La Voce - anno I - n. 23 - 20 maggio 1909

cJ;J· ~v. l_9"M¾MO J(f;of K 1~c-1w.,u. I J~ f~v~ ~ J .:Ou. OCE E,ce ogni giovedl in Firenze, via dei Robbia, 42 ,,I, Diretta da GIUSEPPE PREZZOL!NI .:f. Abbonamento per il Regoo, Trento, Trieste, Canton Ticino, L. 5,00. Un numero'c<nt, IO Anno I ,;I, N .° 23 JI, 20 Maggio 1909, SO~L\IJ\RIO: - Quciuionl pedagogiche: Il sofisml'l del doppio fatto. G1ovA:-.-,1 CEZ-.TJL.J.; - Romaln Rolland, Il, G1AZ.-1'0TTO BASTIANEU.l - L'Insegnante medio: Appunti di psicologia, i\lic11F.u•: Lo:-ACCO ·- Cilovanol V■llall. g. p,-. - 0lu s eppc 0lusll. T11. Ì\'EAI. - Profili di giornali: Il 0!oroalino della Domenica e 11 ..;or:-1ercdei Piccoli. s. s. - 11caso Farinelli•• \RTl:RO FAIU ~bl.LI, Cl\'SEl•Pt-: PRF:Zl.01.1:SI- Per Medardo Rosso - Solloscrlzio11cpro • Lega Na2looalc >. Questionipedagogiche. Il sÒiismadel doppio fatto. Alla pedagogia filosofica si muove spesso l'obbiezione, che essa, ragionando in astratto su concetti, trascura l'osser– vazione concreta e la considerazione pratica ciel fatto. Così quella pedagogia determina iI concetto di educazione, e poichè l'educazione è dello spirito, im– pianta il suo problema come ricerca delle determinazioni essenziali di osso spirito. Ed ecco l'empirico a protestare che tutta cotesta è teoria, e che noi dobbiamo preoccuparci non di quel che idealmente è o dev'essere l'educazìoue, ma di quel che possa essere nelle cir– costanze concrete in cui si deve realiz– zare. E non c'è singolo problema spe-– ciale di educazione, la cui soluzione ra– zionale non venga subito combattuta col solito ritornello, che altro è h\ teoria, altro la pratica. altro '.' idea e altro il fatto. E bisogna vedere con quanta suf– ficienza vi oppongono questo argomento per chiudervi la bocca. Che diamine ! È la rivincita del buon senso sulla stil– lata sapienza dottrinaria dei filosofanti. Ora in tutte queste proteste antifilosofi– chc, \e quali, mutatis 11tu!a11dù, si ripetono com'è naturale in tutte le forme cliattività pratica, si nasconde un sofisma, contro il quale non sempre i filosofi, alla loro volta, hanno energicamente protestato, ma cre– do sia urgente mettere in guardia gli studiosi di questioni scolastiche. E però, ora che in Italia si parla con insistenza d' una riforma necessaria negl' istituti d'istruzione secondaria, e i pili son re– stii a cercare la soluzione del problema dov'essa può trovarsi con determinazione rigorosa dei concetti che si adoperano di scuola e di uomo, di cultura e cli spi– rito, di istituZioni e di libertà, e così via, io amo tornare ad agitare la mia bandiera i la questione fondamentale del· la riforma è questione filosofica. C'è una pregiudiziale; e concerne la definizione stessa del metodo. L'obbiezione volgare, a cui ho accen· nato, consiste in un sofisma, che si po– trebbe dire del doppio fallo; poichè si regge appunto nella duplicazione del fatto, a cui si appella i cd è il sofisma eterno del la polemica contro la filosofia in nome della storia, della vita, del sen– timento, della fede e di quante altre belle cose si oppongono a quel la - che non ha nulla fuori di sè: la filoso• fia. E nasce dall'insufficiente analisi del concetto di fatto, che si prende per qualche cosa di staticamente oggettivo, in sè determinato, fisso, norma del pen– siero, che vi deve aderire; laddove ogni fatto, com'è chiaro a chi per poco vi rifletta, è I' idea cl' un fatto ; o, se si vuole, un fatto determinato o concepito così e così. E come? Il come - qui è iI punto - non è bello e stabilito; ma va sta– bilito; onde la storia non è mai scritta, e si riscrive perennemente. Per vedere questo come, bisogna pensarci ; e pen– sarci non una volta per tutte i perchè il pensiero, che non resta pensiero rinno– vandosi continuamente nella sua attua• .. lita, si ta, come è noto. il contrario di se medesimo; che è poi il famoso rtor– mir sugli allori! Ora, da quel primo sorgere di un fatto nello spirito per o– pera di un iniziale pensiero, via via. la vita del fatto, la sua realtà, è la stessa vita e realtà del pensiero. Sicchè di fatti ce n'è uno, per ciascuno, e ce n'è infi– niti. La Rivoluzione francese è una i ma è pur tante rivoluzioni quanti sono gli storici, che la narrano, quante le menti, che si provino comunque a far– sene un concetto. E di due storici cia– scuno può ben dire all'altro che questi non intende la Rivoluzione; cioè la sua. E così l'empirico richiamerà il filosofo