par– ticolari, il suo animo gentile: e del Capece, che non volle arrender,;i ai soldati spagnuoli, scrive « o.~lml,111s peclus md, t,1mqut ti1/tslis armis tj/lagd.u,s 1 int:roralus Oùu/tuil, Jorlis• simmn mortis genus si ca,u.1 toho11cslasy/ > ; e, pel Sangro, riferita la voce della grazia fattagli da Luigi XIV e giunta troppo tardi, aggiunge: • unde maior damnati 1 qui iam poenas persolverat, mi'scr,1/io » (J). Senza dubbio, non pote,•a essergli, e non gli era, r.ascosto, che la pii1 parte degli in– dividui, da lui lodati, valeva ben poco. A leggere i suoi scritti panegiristici, parrebbe che N:1poli avesse allora una nobiltà splen– dida di virtù, di cullura, di dottrina ; eppure, informando il Padre De Vitry, che gli aveva chiesto notizie circa le condizioni degli studii in Napoli, il \"ico non celava la realtà: e: i nobili sono addormentati da' piaceri della vita allegra » (4). Un suo motto s:llirico circa quella nobiltà, spesso pezzente ma sempre fastosa, e capace di soffrire la fame in casa, pur di sfoggiare in pubb!ico con cocchi e altre gaie, ci è stato serbato dal suo scolaro Antonio Genovesi (5). A proposito del let– terato Duca di Laurenumo formola\•a la teo– ria che gli scrittori e nobili • non possono es– ~e se non eccellenti (6); eppure, tra le sue carte io ho tro,·ato il manoi;;critto di un li– bro di quel signore, riscritto da capo a fondo dall~ stesso Vico (7). Contrndizioni e trans:1- zioni da pover'uomo, schi:iccialo dalla miseria, e divenuto riguardoso e timido ; tanto che rie• sce difficile determinare fino a qual punto egli ammirasse a parole e per compiacenza, e fin a qual altro il suo sentimento d' inferio– rità sociale si mutasse in effettiva ammira– zione per coloro, che avevano ricchezze e dignità e tutto quello che a lui mancava, e che stavano così in alto, ed erano i si'gnori. lii. Perchè, com'è risaputo, le sue condizioni eco– nomiche furono sempre tristissime. Figliuolo di un libraiuccio di Nnpoli, fo dapprima co– stretto a recarsi come precettore domestico in un borgo selvaggio del Cilento; poi, tor• nato a Napoli, tentò im•11.110 di ottenere il posto di segretario della cit1à, e, avuta per concorso nel 1699 la cattedra cli rettorica, rimase per trentasei anni in quel\' ufficio, con lo stipendio annuo di cento ducati (L. 425). Invano tentò, nel 1723, di passare a cattedr:1 (1) Lettera del 4 dicembre 1719: in Opp., VI, p. 32. ('l) Aulo/J., in Opp., IV, p. 3ti6. (3) Opp .. I, pp. 36;. 368. (4) Opp., VI, p. 9. (5) Oiceva che molli e tirn.v:rnol1ecarrozze colle budella>! V. il mio S11pplem. (li/a Dibl. viclr., p. 10. (61 Opp., VI, 1>.05. (;) Bibl. vien., PI'• 2;-<t

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