Vita Nova - anno III - n. 12 - dicembre 1927

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lf - .. \. • .. • - Bologna .. . ·.è Qpe to pu blico alle ore ·7 alt iJ -e 4 di _ogni giorno:. . ~ . . .. . . ' . . . . . . , ' . . . . . . : ..E .· te . · ·· -·ban· e .. "' .. " .... . . . ' . , . . . . .. .. . .. .. . . . . . -. . . .. , . ri , • na untabi e ; con se · zio peciale per . - _ · o · · ension : \renien· ·i. e p r muti- ... . .. ·~ d n ··. . ~-og · · e as i (s i i · ol11pleto. ) . . . . . R • , . ' , . • >. r • • • • : ·.· . i· ·g ·a ·, pi· .mo erno, p·, comp e. ,. fra g~i' esistenti . ,; . . · · . · . . 4 . Oalf e f · a bag · o e ~a .iere·; par- · ~ ···., ·é i e e . sa ,.- I • . " ' ... • O I . . . ped· . ; water closets; .- . . · grafi · · -Telèfoilico • • I o . ;. . a tutte le orè • . . . · .cl . bacchi nazionali ed esteri

• • .. Conto corrente con la Posta Pubhlicazione mensile illustrata dell'Università Fascistadi Bologna . ·Fondatore: LEANDRO ARPINATI / Direttore: GIUSEPPE SAITTA· Direzione e Amministrazione: CASA DEL FASCIO / BOLOGNA / VIA MANZONI, 4 / Telefono 4-52 • I Per inserzioni di pubblicità nvolgersi ali'Amministrazione della Rivista ,,.. • ANNO III. Numero 12 ABBONAMENTO ANNUO L. 50 / ESTERO L. 100 NUMERO SEPARATO L. 5 , . . . DICEMBRE 1927 (Anno VI) EDITA A CURA DELLA CASA DEL FASCIO DI BOLOGNA ..

,. , , ' . . . . .,,. • SOMMARIO LA DIREZIONE - A i lettori ed abbonati . . . . . . . . . . . . . • . LEONARDO GRASSI - Francesco Crispi: la vecchia e la nuova Italia . . . ITALO CINTI - Il pittore fimleto Montevecchi . . . . . . . . . . . . . ANGELO PIERO SERENI - Verso Campoformio . . . .. . . . . . . . . CARLO CURCIO - Il cittadino è nato . . . . . . . . . . . . . . . . . RINA M. PIERAZZI - Le rose delle Clarisse . . . . . . . . . . . . . . . A. R. TONIOLO - La geografia e la scuola italiana . . . . . . . . . . MANLIO M. Rossi - Minerva a Locar.no . . . . . . . . . . • • • • , · GUGLIELMO BONUZZI - Nei cantieri della " Direttissima ,, Bologna-Firenze DELIO CANTIMORI - Germania giovane . . . . . . . . . . . . . . . FEDERICO BRESADOLA - La crisi e la reazione del labourismo inglese . . . • • • • • • • • • • • • • •• • • • • • • • • • • • Politica estera: G. M. SANGIORGI - · Politica interna: CARLO CURCIO - Politica coloniale: UGO BASSI - Politica scolastica: VINCENZO CosTANZI - Economia politica: GIACOMO DONATI - Commercio: FILIPPO GALLI - Cronacafinanziaria: UGO MARCHETTI - Letteratura: G. MANZELLA FRONTINI - Filosofia: ARMANDO CARLINI - Arte: ANGIOLO GIORDANI - Folkloree poesia dialettale: UMBERTO BISCOTTINI - Aeronautica: GIUSEPPE MoRMINO. - 'l(ECENSIONI . . . . ·. . . . . . . . . ., . . . . . . . . . . . Studi sul Mameli - M. MISEROCCHI Soste sui mari ·_ lettere di Abelardo ed Eloisa - F. Picco - Il cavalier Marino - ÀPULEIO - l'Asino d'oro . . QUESTIONI DEL GIORNO . . . . . . . . ~ . . . . . . . . Il fondamento di vero e l'errore fondamentale della teoria lombrosiana - Colloquio col prof. Mariano L. Patrizi (DANTE MANETTI). ~O/ E GLI fiLTRI .. . . . . . . . . . . . . . . . . - . . . . Spunti polemici: Un critico del!' idealismo ~ Per l'unità degli spiriti - Il caso del prof. Fagella (RusT1cus). . FRA LE R·JVISTE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . · · Note ed appunti di UMBERTO BISCOTTINI. ' ECHI E COMMENTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . • 4 L'associazione insegnantifascisti ~ Gli amici prudenti - Il De Africa del Petrarca - Municipalismo ~ Beccamorti in _giro. VOCUMENTI 'DELLA STORIA DEL FASCISMO . . . . . Relazione del Duce al Consiglio dei Ministri. , 1?,IVISTA MENSILE <JJEGLISPORTS (G. BARBACCI). . . . . LEZIONI 1JELL' UN/V ERSIT À FASCJST A iblio eca G·no Bianco _ .. pag. 783 » 785 >> 788 » 795 » 800 » 802 » 804 » 807 · » 810 » 814 » 816 » 818 » 837 » 840 » 846 » 848 » 850 » 85 l » 852

