La Voce - anno I - n. 40 - 16 settembre 1909

. , L -. E,ce ogni giovedì in Firenze, via dei Robbia, 42 .JI, Diretta da GIUSEPPE PREZZO LINI .JI, Ab!ionamento per il Regno, T renio, Trieste, Canton Ticino. L. :;,oo. Un numero ceni. JO. Anno I JI, N.• 40 · JI, 16 Settembre 1909. SOMMAKIO: Olova■■I P•acolt, Il., E1111.10 Ct-:,:t..111 • Il Ylandaa1e •• Gn·..,11•1'1 PMEZZ.ot.t"-1- Lhor■o • .\,l("HI .\,t1U>111 1.t e:.cuw di Korr.olo Marrl all'E1trc:m1 (,n-..11·1 1 ;- PRf/.LOLl'-1. Giovanni Il. Pel"chè s'intende, da quel che abbiamo detto, come il ritmo di questo spirito, non possa mantenersi in equilibrio fra atteggia– menti estremi che I'a~nza di quel fonda– mento pratico che abbiamo in lui inutilmente ricercato gli fa di continno rischiare. Nelle definizioni che di questo poela si dànno, è rìllessa la sconnessione di questo suo intimo ritmo. Per taluni egli nllarga il suo sogget– lÌ\'ismo in un soggettivismo cosmico. Secondo altri egli è l'ingenuo e oblioso di ~ poeta Jelle cose, ma non come elementi dell' u– niverso, sibbene come particolari il cui va– lore è completo in sè, e che egli cerca di riprodurre, più che significare, con gli espe– dienti piu materìali che positivismo artislico abbia mai escogitato. Di riscontro ad un'irrequietudine senti– mentale, quale neppur troviamo nei romantici più romantici, gli è attribuito un mondo ap– partenente alla specie piì.1 ingenua dei mondi poetici: all'epica e alla georgica, come affer• mano quei critici faciloni che si appagano alla vernice delle opere e si sentirebbero ri- . mordere a tentare appena appena di scalfirla per veder quel che e' è sotto, allorchè in pieno accordo proclamano che dalla poesia di Gio11a.nui PaiCOJi i: esulalo I' importuuo io, che tanto ci frastorna nelle opere di altri poeti moderni. « Egli è forse - scrive uno di e essi, a proposito d1 questo \'Olume - il « primo poeta che, dinanzi al vario spetta– e ~olo della campagna, abbia sapu10 uscire « di sè stesso, smemorar,;i della sua piccola « anima d' uomo, del suo dolore, della sua e gioia, per diventare tutto occhi e tutto « orecchi, lasciandosi riassorbir tutto dalle e cose, in una pronta e fen•ida comunione « dei sensi vigili e desti, col guizzo di un e raggio, col passar di un'onda, collo sboc– c ciare di un fiore, col maturar di una spiga, e col ,,oJo di un maggiolino •· È in"ero comodo, ad ovviar 1:1 complessa fatica di ricercnre in che consistn ciò che fa di Gio– vanni Pascoli un ,•ero poeta, risolvere la sua arte in immaginose formule di tale o poco dissimile calibro. E, d'altronde, l'estetica del Pascoli - se l'estetica dei poeti potesse im• portare quanto la loro poesia - conferma attribuzioni siffatte. Vi sono oggetti di per sè poetici, essa dice; e un'eterna poesia s'e· sala ingenuamente da essi, li av\'olge li cir– conda li annunzia, come il profumo ambro– sio avvolgeva e annunziav:1 gli antichi dei. La poesia umana, ~he è piccola, garrula, im– portuna, allorchè presume inventare, far da sola, non ha che a suggerire alla fantasia del leuore questi obbietti, mettere in comu-~ nicazione immediata 1 1 umano con l'eterno, l'anima piccioletta con il sublime mistero, e togliersi di mezzo. Il mirncolo si compie naturalmente fra l'uomo e il Dio, senza bi– sogno d'interpreti. Omerismo? Ma omerismo riAesso, di ri– torno; com'è stato avvicinato all'omerismo goethiano. Dalla sua compattezza letteraria al– i' iridescenza delle fantaSticherie ~he uno spi– rito assai amante di indulgere e poco di ri• sol\'ere 1 può derivar dal proprio dolore, si si spiega il quadrante sul c1uale possiamo no– tare le oscillazioni