La Voce - anno I - n. 10 - 18 febbraio 1909

pera straussiana; ne scopro e ne traccio i limiti. In rCall\ dentro questi limiti e supe– rate le nausee per questa obbligatoria ristret– tezza, nes<tuno pili di me sa gustare certi :ispcui dell'ingegno musicale di Stra11ss. Com• prendo anche benissimo come mai (oltre alle ragioni indifferenti alla musica) la musica di Strauss impressioni cosl vivamente, Gli uo– mini sbngliano, ma si può dire che per esser trntti in errore vogliano una buona garanzia di verità. - E dei veri isolotti nell'oceano in cui naufraga l'attenzione degli uditori, sono, per es., lo squarcio del Dolore umano, della ,l.i11{ad,' Zar,,J:mllra ; certi effetti del Don Gior:mmi, della Morie e Traif,gura;Jone, il preludio dell'opera GuulrJm; e ora in special modo, nella recentissima Eltllra, che è forse la tiUa cosa migliore, il primo a solo d'Elettra, 1I duello di riconosc1rnento d'Elellra e Oreste, il i,:;r.mdioso finale preceduto da un mirabile mommlo musicale descrivente l' attesa del delitto. :,Ola ciò non toglie che ntl suo lr,!lo l'opera strau~siana non resulti sbagliata e dop• piamente. Prima sbagliata esteticamente; in secondo luogo, perchll il contenuto a cui s' ispim non ha ormai che una ragione com– merciale d'essere sfruttato .. Giannotto Bastianelli. NEL 6IOHNDLl5MO TOHINE5E Ntll'uhimo numero io m'ero congedato dai mit:i lettori con I:, prome'4Sa, mi pare, di p::trlare in un pros,imo articolo del giornRle La Stampa, e in cuor mio sper;wo di 1>01erm:uttenere la promessa senz-1 11-K:ire d,1i termini di un articolo. Ma ripc:11..-,111do, m'Mv\·edo che a far bene le cose un ariicolo 11011 mi basta, ne farò due. Dividerò In materia, in modo che l'esposizione ac<JUi<tti in chiaruzn ciò che polrà perdere in bre– vità, e la di111ostrniione acquisti peso ed efficacia. Oel re!lt0 devo nuche dire che dopo il primo arti– colo quasi di preparnzione a tnlti <1uelli che ver– ranno poi, declicnto al Co,-,.iue ddlti ,Sera; ma app111110 per<'11t: di pre1>arn,:ione o di introduzione voluto condurrti sulle generali; se1110 io stesso il bisogno, for:.c come i pili intelligenti fra i miei lettori, di ntornRre un poco anche sul Corriere e tocc11recon 1)il1precisione i punti 11iquali fu soltanto itccennato, e specificar proprio le ragioni di certi giudizi che doveui dare e che a molli con molla stu1lefazìone mia non 1>arverotroppo bene– voli. Dunque p,ulando dc La .St«mpa, coglierò piU di una voh,1 l'occaslone di riparlare anche del Corrù,·e e farò, c1uando 1>0trù,una di quelle cdti• che par11lleledi cui si compiacevano i nostri vec– chi 11111e!<.tri di letteratura. I. La Slt1mp11 hR molti difetti. Eccone alcuni: il suo connubio cui 111111/i,,o di N,1poli i i contratti tele– fouici col sl/11lù1 di Parigi; l'emulazione commer– ciale col Cù11 ùu e della se, a; la nurncanza di una euergtca a,doue dirct1iv11. La Stampa, 11011 dis1>onendo ancora dei mezzi colo:;sJtli <.Id Corriere, ha trovato 1111 modo molto sem1>llre: dividere l'o1>era e IRspe~ con un gior• nale ru1polc1ano, che a Torino nessuno s' incari• ca di leggere e di cui pochi conoscono l'esistenza. Qu(;!ttO \ uol subito dire rhe La Stampa vuol fare il past.o due \"Ohe più lungo della J>ropria gamba. E 11011 è una btlla cosa. Un organo giornalistico si dc,·e evo'1,ere