) - A.I LETTORI ED ABBONATI .. La nostra Rivista, ·che col prossimo gennaio entra nel suo quarto anno di vita, non ha -nulla di nuovo da promettere ai suoi numerosi lettori ed abbpnati : Essa che si è conquistata laboriosamente una sua personalità vigorosa nel campo della cultura ., e della politica del Fascismo, proseguirà a svolgere con -maggiore intensità e con ar~or:e combattivo il suo programma inteso a contribuire ad una sisterpazione sempre più or- • ganica e più robusta del pensiero fascista come identico collo Stato fascista. A questo ideale V1TA Nov A non verrà mai meno, anzi Essa continuerà ferma e risoluta la sua buona battaglia, anche se talune zone grigie del partito fascista si rifiuteranno ancora di comprenderla e la combatteranno aspramente. ·Perchè Essa, consapevole che il suo spirito s' identifica con lo spirito del Fascismo bolognese, non si lascia sedurre da altre 1 correnti politiche o apolitiche, ~he hanno cercato e cercano di aggiogare ai loro fini estranazionali l' idea fascista quale vive e si sviluppa nella mente del nostro Duce. VITA Nov A ha co!Ilbattuto e continuerà a Combattere per l'autonomia assoluta . dello Stato fascista. Questo costituisce il suo ideale e il suo ·programma, e quindi la sua ragion d'essere· e la~sua forza. · · Pertanto ci rivolgiamo a tutti quei nostri camerati che sentono e coinprendono la funzione che ha la nostra Rivista• nell'economia del .movimento fascista, perchè essi . mandino subito la loro quota ·d'abbonamento e sollecitino i loro conoscenti ed amici ,, a fare altrettanto. ~ Prèzzo d'abboriaffiento Interno Estero • • • Biblioteca Gino L ne • • • • • • • • • • .. per- il-1-9·28: • • \ L. '' 50 100 •

,. 784 LA DIREZIONE Si fanno abbonamenti comulativi con altre riviste e giornali fascisti e si accettano abbonamenti soste11itori di L. 100. ' 'f utti i nostri abbonati hanno diritto allo seonto del 30 ° o sulle pubblicazioni edite dalle Case VALLECCHI di Firenze e LANuovA ITALIA di Venezia. Coloro poi che procureranno almeno einque abbonati, hanno diriuo di ricevere gratuitamente la rivista per tutte I-' anno 1928. • I , LA 1JIREZIONE , Camerati/ . Abbonatevi Olla Riuista CRITICA FASCISTA, diretta dall' On. Giuseppe Bottai e O.I quoti- . .. diano IL TEVEREdirettQ da Telesio lnterlandi ,; ' I • • ,. ... Biblioteca Gino • 1anc .,

Frartc~sco Crispi: la vecchia e la nuova Italia L'ora della giustizia è sonata da -un pezzo per Francesco Crispi, e la celebrazione che ne fa oggi il Governo Fascista costituisce un dovere di riconoscenza nazionale, oltre che un atto di piena consapevolezza del proprio compito e della missione del1' Italia nel mondo, che il Crispi con ardore di apostolo predicò. « L' antjco esule irrequieto - dice il Volpe ·--·- sempre ·in fermento, era persuaso che orm•ai fosse legge per tu:ti partecipare alla gara per più ampi commerci, per nuove fonti di lavoro e di ricchezza. Ma si fissava specialmente sul Mediterra- -neo, in quanto volesse dire sicurezza navale del-- I' Italia, espansione economica, civiltà da diffondere, tutela dei nuclei italiani disseminati lungo le sponde di quel piccolo e grande mare. Per questi scopi, egli coltivò l'amicizia dell' Inghilterra, fu triplicista convinto, cercò di divergere il pensiero degli Italiani da Trento e da Trieste. Anche perchè vedeva utili compiti dell'Austria di fronte al mondo slavo e sentiva il pericolo, l' inutilità di una politica di pro-- vocazione verso la duplice Monarchia, fiancheggiata dalla Germania e destinata, da ultimo, a sfasciarsi da sè. Forse primo fra gli uomini di governo della nuova Italia, Crispi ebbe alte ambizioni per la sua patria risorta; le additò, credette di poterle imporre alte vette. Mazziniano di origine ed unitario fino alle radici, egli era di quelli che, anche durante il Risorgimento, consideravano l'unità, essenzialmente, come mezzo di potenza. « Questo