di questa poesia. Ma è uo quadrante senz:1 scala nt segni. Fra quel neo-classicismo e quest' ultr.1-roman1icismo, non e' è chiaro processo evolutivo, e quelle oscillazioni, in reall:'.1 1 sono sballi vinlenti, Pascoli. \'Crtigini, capogiri,· non trapassi. Il quale squilibrio, se pare, in Cerio modo, garantir I' immediatezza e la sincerità delle impres· sioni, in verità vie1a I' intima sintesi di esse, il loro quieto fondeui nella ,osianza ricca e sonora del capolavoro. E poichè non è in un organismo, sia pur nella stessa disorgani1.zazione 1 qualit!l dell' in– sieme che non sia determinabile fin nel!' in· lima delle parti, questo carattere combattuto e contradditorio, in ultima analisi, si ritrova attivo in ogni stilla di c1uel sangue poetico. A chi lo colse una volta esso sarà sempre facilmente perspicuo. Segni che non ingannano glielo snideranno dai più riposti e ingenui in– trichi dove si cela, glielo dichiareranno nelle· abitudini dell 1 aggellivazione, negli scorci delle frasi, fuor della rapida o lenta onda ritmica; e tanto intimo esso apparirà e connaturato e indissolubile dalle concezioni di questo poela 1 da do\'er essere assunto addirillura come de• tinizione del suo temperamento. Sembra, da un canto, che il poeta soffra tiella schiavitl1 di un sistema che non sa di– menticare, allorchè lo vediamo frangere certe sue rappresentazioni col volere stonalo di ~pirnrvi dentro - quasi che t:1citamente 1 per quel che v'è bisogno, già non vi spirasse - un ulito del mistero che lo conturba ; altac– care a un leggero ~n ventilato aquilone di belle fantasie una coda tutta. fronzoli di in– tenzioni suggeritive. Ma, ahro\'e, dove egli parrebbe ,•oler vas1amente e liberamente can– tare questo grande mistero, lasciar le granale, le canipaiole e i girarrosti, per offrire al suo gurgite l'anima alata ed ignuda, ecco che un nulla lo distr:1e 1 un ,•olo d' insetlo, una voce puerile, il prill:ue d'una foglia a un filo di rngno; ed egli non può trauenersi, ha biso– gno di dire, anche, e magari prima di tutto, queste cose inopportune che gli si impongono colla violenza delle idee fisse; e I' incanto initi:lto è intlrrouo, e l'affresco che si popolava di grandi forme campeggianti su sfondi solenni spcttegoln irrimediabilmente di miniatt1rine. Una coscienza approssimativa di tali solu– zioni di continuità non manca in questa poe– sia. E vi sia in quei sottostrati baroccamente intellet1ualistici 1 che pretenderebbero costi– tuirne l'organicità. Do,e in altri poeti trovia– mo un vivo contenuto storico sul quale la loro individualità s'innesta, non troviamo qui di determinabile, alla profondità ultima, se non questo inlellettualismo, che, su per il tronco, inquina la poesia tal,•olta tin nelle delicatissime fioriture supreme éhe ci sem– bravano pispigliare ingenuamente nel sole. Degenerazione inevi1abile, dal momento che un contenuto che nella sua significazione sia,. come qui, negato dal proprio tempo che è già proceduto oltre, è un contenuto in– fetto, a meno non giuochi sulla sua stessa inanit~ e contraclclizione (umorismo). Poi– chè se è vero che Dante alzavn sulla sco– lastica la Co11111wlia 1 non ripeteva egli già nè traduceva la scolastic:1 ; o per quel che è ripetizione di scolascica, espressione di· retta di scolasticismo, anche la poesia di Dante è sorda. Ma in quanto D,rnte era un creatore di civiltà nuo\'e 1 poeta in tutta l'estensione dell.t parola, egli, pur sen·en– dosi di quel mondo, esprime\'a un mondo nuovo, e perciò anche una nuova filosofia che è dei critici cogliere nel vh 1 0 palpito del suo canto. Cosi il Foscolo; cosi