all'osservazione del fatto, cioè del suo fatto; che è l'idea che egli si fa di questo fatto, di qua da quella che, eli– minando quanto è estraneo alla legge interna elci fatto stesso, se ne fa il filo• sofo nella sua filosofia. Giacchè, insom– ma, quel medesimo che ò all'empirico il suo fatto, è al filosofo la sua filoso– fia: il fatto è la filosofia dell'empirico, come la filosofia iI fatto del filosofo. Onde avviene che, a sentire il primo, l'altro avrebbe l'obbligo cli considerare non solo la filosofia (o il suo fatto). ma anche il fatto {o la filosofia ciel primo); come se di fatti per ciascuno, e per ogni atto di pensiero, ce ne potesse esser pil1 d' uno ; come se un pensiero potesse esser due pensieri! Egli è che l'empirico, inetto, in quanto tale, a superare se stesso, non può affacciarsi al mondo del filosofo ; perchè, col suo fatto negli oc– chi, non vede l'altro. più sodo del pri– mo, e in cui il primo realmente si ri– solve. Si dice: voi non dovete ragionare sull'idea dello spirito per determinare le attitudini che all'educazione spelta di svolgere. Voi dovete scendere al con– creto dove non c' è lo Spirito, ma c' è Tizio, c'è Caio, c'è Sempronio, che hanno una speciale conformazione spirituale ecc. E sta bene. C'è Tizio. l\1a che vuol dire che c'è Tizio? Che è Tizio? Voi potete affannarvi ali' infinito per garentirvi la individualità sacrosanta del vostro Tizio; ma Tizio ha pur eia essere qualche cosa anche per voi. Se fosse l'ombra d' un sogno, il problema della sua educazione non sorgerebbe mai. Egli ha da essere una realtà, e realtà. spirituale. E questò è, vostro malgrado. il presupposto della vostra sollecitudine e tenerezza per la sua ineff;i.bile inclividualitit. Non che esso sia nè pili nè meno che una ge· nerica ed astratta realtà spirituale; esso è dicerto quetlo spirito; ma non in quanto quello piuttosto che questo spirito, esso è quel determinato valore che suscita il vostro interesse pedagogico. Il suo schietto valore consiste nella pura spiri• tualità che l'investe, o in quel tanto, per così dire, di pura spiritualità che in lui si realizza. Non vi piace che sia così definita la sua natura? Ebbene, se non vi piace, dovete aver voi un modo pili adeguato di definirla; e dite dunque voi che è Tizio, e a qual titolo intendete occu– parvi cli lui. Fate, insomma, la vostra Bibloteca Gino Bianco filosofia, e vedremo al paragone quale vtllga cli più. ira la mia interpretazione èJ;t fatto non può esser criticata alla stregua d' un preteso fatto in -sè, che ,,...,: es!r,te ~.,. •1011 nelr il'l')magiJ,a1.ioae degl' ingenui. bensì a quella d'una in– terpretazione pii1 profonda e più chiaro– veggente. E una filosofia, infatti, con• trappongono alla filosofia tulli questi suoi avversarii, servitori, come diceva il ifanzoni, senza livrea, ma servitori. ·Ma che filosofia! Basti dire che non si riconosce per tale! Il quale fantasticato divorzio del fatto dall'idea non soltanto è principio di confusione magna nel le discussioni pe– dagogiche per quella ribellione che esso promuove contro ogni riflessione siste• matica i ma è anche il primo motivo della vana ricerca di quella certa pie• tra filosofale, che ci dovrebbe procurare non so quale riforma ab imis degl' isti• tuti presenti. Giacchè dipende dal non rendersi conto del rapporto cl' identità tra teoria e pratica, tra idea e fatto quel vano correre affannoso dietro al mirag• gio di istituzioni ideali, che avrebbPro la virtl1 mirifica di rigenerare gli uo– mini. Quante volte non s'è detto che ci vuole l'ispettorato perchè .... perchè gli insegnanti -non sanno l'obbligo loro, o non lo sanno neanche, il loro, i signori pr~sidi : e lo saprebbero, invece, a quel che pare, quei miracolosi ispettori. Lo saprebbero, anche a loro dispetto, per– chè .... perchè sarebbero scelti apposta con questo criterio; che lo sapessero. Come dire che insegnanti e presidi si suole sceglierli e si dovrà sceglierli sempre col criterio opposto I Sicchè da una parte ispettori ideali. dall'altra in– segnanti e presidi con tutte le loro de– bolezze, quali sono di fatto. - È una farsa I E questa gente non si capacita che non le istituzioni fanno gli uomini, ma questi le istituzioni ; onde ogni riforma efficace vuol essere riforma interiore e degli uomini. e non estrinseca e delle cose. Identica origine ha l'errore opposto, che si può dire dello scetticismo peda– gogico; per cui, vista la necessità