statista ha il concetto più alto e più forte dell'unità italiana, che è l'amore, la fede, la religione della mia vita » - scriveva negli ultimi suoi anni Giosue Carducci, cogliendo con queste parole il vivo e profondo dello statista siciliano. - · In tempi di avviamento alla dissoluzione statale, Cri- _ spi rappres~ntò l'unico argine saldamente costrutto ed opposto alla montante e fangosa piena. Ma l' argine fu spezzato, la trincea sommersa, la resistenza travolta, e il parlamentarismo fu l'unico criterio di governo : il parlamentarismo o la politica del giorno per giorno. Il gigante caduto alla fine venne sostituito dal volpone, annusante a tutti gli angiporti di· Montecitorio, uasto come l'Italia intera, a tutti i venti fidi e infidi, soffianti da tutti gli angoli del . plum~eo cielo dell'opportunità. E fu il giolittismo; ma anche lo stato nella sua. ratio fu. E venne il grando travaglio della sua crisi, e la guerra democraticamente condotta, e la :vittoria non difesa nel suo spirito e diplomaticamente perduta, e il rigurgito delle passioni faziose inferocite in un sogno di vendetta, da cui il 28 ottobre del 1922 ci salvò. Ma riconquistato il concetto di Stato noi abbiamo riconquistato l'anima del nostro grande Siciliano. E quasi ci sembra un solo abbraccio quello che ci tien saldi al nostro posto di cittadini in un consapevole sfogo di disciplina, e quello· che ci avvince al suo fiero cuote di soldato e di apostolo, in_uno slancio entusiastico.di amore. Riconquistato il senso e il concetto. · di autorità dello Statò come equivalente a quello di libertà della Nazione, era nella natura delle cose che la catena spezzata riattaccasse e rinsaldasse i suoi anelli, e la nuova storia si trovasse come preformata e sotto un certo rapporto anticipata e posta nel1'opera del Crispi. Insomma, questi, ardente democratico, ma nel culto della patria vivente e operante, e per questo culto combattuto, vilipeso, trascinato nel _fango, eppur in questa sconfitta tragica tragicamente ergentesi dalla cintola in su dalla fossa dei pigmei che gli mordev~no le calcagna e lo inzozzavano, alta la fronte rupestre, dritto lo sguardo come di marino _adusato a tutte le tempeste, che scruti il lontano orizzonte di fra le folte e aggrondate ·sopracciglia : Crispi, dico, è un lucido simbolo, che sdegna ogni commento ed ogni rettorica, d'una vita sacrata fino al sacrifizio, ali' idea e alla grandezza della patria. E questa è la sua immortalità e la sua gloria. Ma Crispi rappresenta qualcosa èl' altro, di diverso al nostro pensiero di storici. Egli ardentemente democratico, come si è detto, ma ancor più ardente assertore dell'autorità dello Stato e dei fini ,della Nazione, immanenti in ogni vero atto di governo, esprime la necessità del superamento e del1'inveramento delle sue astratte premesse ideologiche. Approfondire il concetto di popolo arbitro del proprio destino o ritornare indietro al concetto d autorità assoluta di origine divina e trascendente- /

786 LEONARDO GRASSI mente posta : ecco il vivo del problema storico, nel crazi~ cavallottiana, alleata col pavido conservatotravaglio della cui soluzione ci troviamo. Problema rismo, gli aveva mosso nel paese. Esso veniva esalstorico che certo il Crispi non si poteva proporre, tato come grande italiano, cioè una cosa sola con perchè egli statista era, uomo d'azione, soldato ed l'anima vera della patria. come l'ultimo grande uomo apostolo, non filosofo o storico. Piuttosto che avere di stato italiano e autentico uomo di governo, cioè un problema teorico davanti, egli stesso colla sua capace di volere, di iniziare, di fare,_senza paura, , azione, come ho detto, fu un problema, è il nostro senza compassione, senza compromessi » • problema, quel problema che cominciò a turbare ed t vero che anche sotto altre bandiere si racco- . · · assillare le menti delle nuove