lo stesso Carducci, con tulle le sue papere e grosso- Bibloteca Gino Bianco lanita di pensatore. Il suo ide.:ale posit1vi<:.mo (in ruorale un immanenrismo eroico) non si g1us:ifi\a se non sulla linea madre di una corrente di nuovo pt"nsiero che egli certo avrebbe sconfessata, perchè gli sarebbe stato rinpiricamen1e o.li' JSI) i! ·erre'lO ove e-.s.1 c:i svolge, ma in cima alla quale, frauanto, bi– sogna ben poi lo, se si \•uole intenderne tulio il valore. Or.i, invece, le concezioni che il Pascoli mf'tte a piedistallo di certi suoi poemi, per la loro qualità non assoluta e non necessa– ria, non son qualcosa che egli stesso possa rivivere con pienez1.:1 ingenun 1 e perciò da poeta vero; in cui possa credere b:-irbaramente, come il Foscolo credeva nel contenuto dei Slpolcri, il Carducci in quello dcli' Amma/e Jtl/a Fo11dt1{io11e di Roma. Non riuscendo ad afferrarlo in alto nella sua poesia, perchè, in fondo, è un contenulo che non è un conte– nuto e perciò continuamente gli sfugge, il Pascoli pro"a a sedurlo con una ingenuità di seconda mano, lo simula, lo vezzeggia, vi bamboleggia. Sembra che l'ispirazione, come naturalmente gli tìo,isce dentro, non gli basti mai. E lo vediamo tormentarla con tutti gli apparati dell'ortopedia poetica più professo– ralmenle capace e più puerilmente crudele i impacciarne il pilsso che sarebbe lieve come quello del vento con le zoppican:i stampelle dei simboli e dei compromessi. Su questo staio fondamentale non malura 1 insomma, n Giovanni Pascoli una poesia con "n vero senso organico e definitivo. Se egli è stato chiamato, con intenzione diminuiliva, il poela delle piccole cose è in reallà non perchè e@:li abbia cantalo cose umili e pic– cole, chè in poesia - ru ossen·ato - non vi sono cose piccole nè grandi - ma perchè, meno pochi cHi 1 egli è co~trello da un' in– tima contraddi1.ione ad astrarle dal tutto, o a farci altrimenti sentire come riusci v:mo il suo sforzo, dove volle legarle insieme in una trama che non era intessuta del puro filo d'oro della poesia. Idillico fu chiamato il modo nel quale tal– volta egli delude il suo dissidio i e idillica, 111 un senso più formalistico, la sua poesia. i\la, in reallit, quel eh' io, a sua mat,tgior grandezzt1, sen10 in fondo a questo idillio, in fondo a questo sdoppiarsi e ricongiungersi, con strappi mal simulati e con fuggevoli con– ciliazioni sentimentali, di un mondo di par– ticolari che non lo sazia e di un confuso mistero che egli non sa dominare, è il tre– molare, sull'arpa breve delle cose, della me– ditazione verso una chiusa cupa di"ini1à, che il poeta sente sovrastargli, ma per la quale non ha nè una fede nè un 110111e. lii. l! 11010il posto che i Potmelli sono intesi occupare nell'opera di Giovanni Pascoli. I.e /tl;·ricoe e i Canli di Ca5/e/t•tctl1io 1 quadretti di genere ed impressioni, lremule tioriture di motivi poetici, stanno come un pronao ver– zicante d'ellera e di convolvoli, come un miracolo di architettura silvestre, intorno ai Poemelli vecchi e nuovi. Qui il tempio si alza e si conchiude. Paulo m,n"ora. I ritmi leggeri squillanti iridescenti Clessuosi, se pure anche, spesso, sconnessi, nell' nrge01.. 1 del- 1' immediato, del vivo, cedono al ritmo eroico delht poesia italiana, alla terzina dantesca. Ed in questo ritmo, il respiro inquieto del poeta sembrn placnrsi un poco e farsi più ampio, la sua voce par meno trepida, il suo dolore cerca. pii1 vaste consonanze che non il verso delle capinere e il lamentio serotino delle ranelle. Si sente che egli vuole una rappre- sen:azione p1u larga e più organka del suo mondo. Il mistero che ha sussurratC' alla sua anima afflitta s.