e crescere secondo una legge na– turale e propri11, organica e,1 intima, dinanii alla tJUah: ogni qu.i.luuque connubio prende apparenza <li m:urimonio ,iprove\·ole fatto per la ragion della dote. La Slt1mp,1 è come una -princi~ina eredirnria ancora minore1111e,alla quale il tutore abbia dato in fretta un marito nel timore che la rnua :.i llOS!la1>erdere. M:1 I., minorenne è ancorn delicata, e il marito le sforia ecces'iivamente il ventre. Acc:tdc che la figliolania 11011 è troppo robu– stn. C'è anche qualche 1110!-;trid:ntolo.Ecco qui il primo che ha preso il 11011\e di Pickwich e che 1'k:r01.1, per fununa, par morto e sepolto: ma per tutta un'cst11te, con certi ~uoi commenti alle pic– cole not1.tie del mondo, riusci a destare 11 ribrezzo del freddo o della <1m1rtanache iosse, in chi do– \·e,·a mili aprir La Jinmj>a se ~li cnscavano gli occhi su <1uelsuo nome sciagurato. Ricordi atroci, che credo siano ancora infilli negli animi dei torinesi (e son pur paiienli i torinesi !) come sul fondo di unA scatola di cartone rimangono inflitte per anni le farfalle di un bravo i.tude111eginnasiale. Un altro rampollo di questo connubio piemo11- test:•11•lf>Ole1a110 è Antonio Sc.uloglio, del quale LA VOCE però d1rtmo piU com·enientcmente in quella parte della nostra ri,,i:segna. che dedicheremo a illustra– re gli erculei con:1ti della St«mpa per trovare an– ch'essa il suo Barzini. E paJSiarno al connubio col ;l/ali11, ben più scandaloso. Tutti s.-.11110 che co~a. sia il 11/alù,: uno dei giornali pili letti, più t.hHusi d1 Parigi; il gior– nale della cronaca, dello SCdllddlo, del pettegolezzo per cui un processo lurido diventa un aHare di stato, t: per cui lo srnto diventa 1111 affare lurido. Si commette un delillo? Ecco uno, due, tre re– clallori speciali inviati sul l)0sto, a cercare le trac– cie del srrn~-ue, a odorare I' ambieute. 11daprire gli arn:adi, a odornre i comodini, e le tele piU intime che St/'111110 ripo,;tt: entro i comodini. Ebbene; per me~i e me~i e mesi la Stampa ha travasato in ca-.,1 sua i liquidi meglio fer– mentati di quella vagante latrina d, Parigi, e ha svegliato CO:-,l lentamente uel 1>ubblico il bisogno della cronaca giud1zi:ma <111otidia11a;onlle ora– mai la cronaca giud1z1aria è un pascolo necessario di ogni mattina e d1 ogni sera. La !)1dl1'pa è uno dei giornali, uon dico picmonteit nu italiani, che "-bbia con 1>iùinwudenia speculato sulla cronaca nera. Di un prO(CSSOi1a1irrno.essendo i fatti e le 1>ersonc 11011 'itni,1 <1ualct.einteresse per noi, am– metto che, coo molta di<;erezione e con molto garbo, dcbbn 1111giornale dar conto. ì\la di un deli110 ncc:uluto ali' Ilavre o a Metz, uessuno mi ,pers11aderfl che 1111 giornale italiano che si rispetti debba dar co11to a lettori italiaui che non sinno imbecilli, Il connubio col ~'ltuli11, unito alla voglia cli emulare i fasti del Ccn,ie,e, diede origine qual– che :\11110 fa a un' impres,1 veramente comica. Mentre il Co,, io r pubblicav,1 i telegrammi di llanini tr.werso l'Asia in RUlomobile; La ::.itampa per settinmiic e mesi fece ridere i polli di mezio Piemonte lenendo dietro col giornale parigino ai ruzzoloni del 1,icicJo di Pon .. e alla marcia delL'l Dion Bouton, la quale arrnncava ancora tra le sabbi!;" della 11tepp., quancto l'Itala di Borgese entrava stro111bc:1tandoa P.1rigi. l:n altro etletto della concorrenza col Cor• ,ie,e è l'eccei'>iv,1 11111>0rtaniadata alle cose inutili, ai tdegrnmmi ~ciocchi, alle curiosità sapo– rose, alh: volgatittl, olle porcherie. J\ pro1>osito delle qul\li, però, dol>biamo dire che r.a Stampa ha corrot10 il Cmrie,r fo1se piil che il Corrie,·e 11011 abbia corro11.1 I 11 .