generazioni. Negli ul- glieva quella giovinezza irrequieta: quella di revitimi anni di sua vita che il Crispi visse in solitudine sione critica del marxismo con a capo Antonio Lanella povertà e nell'abbandono, accasciato dalla trage- briola, quella neo-idealista in aspra. battaglia sotto dia nelle sue carni di vegliardo, ma non domo lo spi- la guida del Croce e del Gentile, anche quella futurito vigile, quelle crescevano già commosse da tanto ristica, che se non toccava per allora la politica ad spettacolo .. I giovani cioè sentivano, chiaramente al- essa era molto vicina, incitante a rompere ogni tracuni, confusamente altri, che quell'uomo che si av- dizionale schema, e a vincere conl'accademia aÒche viava alla tòmba era di tutt'altra statura dagli animi ogni pigrizia del pensiero e della volontà. Insomma, di Montecitorio, che esso era della razza dei giganti per servirci ancora una volta del giudizio del su cie gli altri dei pigmei ; sentivano che esso era troppo • · tato nostro valente storico, « era una (Ìio1'ane ltalta grande perchè quell'Italia troppo piccola, che aveva che si affacciava più seria, più assetata di coltura, sentito il suo sprone, potesse comprenderlo e seguirlo, più capace di vivere i suoi problemi, più amante di .troppo piccola e meschina e piazzaiuola· e pettegola coerenza, più. volta alla sintesi, più sostanzialmente · perchè appena potè rovesciarlo di sella, non lo di- italian~, anche se attraverso atteggiamenti negativi, lapidasse. E al di là della sua figura vedevano splen- che erano pur essi tappe o momenti necessari del · dere il sogno di una rinnovata grandezza, d'un av- divenire. Gli uomini partivano da interessi e da preocvenire inconfuso di speranze e di promesse. cupazioni .diverse: la filosofia, l'arte, la cultura, la Questa ideale germinazione, questo spiritu~le politica, la borghesia, il 'proletariato e finivano con rinnovamento, che s'inizia· dal fatale 4 marzo del 1•allargare più o meno la loro visuale, con l'investire 1896, segnante la catastrofe parlamentare del Dit- tutti quei problemi ed agire in qualche modo su tutti : ~ tatore, trova uno dei suoi più importanti focolai nel- con lo sfociare nella unità della nazione, nel riconol' incipieµte cenacolo nazionalista che si costituisce scimento della nazione ». attorno al Leonardo e al Regno, ai primi scritti del Ma insomma fra le due ltalie campeggia la fiCorradini, ali' ancora oscuro e misconosciuto Oriani, gura di Crispi. E o si partiva da lui o a lui si aniche solo, o quasi, ~veva salutato fra il 1880 e il '90, vava, anche se ci si arrivasse provenendo da poli l' inizio della politica coloniale e si era schierato poi, opposti del suo pensiero politico o da quei « nuovi assieme al Carducci, a fianco del Crispi, nel mo-. problemi che egli non intese e che perciò non domento vile, nel tenebroso giorno della patria, quando minò » chè « per un altro verso, fu un anticipatore » l'Eroe cadeva · · (Volpe). E da un certo punto di vista si può dire tt l t ·J l duaque che q·uesta ~io1'ine Italia non facesse che . . . . so o a s rt u a 'd Procella d' onte che non fur più mai. riflettere sul carattere dell'azione dello statista sici- « Egli era morto _da poco - nota ancora il Volpe ~ dopo passati in abbandono e povertà gli ultimi anni, ferito dalla condotta del sovrano dopo Adua, amareggiato dalla mala fama che i suoi av- ~ versari gli avevano fatta e dalla incomprensione dei più, ma tutto chiuso nel suo sdegnoso dolore. E già dava segno di rivivere e di guidare nuovamente l'azione dei vivi; già si perdevano nella lontananza gli echi della rumorosa caccia che la dem0Bib.lioteca G. o Bia co liano, a separarne l'elemento contingente e caduco, e già morto, da quello immortale e vivo ed or palpitante ed assillante nell'anima nuova dei giovani; ~ riflettere sul suo pensiero politico ed eliminarne le soprastrutture dal clima storico in esso accomulate, per estrarne il nucleo profondo, l'originale e sosta~- ziale sua virtù. In tal modo la statua del grande veniva purificata da ogni incrostazione e ridata alla storia nello splendore delle sue linee armoniose. Perciò l'ombra sua grande eh' era dipartita è

