La Voce - anno I - n. 19 - 22 aprile 1909

CE Esce orni giovedl in Firenu, via dei Robbia, 42 .;I, Diretta da GIUSEPPE PREZZO LINI .;I, Abbonamento per il Regno, Trento, Trieste, Canton Ticino, L 5,00. Un numero cent. IO. Anno I .;I, N: 19 ,:I, 22 Aprile 1909. SOMMARIO: - Nadoaall1mo, G10,·A:-.:s1 PAPIXI - Uu voce dal Sad, G. Lol1e, w.oo- RA01c1-: - Per Romolo M■rrl, S11.,·10 1>'A)t1CO - Caratteri:// soliloquio di do 11 Ahbot1dio, AM.t>t-:sco SoF►lciJ- Lettere TrlctlllM: \'. / x-iornali. SclPIO SLATAPEM. - La Cau di Sludlo, '.\IARIO ROSAZZA. NAZIONALISMO Il nazionalismo, come tutte le cose in cui entra la mano o la mente dell'uomo, può essere in più modi: buono o cattivo, intelligente o sciocco, apparente o so– stanziale. C'è il nazionalismo dei lette– rati che, contaminando Giulio Cesare e :Maurizio Barrès, un mezzo verso latino e un ritornello francese, spronano l'Italia alla conquista della Tripolitania; e' è il nazionalismo dei ragazzi scappati dal liceo che bruciano le bandiere di foglio gialle e nere sotto le finestre dei con• solati austriaci; c' è il nazionalismo dei giornalisti che hanno conto corrente con le acciaierie e le fabbriche di cannoni; c'è il nazionalismo degli armeggioni che gridando f ·1va t'.ltalia sperano di acciuf. fare un po' di gloria e più tardi una pensione i c'è il nazionalismo degli en• tusiasti idioti che ammirano qualunque sciocchezza si faccia di qua e sputano su qualunque grandezza sorga di là; c'è il nazionalismo di ottava pagina che colla scusa di protegger l'industria pae• sana procura di vuotare i magazzini e di crescere i dividendi; e' è il nazionalismo dei capibanda politici cho per non per– dere il favor popolare in giorni d'ira o per rinverginare alla meglio la propria fama prostituita fanno discorsi di ferro additando i confini. Ci son tutti questi nazionalismi e poi degli aJtri e nessuno è il nostro. ~on già che il nazionalismo ci sembri soltanto un affare o una chiassata. È proprio del!' uomo affezionarsi a ciò che ha sempre visto e a ciò che conosce meglio : chi ha cuore in petto vuol più bene al posto dov'è nato che a quelli che non ha mai visti e di cui poco sa. Anche que' dabbcnomini che vogliono estendere ai popoli il consiglio di Cri• sto - ama gli altri come te stesso - permettono che si voglia bene, tra gli altri, anche ::d nostro paese, se questo amore deve servire come unità di misura di quello per i paesi altrui. Così almeno pare secondo logica, giacchè alcuni dei più arrabbiati fanno l'impressione che la loro regola sia piuttosto questa : ama tutte le nazioni meno la tua. Preso il mondo com'è fatto ora - e bi– sogna pigi iarlo per forza così, anche se abbiamo una mezza intenzione di cam– biarlo, anzi appunto perchè abbiamo vo– glia di cambiarlo - è naturale e neces• sario che ogni paese non si ,·oglia far mangiare da un altro in senso proprio e figurato e che perciò pensi a farsi rispettare rmd,c con quei solidi mezzi che sono le mitragliatrici e le batterie da montagna. Questa difesa può sem– brare talvolta difcs~t d'intcr<'ssi mate– rialissimi cli certe clas!)i drl paese, ma siccome non preparandola e non fa– cendola si incoraggiano e si aiutano in• teressi pur matcriali'tsirni di simili classi di altri pac~i non si ve-dc la ragione per condannarla come- una IK"stialità fiochi: ncll' uomo rimetteranno così ,pesso le sue ràdiche bc&tiali. Pr-r quanto schifo mi facciano gli appaltatori e industriali protetti che ingrassano a spese della paura di un'invasione, mi piacerebbero anchC' meno quei Tedeschi che piglierebbero. il loro posto e si arricchirebbero alJe spalle nostre peggio di prima. E bisogna pensare che difendendo la patria non si difendono soltanto i grossi interessi di alcuni e, certe volte, anche gli interessi cli tutti, ma quel che per noi, costa più d'ogni cosa: una civiltà, una tradizione, una lingua, una cultura. Queste son veramente le cose che fanno la patria e non già i pali di legno dei confini o i colori delle bandiere o i nomi delle dinastie che riscuotono i mi– lioni della lista ci\·ile. E son queste- cose, nello stesso tempo, che ci salvano anche da quel naziona– lismo bigotto che vorrebbe fare del nostro bel nido una gabbia. Siccome lo spirito non ha c:mfini e l'amore vien dalla conoscenza, studiando e gustando la cul– tura di un altro popolo