\"lampa. Il Lor, ir, r è stnto II lungo i11certose dare molla o J)OCA im1wrta11,:a ai proces,;i; poi, quando ha vi– sto che la .Wnmpa stava prendendo il sopravvento nell't produ,:ione di quella -.pecialità, allora s'è messo a imìtarln. li Co,, iur è anche diventato piU scompo3t0 uella materia, l)Ìll chiassoso negli annunzi, per ufta visibile infltu:nza della Stampa. Aci ogni modo il Co,, ,r, r è ancora molto supe– riore alla Slt1111p,1. in precb1one e genuinità di in– formazioni. I.a .Wamp,1 dà le notizie assai spesso racimolate ; il teldono di Parigi le manda molte notiiie che in redaiione divent;ino telegrammi da New jork; ma i cablogr.1mmi del Cor, iere sono \'eramente cablogrammi. l)i piU, la Stampa è il giornale p1l1sfoccfato che sia in Jt:1liariguardo alle present.ixioni dei suoi nrtkoli e dei suoi scrittori. e Prestntinmo uno splendido articolo del mera,•i• glioso sc.rillore che è NN•. certi che i nostri intel• ligentìssimi lettori ce ne s:mmno grati• oppure: e Quest'Anno colh1borerà alla .Stampa un Ber– J:'erel, che si è rivel.Ho come uno dei piil grandi giornalisti di I talla; un Borgcse, ingegno formida– bile• t: 1>01mag;ui una tesla cli c:aluceo. Queste presenti:izioni sono frequenti. Quando la Stampa mandò al , aid Antonio Scarfoglio, a 1>ro\'arne l'abilità cli 1aldma11, citò 1>e1:,iuoun articolo di lui sulla camorra nal)<ll~1a11.-, un capitoletto di ro-, manzo fatto a ta,·olino e che manco a farlo ap– posta ri,·elarn nt-llo Scarfo1itlio la completa assenza di c1uella felice Ilote dcli' improvvisatore che ha Hanini innan,:i ai faui e alle co,;e. E si ,·ide in– fatti che cosa rurono i 1eleKran11ni e le le-uere dello Scarfoglio. O,1 qutslo poco che abbiamo dello già traspare la nrnncanza nella .'.itt1mpa di una mente direttiva geniale e or<linatrice. E purt: un certo programnm il l;-rassati se lo è 1rncci:i10; ma è il programma. prima delle 50, poi delle 100, poi delle 150,000 copie. Un progran1111a 11011 dico facile, 11011 dico semplice; ma in 01,:nimodo di 1111 ordine molto inferiore, perchè 11011 ri-.olve se 11011 un problema d'origine evidenH:111e111e personale, senza risolvere gli altri che sono ver,1111cutequelli che hanno bi– sogno di essere risolti. Il fine della Stampa è un fine economico e di cliflu,;ione; ma i mezzi non hanno uemnu.•no il pregio della invenzione. La .')/ampa ,·a die1ro al Co,, ir, e. Si limita ad ap– pro,·are e a ratific-are tutto ciò che fa il Co, riere. Gli fà Ullfl r~ct.m1e non <.li 1>arole ma di fatti. Il giornali<,ta italiano che più di ogni :\ltro ammira il Co,, io e ddla .'