-greti che quasi paren non si polessero tnrc!urre in parole umane, ma sohanto far vel:11amente inttndere ripetendo il fruscio di qut-lla foglia mona che 11 \'ento persegui– tava, il secco notturno limare ò; "tud ca, lv~ il grido rantastico del chiù, pendulo sul si– lenzio fiumale, 5i esala qui da figurazioni pili \'aste, sembra, a tratti, :tttep:giarsi ai nostri occhi riverenti in quelle forme colossali da• vanti alle quali i poeti religiosi conducono l'umanità come 1imida fanciulla. E i Poemi Conviviali, poi, e le Od/ 1 do-. minano di sui fastigi del tempio che il poeta ha consacrato alle muse, come erme accen– nanti al passato e all'avvenire : oblioso pa• radiso, quello, sommerso di luci di sogno e dove la faticos.1 anima nostra quasi intimidita si cela; questo, ancora implicato ne! viluppo del presente, e nel suo travaglio per distri• carsi incapace a trovare una forma serena nella quale esprimere le sue speranze e forse più il suo dolore. Mancava a compiere pubblicamente l'edifi– cio il secondo ciclo di Potme//i che Giovanni Pascoli ora appunto ci ha dato. Ma, come altri già disse, a malgrado della. divisione che col poeta abbiamo fallo, non è l'opera del Pascoli tale che da serie a serie presenti essenziali divarii. Il mondo pasco– liano è diffuso anzichè compatto e in ogni parte concluso, primilivamente pittorico e mu– sicale - per scr\'irci di quesle similitudini - anzichè scultorio; e non si annoda mai in vìluppi, nè è scosso mai di pugne, da cui prorompa coll'atto dello schiavo michelan• giolesco che si libera un'opera segnan1e una intìma e precisa conquista del poeta, un de– finitivo superamento, lo schiudersi di un nuovo orizzonte. L' ispirazione rurale attacca come d'intrecci di vitalbe e di madreselve le ftl;·ricae e i Cmli ai Poemetli, mentre l'ispirazione più profonda di molti fra que– sti, completa quel che là era appena un ac– cenno un respiro o un sospiro, raccomandato al sottinteso o all'onomatopea, al dio dio dio dei ru,;ignoli, al din don d'oro e d'argento dei doppi delle pievi lontane. Ciò per le relazioni più estrinseche e ba– nali. Chè se si passi all'analisi slrnllurale dei \'ersi e delle slrofe, allo studio del sin– tattismo e, piì.1 di fre4uente 1 dell'asintatli– smo, ecc. i l'omoge:neità diventa addirittura, identità. prolissità, unicità ; unicità d' una delle personalità poetiche più insistentemente sè stesse che mai sien state. Nell' Anl'1ologia t,•rica, col succedersi e il migliorarsi delle edi– zioni, noi vediamo un frammento passar da Saffo ad Alceo 1 da Stesicoro ad Ibico. Pel Pascoli, pur calcolando l'inevitabile inganno delb distanz:1 1 si può esser certi che anche fra due mila anni difficilmente s.arà per suc– cedere altrettanto. Detto questo, non ci fermeremo partita– mente sui Poemelli del nuovo volume ove le bellez1e non eccedano la bellezza che già conosciamo, e i difetti non abbian raggiunto un grado cosi singolare da meritare un nuovo commento. Alla libertà che si afferma sem– pre maggiore, coll'esplicarsi di si vasta atti– vità poetica, nella padronanza di ogni artifi– cio di scrittore, nd trattamento magistrale di particolari difficilissimi, nel fermare, con quei nulla che sono tutto, i più fuggevoli tremolii del sentimento, i più arditi scorci del sogno, si oppone qui come altrove una sotterranea pesanleua, una invincibile diOicoltà di svol– gimento. l' inspogliabile grandiosi là del metro contrasta coli' impressionismo convulso dei det1agli 1 che vorrebbe frangere il ritmo, ma

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