si finisce coll'af– fezionarsi a questo popolo, col sentirsi prossimi all'anima dei suoi più grandi espressori, col farsi di quella civiltà un altro mondo nostro accanto a quello del nostro paese, tanto da sentir, come Goethe, che due anime albergano nel nostro petto. Non ci sono stati torse stranieri che hanno amato l'Italia quasi più che la patria loro? e non ci sono fra noi spiriti scrii e pensosi che si scnton cittadini della Germania della fine del settecento e dei primi dell'ottocento; spiriti pra– tici o sognatori che provano ogni tanto il dispetto di non essere elettori britan– nici; o spiriti contemplatid e ambiziosi che vorrebbero essere stati partoriti sulle sponde cli qualche gran fiume d'.Asia? 'Ma pur nonostante, sia per il fatto di esser nati qui e di questa razza~ sia per l'educazione e l'abitudine e la familia– rità della lingua e delle cose, noi cono– sciamo e comprendiamo e per conse– guenza amiamo di più l'arte e la cultura del nostro popolo, della gente in mezzo alla quale siamo, respiriamo e viviamo. E siccome noi siam quelli che per forza di cose possiamo meglio rappresentare, con· tinuarc e far comprendere quest'arte e questa cultura, saremmo dei mascalzoni e tradirf?mmo non solo l' ltalia, ma an• che gli altri paesi che aspettano la no– stra parte nella grande ocuvrc unh·er· sale, se non si facesse cli tutto per rica· pire iI lavoro dei nostri morti, per disotterrar quello dimenticato, per inter– pretarlo con più amore e sapere eh' è possibile, per esaltarlo dinanzi al mondo quanto si merita e, infine, per seguitarlo vigorosamente, non ricopiando ma pro– seguendo, non serrandoci in casa nostra, ma tenendo tutte le finestre spalancate alla rosa dei venti. !'resto o tardi una fusione o confu– sione maggiore delle culture di tutte le nazioni a,·verrà, ma è bene, anche per il tesoro unico futuro, che le culture nazionali abbian dato tutlo quello che potc,·an dare di proprio e d'originale fino all'ultimo; e che non siano state sopprC5')(! per conquista o per abdica– zione ma abbian concesso a poco a poco i loro frutti più maturi e saporiti al banchetto di tutte. Questo è, in poche Bibloteca Gino Bianco parole, il nostro nazionalismo: difesa necessaria materiaic e amore e studio "'.;.. !)ropagazione dtlla ,1ostrr1 rultl1ra. ·Quanto ai mezzi diremo qualcosa di adatto a questa Italia ciarlona. Il nazio• nalismo si può fare in più maniere: o coi discorsi o coi fatti o coi quattrini. Quanto ai discorsi è meglio farne pochi: non è bene metter su colla letteratura i popoli che non hanno ancora una buona artiglieria. E i discorsi stampati, ovve, rosia articoli, non valgon molto cli più, e non escludo questo qui. Perchè, ad csem• pio, fare dei giornaletti speciali per il nazionalismo? Cosa vogliono questi Tri– rolori, queste Prore, questi Corrotti, que• ste PrejJara:iOui, queste Crraudi ltalic l Non è forse un insulto all'Italia credere che il nazionalismo abbia il suo pubblico speciale che compra le rivistine dei gio– vani, come- già l'ebbe il decadentismo? ogni giornale italiano, anche socialista, è, voglia o no, nazionalista, e chi ha da dire qualcosa di particolare su queste faccende è assai meglio che scrh·a sui grandi quotidiani che hanno migliaia di lettori e lunga autorità anzichè in gior– nalastri equivoci ed effimeri che a volte potrebbero esser fatti piuttosto per con– tentare la vanità o l'interesse o lu chiac– chiera di dicci o venti giovanotti che J cr salvar la patria. lllolto meglio far fatti. l\folto meglio preparare un buon esercito e aiutarlo col rispetto, coi soldi e colla buona vo– lontà piuttosto che con lo scandalo e la declamazione. :Molto meglio cercare che ognuno rJi noi di,·enti ogni giorno migliore, più intelligente, più forte, più onesto, in modo che la nazione intera si muti e si senta più sicura di sè. ~lolto meglio fare atti cd opere grandi che forzino gJi stranieri all'ammirazione e allo &tudio e faccian tornare la nostra civiltà una delle più belle del mondo. E anche, se ,·olete, quattrini. :\fa i quattrini, piuttosto che spenderli nei m:rnifci:,ti, nelle coccarde, nelle bandie– rine, ncllC' rivisticciuole e nei banchetti, spendiamoli, perdio, per qualcosa che resti e faccia comodo ora e poi. Spcn• diamoli per far conoscere la nostra cul– tura in Italia e fuori d'Italia, e per