><11t 11011 è l'J\lbertini, è il Fras– sati. Per l'J\lbtrtinì il Gn,ihe t un fdtto, per il Frassati esso ~ un ideale. Il. Per raggiungere questo ideale la Stampa avrebbe elementi ottimi. Anii la .Stampa è un quotidi:,no provvisto d, tali collnhoratori quali nel complesso, non può \'antare nessun altro quotidiano in Italia. Nemmeno il Co,, ie, e, Il Co, rine ha, con gran vantaggio su tutti, un Buziui, questo piccolo Mer– curio grazioso e veloce, che passa con le sue va– ligie in mano, dal ponte di un trnnsatlnntico al wngnn-lit di un es1>re~~; e che può nnche consi– derarsi come una clivini1;\ in un cielo nel quale l'Albertini è un Giove tonnnte - coi fulmini tele. grafici e tt'lefonici - e Ada Negri è Giunone, con le 11mabililu-.inghe di una 1>ennache qu:\ndo scrive J>rosa ha già il merito incontestabile di non scri– vere versi. Ma a molti a.Itri colla.boratori del Conien la Stampa pub opporre i suoi, che non \'algono meno. Si può anzi fare una specie di parallelo non pro– prio classico, tra alcuni scrittori del Co,·,-;~, e, e della Stampa che si as,ornigliano e si equivalgono. Fac– ci..-ruocf' addirittura uno sui duf' corrispo11den1i da Londra, Be\'ione ed Ernanuel. Essi paiono due fratelli si11mesi.Se fosse possibile farlo, come facile dirlo, mes5i l'uno t: l'altro sui pia11inidi una. bilan• eia farmact:uticn, scelta fra le più sensibili, essi due darebbero immagine della equi\'alenza di due pesi leggeri. E curioso tener loro dietro e vedei· come si di\'ertono, .irticolo per articolo, a fare una specie clialtalena sul pernio molto resistente della docilità e della bonnrietà e nnche dcli' ignorania del pubblico. Diciitmo il vero: di nessuno dei due è facile dir 111,11~. Dopo tutto, essi sono se1nplid, ingenui è biwgna J>ensare che (,111110 tutto quello che J>Ossono e danno al meno il dop1>iodt quello che hanno. Vanno d'accordo J)Crnece,;si1à d1nnimi e parili\ di ingegni e unirormirà di vita e CO!';ltm1i. Li direste due camerali che la mnt111111 si diano 11 buon gior– no e la sera la buona notte, s,•egliandosi e nddor– meutandosi nel letto matrimoniale della medesima boa, dù,g housr, sul cui comodino lasciano aperto ogm sera lo stesso rom:\nzo. De,·ono a\'ere nE:i princip:\li l\lusic-llalls due poltrone vicine, perchè le gambe e le nmmmelle delle cantatrici e delle ballerine si oHrono ai loro occhi nella stessa pre• cisa visuale svtgliando pili di una volta nelle loro molecole cerebrali la fregola del medesimo Rrti– colo. L' lnghiltcrrn è cosi g1:1nde, Londra stessa è così sterminata che a due uomini di ingegno !-U– periore e non sprov\·i,ti delln facollù di cercare e osservare lf' cose ron indiptndenza e originalità dovrebbe riescire impossibile, incontrarsi piU di una volta il mese, non dico con le intelligenze, 11111 con i gomiti, fos<;eper 1>ochiminuti in uno scom– partimento del tub ,•olante nel sottosuolo dall'una all'altra staziont', l\la quei due sono quasi sempre vicini, dandosi l'un l'1thro la mano, come due bravi r;igazz:i ubbidienti ai con~igli e all-1.consegna dello ste<iso mrie.,tro. L'ora e il minuto in cui di– nanzi all'uno di es.. i un cameriere qualunque sol– leva col braccio la portiera oltre la quale è il perso– naggio celebre dd momento da intervistare, l'uscio si apre cd è l'altro con l'intervista bella e fatta che esce. Una stretta di mano e i due si scambiano il posto. Fnnuo così nuche i biri1bi sull'altalena; fauno cosi anche <!ue 1a(,111i dei quali l'uno sazio e rigonfio per il molto succhinre a un punto, dando liii crollo la beslin, cade e sulla striscia rossa di sangue l'altro accorre c,m1e a suo termine fisso e SÌ J>OSfl. Queste