del limite, si mette in canzonatura P idea {che nel limitarsi dimostra l.1 propria e•· nergia pratica, ossia la propria verità) j e non si ha fede nè nel maestro nè nel preside. nè nella scuola nè negli esami, nè in niente, perchè tutto, poichè se ne parla, è idea. Anche in questo caso, non si sa riconoscere l'idea nel suo•Jimite; e il limite si fa valere due volte: una per negare l'illimitatezza, o astr!lttezza, cieli' idea, l'altra per negare l'idea stessa così limitata, per l'incapacità di ravvi– sare l'idea attraverso il limite, e discor– gere 1 1• unità di idea e di fatto. Questo, dunque, il mio porro unum. assolutamente idealistico e realistico in– sieme; il fatto è pensiero, che va cri– ticamente elaborato dal punto di vista del tutto, se non si vuole smarrire il fatto stesso. Giovanni Gentile. Inscrivetevi per il 1.10/ume : IL CASO MEDARDO ROSSO pag. 80 e 20 1°/lustrazioni,L. 2,00 - per gli abbouali , 1 50. Romaio Rolland. 11. ~kt se è dei poeti fare della critica 1ntes– sutrl indistintamente di fantasia e <li analisi critica, è, tL1t1avia, deì poeti talvolta eccellere in quel genere di critica, -che io chiamerei, utopic,11 e che piì1della critica, vera e propria rigida come una dimostrazione filosofic:i, si confà ali' indole saltuaria (razionalmente) e intuitiva dei poeti. Questa critica utopica con– siste nel sentire e rilevare, con potenti eco– mudcative fluttuazioni di entusiasmo o di sco– raggiamento, quell'insieme di ideali, di miti di pseudoteorie, che accompagnano come una atmosfera mobile e mute\'ole, gli artisti di qualunque epoca nella ricerca e nell'attuazione delle loro visioni. Gran parte del fascino della critica di Giosuè Carducci sta appunto negli splendidi furori poetici che a lui dà la contemplazione del suo ideale poetico, ora esaltato d.t certe parentele scoperte tra esse e l'arte dei ch1ssici, ora depresso e combattu– to dal duro confronto con l'arte contempo• ranea. Un altro magnifico saggio di critica utopica lo troviamo nella prefazione allo stu– dio sul Petrarca di Francesco De Sanctis. Vero è che per Francesco De Sanctis mi si potreb– be obbiettare com' egli non fosse <laniero un critico 'manchevole, nè un grande poeta. Al che non è dinìcile rispondere che l;!Cr l'identità di gusto e di genio il De Sanctis fo un ricchis• simo poeta, e, come tale, dove\'a sentire l'urto del limite comune nella J>Oesia contempora• nea quanto e forse più che un Carducci, e quanto e forse più d'un Carducci, imaginare, con il calore d' una profezia, una poesia su– perante quel limite. - Comunque in quella prefazione il De Sanctis sembra profetizzare la potente rinascita della poesia italiana in– carnala da Carducci da Pascoli e da D' An· nunzio. Non certo che anche di questa si sa• rebbe contentato. - Benedetto Croce, a sua ,,oJta, ci ha ridatosulla moderna poesiaitaliana un altro magnifico esempio di poe~ia utopica. Ma certo non dipende dall' illusione che ci fa ammirare e intendere più il presente del passato prossimo la constatazione della rinascita di una grande poesia in Italia. Essa ci fu e in gran parte coincise col sogno di Francesco De Sanctis. Romain Rolland è maestro in questa critica utopica. In un tempo in cui la musica è in efl'etti\'a decadenza; in un tempo in cui il pubblico si rassegna pronto ad ascoltare le pazzesche imprese sinfoniche di un Riccardo Strauss e gli sterili indecorosi conati di Claude Debussy ; in un tempo in cui, disgustati dalla cattiva music:1di coloro che vorrebbero es• sere i grandi, ci rifugiamo nelle musiche dei piccoli, come i\'lascagni e Puccini, piccoli sl, ma freschi ed onesti, tah1olla i desta stupore come un uomo di gusto squisito e puro qual' è il Rolland, trovi pur sempre qualcosa di bello da scovnre i:! quell'ammasso di fango e di false pietre preziose çhe sono le composizioni dei degeneri discendenti di Beethoven e di Berlioz. Eppure se noi analiniamo le appro· vazioni del Rolland a questo o quel musicista, a quel tale indirizzo o a quel tale altro ten· tativo di dramma musicale, noi siamo co– stretti a convenire che tutto ciò non ci può mni offendere, come ci offende il solito inditte– rente adattamento a qualunque stile o gioco o sforzo musicale, vergognosa npalia di cui sono attinti quasi tutti i critici musicalimoderni. Rac– cogliendo col pensiero tutto quel che il Rol· land ha approvato anche nelle opere più sba-

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