istruire meglio i nostri disgraziati che son costretti a scappar fuori di casa. E spendiamoli pure, giacchè come di• ceva Renzo, ci han.no da essere queste diavolerie, in navi e cannoni. ~on ere• dote- voi che con tutti i solei i che si sono spesi in ltalia per far la propaganda ir• rcdc-ntista si sarebbe potuto offrire in dono allo Stato un incrociatore? E non credetC' che con tutto quel che costeran– no fra carta, stampa e posta i Carrocd e le Prore e i Tricolori si potrebbe rcga• lare all'esrrcito italiano una discrrta bat• teria? Giovanni Papini. Possiamo dirhiarard soddisfirlli del modo col quale gli /lrrlia11i /ra11110 risposto al 11oslro im•ito. ,Ila or,u,re tlle rssi firrria110 1/i pii,, e sr ltr mdii di 9ttdli tlu: compr,mo o,ir11i st'lliuurmr il ,rionurk si abbtmt1su 11oi az.rrmmo )(id ui fXrg'i11r. So11 ri si abliom, soltanto prr rirez 1 rre ro:olarmt·111t' a rasa il l[ÙJrnalr, 111aper esprimrn· la simfx1li11 /u:r 1111 ·opera ili purijica:io11e e di :•rrifd. ~~•11=a arrdrnli dt1 o_,rgi """ /me 1/el/'a11nu lfre 3,30. Una vocedal Sud. I ministeriali sono un e partito • ! C'è io Italia un.. vastic-si:u:i combriccola d1 tutta la gente che ha da sollecitare un favore, da ottenere un impiego, da strappare l'illecito appoggio delle auto– rità per le sue imprese affaristiche, da com• prare il silentio e da vendere l'adesione al più mascalione o semplicemente al più po· tenie. Per questa combriccola noi viviamo sempre in regime « ministeriale • che si può parimente chiamare regime borbonico. Alla Corte si è sostituita la Camera; di mutato non c' ~ che il nome. Tutto si fa, specie nei piccoli centri, per intrigo, e do· minano molto spesso quelle stessissime fa– miglie che, imperante il Borbone, domina– vano prima della cosidetta « unità •· Dove non sono le stesse ramiglie, altre vi sono soppiantate ad esse che valgono precisamente il medesimo. Solo che ora hanno un ser,-, vizio più regolare di rappresentanu a Corte, cioè, p.udo11 1 alla Camera. Nessun interesse su~eriore viene curato da loro, perciò noo ne sentono nessuno. Dopo tanti anui di retorica sulPitalia nuova, metà d'Italia, l'Italia borbonica, rimane nelle condizioni del passato. Vita economica feu– dale, vita morale medioevale, vita politica...• ministeriale, vita intellettuale quasi nulla: affarismo, camorra, maffia, incultura: ecco i) partito e ministeriale > in Italia, al quale larghissimamente contribuisce il vecchio le– gno di Napoli. Eppure JJ sono tesori di ver– ginità, Il la famiglia è robusta, Je abitudini di vita sane, la volontà del bene infinita. Ma non trova la sua via perchè tutto ciò che v'è di sano nel meuogiorno, non ha eco nella rappresentanza politica, espressione delle minorante corrotte. Chi è meridionale, e riesce ad accorgersi della miseria della sua regione, e soffre l'aria viziata della politica e ministeriale>, come si soffre una soffoca• zione, non può desiderare che o la fuga o la ribellione. Da giovine abbandonai per aieuni anni la Sicilia, e pur avendo a portata di mano be[j tre Università, preferii, contro il desiderio della mia famiglia, emigrare nel Settentrione. Pensavo, (e lo àicevo ai miei amici di Pisa): e Dalla nostra terra bisogna uscirne per un bel po', se si ama veramente. Tornarci bisogna, con forte e avendo subHo influenze rav,•i• vatrici, per rinnovarla •· Fui ,;, parie deluso. Anche la Toscana è per un buon terzo ancora... sotto il Gran• duca. Il paterno governo continua. Com'è dolce dormire, par che dica ogni buon to– scano; e vota per quel candidato che è affarista, ma fa le porcherie con 1111 cerio garbo; che è intelligente, ma non troppo arri'schialo di idee; che è popoldre, ma 11011 si scalda. 1 e ministeriali > ci sono anche 11: un po' diversi, ma ci sono. E ci son pur· troppo in tutte le regioni d'Italia. I « ministeriali » determinano in Italia un regime costante ora di piccole concessioni, ora di sorde resistm{.e a ogm opera di rin– novammlo dd/;1 IIO\tOm. lncerii, ambigui, avidi. Incerti perchè non hanno idee, ambigui perchè le affettano tutte {non ci sono fra i e gioliltiani •, ad es., ex partitanti di tutti i partiti ?) 1 avidi per sè e per le loro clien– tele. Con loro l'Italia politica precipiterà sempre pH1in basso. L'ordine che essi vogliono è la mmeua

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