corris1>011de11zepiccine e pettegole da Londra, delle quali il Co,,ie,e si co1111>iace per– chè sono sue, e la Sln111pn si compiace perchè sono anche del Co,·, ie, r ,-da Londra, cioè da una delle rocche titaniche della civih!l moderna, se debbo dire, a mc d:111110 1111maginedi un moscone, che fac-csse il giro del mio studio e sbatlts.se le ali su• gli spigoli delle ,;ransie e sull'orlo del calamaio e volesse poi dare a intendere ai mm1coni :,uoi fra– telli e Ceppercllo • chi ~ e clu non è. I più degli articoli di Ucvione e di Emanuel 11011 c'è proprio bisogno di vivere a Londra per scriverli. Che il pubblico torinese ~ mila:11: .. ,e non se uc accorga; che specialmente il direttore <ldl:-t .Slampti creda sul serio di avere 1111 corrispondente d., Londra e non piutto!lto <111 nnn c111nl1111c1ue società it11tianadi lettura e di coltura, è 11110 di quei fotti cosi gra• ziosi e in fondo in fondo co~l innocenti che sa– rebbe ingenuità voler criticAre co11 troppa insi– stenza .... Vedremo <111es1'altrn volta che cosa ci sia di buo– no e d1 bruuo, di rornmendevole e di riprove\'ole, in alcuni :thri scrittori della .\lampa, quali Enrico Thovt'z, J•raneèi('O Pastonchi, G. A. Borgese e forse qu,,lche altro ,mcora. Qut.stt essendo uomini di ingegno 11011 comune, do\·ren10 necessariamente dimostrarci verso di loro molto piUseveri di quanto potemmo e:-,sere verso persone di mgegno molto minore. J\tl ogm sdvaggina il suo piombo. Cl:WPHKELLO. Bibloteca Gino Bianco LETTEREGINEVRIE OJne,•rae I' llalia. Sono capil.ttu .1 G111eH,1,..,r :,ou t1ua111:1 due me– si, proprio nei giorni in cui ricorreva l';mniversa• rio dell' Escal,1de, di quella r,,mosa scalatn che contro di es-.a ten1aro110, l,1 notte dell' 11 dicem– bre 16o2, i Savoiardi, mandati tli soq>resa (s' er:l in tempo di pace) dal duca Cnrlo Emanuele 1>er arraffare di nuovo 1111 dominio che 1t, Rifornu, aveva tolto alla sun ,•ecchia casa. Gli IIS$alitori non eran molti; camminarono, tutto il giorno, coperti di (erro, entro le boscaglie che costeg– giano l'Avre; a notti;", 1tppoggiate le scale alle mura <ti poncnle, le -,c,walc;1ro110,popolando co-, me fan1asime, nell' a1>J>e11a rotto silenzio, i b► stioni. Ma le :.entinelle dt'tttr \'OCC, le campane suonarono, accorsero borghesi e soldati, e, dopo molti eroici episodi che le canzoni ancor cantano e che innumerevoli dipinti e stan11>e,esposti an– che quest'anno nelle vttrine del librai, ingenua– mente illustrano, i S,woiardi furono conciati senu misericordia, tanto che pochi dei loro riuscirono a salvamento. Così è che i ginevrini, ogni anno ditgli undici ai tredici dd dicembre, fan (ec;ta, 1i– rnn fuori dagli .1trnadi i vecchi CO:-,ll1111i di guar– die civiche, d1 arclubugieri, di si~nori e di sacer• doti e muovono in procc.>ssionecon ca11t1 e suoni guerreschi pt:r la città. l.n <111alesembr,1vi piulc.– cipi tutta qunma: il grnve /0111uni de Ce11i:i1c trnscrive le relriiioui <h:lla i,:es111, dt1lla prim,1 cro– naca ufficiale al rnccouto di Auntole Frnnce, in– dica minutamente l'ilinernrio del corteo e St'gnala ogni particolare, ns,;icurandoci d1e ,. sera e un corpo di guardie bivaC"C"her:\ nell11pi;1zz.-. princi– pale della città, tra fuochi e torce fomosc. Gli archibugieri dcli' epoca v1 monteranno la gunrdia e faranno la zupp11•· D01>0 tutto, è un carnevale in a111icipazione, Ric.ordo d'a,•er \·eduto. nella n<-bbia delle vie, in– solitamente :\Holla1e, una quantità di m:tschere malinconic"mente chiassos~, e una maschernta te– mo sia riuscito anche il corteo. T.uuo frastuono, anche se atlesta un certo attacc:imenlo 111 pa~.1lo sembra contrastare con lo spirito calmo e riHes– ,;ivo che stende qui un velo su tutte le cose. s, è che questa non è la vern e proprin (e~tn ,m,:ionale ginevrina. La festa na,:iouale, l'ha detto un mese fa Phili1>pe Monnier 1111' rllhe11ée, In uua di quelle sue argute causuies sulla Giuèvra di Toepffer che riescono una storia della cultura europea della prima metà del secolo scorso, è o è s1at11,piuuo. sto che l'Esca/ade, la premiazione della gioventù studiosa alla chiusura delle scuole: la premiazione nella cattedralè, presen1i le aulorit:\ e presente tutta la Gine\'ra colta, con canti sacri e con un sermone del pili autorevole pastore. Certo, a Ginevra 11011 sono mancate le passioni e le febbri politiche e religiose, ed è bene il paci– fico Amiel che ha detto dei ginevrini: l.,t;ur pii• «1 b.t,aillcu~ t1 r•rcmenl U..•rme. Il, t'Cl?lf""ttCnt ,..u,ourt cl pour 1ie11Cl pour 10111 ="un so ,.,: 11fuv1..'V \.O.,., 1u11ur,1~utto la cenere, e se la uuova legge di se1>ara1:io11e tra stato e chiesa sia per ria1ti1z.1rlo; finora 11011 si direbbe. l\la so, e questo mi basta, che uelle 1tulc dei col– legi e delle chit:se, persi!!te 1111a trndizioue di stu– dio austero e mondano ad un tempo, la quale s'inizia coi teologi umanisti della Kirornm e si continua atlraverso il secolo XV111 e lii pdma metà del XIX coi naturalisti dn gabinetto e da salotto, con gli economisti che per la questione òel commercio dei grani non dimenticano I' uffi– cio domenicale, con gli eruditi che sanno lii.scor– rere piace\'0lmente di una v1mante di Catullo e dell'ultimo romanro uscito a Parigi: cultura rcH– giosa e umanR che ospita le idee forestiere e sa– viamente le tem1>erlf. e In nessun luogn, scriveva il Sainte-Beuvc in una delle s11e Cmurriu d" L11r1di, in nl!ssuu luogo forse, ecccttua10 Edim• burgo e risalendo qualche anno :1ddietro. si sa• rebbe potuto tro,•ar rmnttì, m cosi breve spazio ed in <.-ondìiioni di società CO!'li r.,vorevoli, una così grande varietà di spiriti, d'i11gegni ed' illee, una culturn cosi sever,,, co~I completa e cosi ono– revolmente disinteressata di ltllli i mmi dcli' in– telligeuza, un insieme rosi superiore, co~ì ilhuni• nato, così q11ietr11ne11te animato, cosi onesto •· In nessun luogo? Qu:1lcuno peusertl all11 Toscana fra il '20 e il '60, alla Toscana del M:trchese Gino; e a ragione; il riavvicinamento 11011 i- casuale. Gi– nevrino di padre erniil Vieusseu'\'.; :t Ginevra il Capponi a\ 1 e\ 1 u dimorato qualche tempo, e tanto lui come il Lambruschini ed altri vi contavano amici carissimi; di là erano venutè. t.•ome dalla Francia, le nuo\'e idee religiose , :. fare dell' All– tologia una rivista dav,·ero moclt>rna giovò :tnche l'esempio della BibliotMl/ue t ·,m•o-sdlr. Sem– plice restituzione; perd1è a fornure quella mo– derna cultura ginevrina e unn co,t pac:\ta e acro• gliente disposiiione di ,pi rito ern entrato, fin dalla prima immigr;izione delle famiglie lucchesi al tem-

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