,,. FRANCESCO CRISPI : LA VECCHIA E LA NUOVA ITALIA 787 ritornata e ritornerà sempre ad ogni ridestarsi della coscienza della nazione. Ed essa venne ad assistere ali' impresa di Tripoli, tripudiante per quel primo, promettente risveglio, e fu con noi nel travaglio penosissimo della nostra neutralità, e durante la guerra e nella crisi del depo guerra ad ammonire ed a spro ... nare, sorridente benigna e paterna ai combattenti, corrucciata e terribile ai reggitori miopi e fiacchi. E quando essa ombra venne, in noi che fummo di quei giovani pensosi nella tormenta vile che lo tra ... volgeva, sussultammo di gioia. Molti di noi l'ave ... vamo conficcato nelle carni il vegliardo glorioso, come sostanziale parte di noi, sangue del nostro sangue. E quanti eravamo siciliani aggiungevamo a quel sacro fuoco d'entusiasmo ~uello che divampava dal1' orgoglio di ·saperci suoi conterranei, figli della stessa isola segnata dalla passione, dall'ardimento e dalla sofferenza. ~ lo lo ricordavo e lo ricordo - e ne ho una: vi... sione che, a tratti, assume vivezza allucinatoria -- nel declino della sua vita a Napoli o affondato nel suo landau alla passeggiata pomeridiana di Chiaia e Caracciolo o al Sannazzaro nel palchetto di cicloide di seconda fila a sinistra,' intento allo svolgersi dell'azione drammatica, colla mano destra facente schermo agli occhi della troppa luce. E . non è a dire come il mio cuore battesse a quella visione suggerente un senso di forza serena e invincibile analogo a quello suggerito dalla quercia possente. Era dunque lui, quel vecchio severo, il leggendario cospiratore, tess~nte la sua rete da Malta ·a Londra in continuo contatto con Mazzini e Fabrizi, ne' dì pieni diJati ! Era proprio lui quel Manuel Paredo, cittadino della Repubblica Argentina, come suonava il passaporto fornitogli da Mazzini, che, eludendo la sospettosa polizia borbonica, penetra in Sicilia nel luglio del '5 9 e vi resta 3 5 giorni, su e giù per tutte le città e cittadine sicule ad incuorare gli amici, a dare istruzioni, ad insegnar loro nuovi • modelli di bombe, a stabilire la data del 4 ottobre per lo scoppio dell'insurrezione in Palermo; e poi ritorna a Londra, ripassando da Firenze, per mutare connotati e passaporto, onde trovarsi a Palermo nel giorno fissato. E la delusione e il profondo accoramento suo, quando, di ritorno a Messina, apprende che il mQto è rimandato ad epoca da destinarsi I Ma egli non ,si perde d'animo ; ed eccolo a Modena a conferire, presentato d~l Fabrizj, col Farini, dittaBiblioteca G. Bi neo tore dell' Emilia, per un progetto d'invasione della. Sicilia con un gruppo di volontari garibaldini da raccogliere nell'isola d'Elba. Eccolo a Torino, a parlarne al Rattazzi, ad avere fastidi dalla questura, cui dovette dimostrare d'avere la cittadinanza americana ; eccolo a Genova il 20 febbraio del '60 ·con Rosolino Pilo e Agostino Bertani a scrivere a Garibaldi che si trovava a Caprera -e chiedergli aiuto per l'acquisto di fucili e pel noleggio d~un bastimento, che dovesse trasportarlo in Sicilia. Ed ecco il ·4 aprile : i Francesco Riso con una mano afferra e tir~ la cam-: pana della Gancia e con l'altra sventola il tricolore. i Colpito da tre palle ali' addome ed una al ginocchio l egli stramazza al suolo, ed esala l'anima eroica, gri-: dando : Italia ! : 1 I L'insurrezione palermitana è doma, ma d'allora·'. la figura del Crispi giganteggia sempre più sublime i sul fiammeggiante orizzonte della rivoluzione sici- .. liana. Garibald.i tentenna, vede fosco, fa previsioni-~ catastrofiche; Medici lo dissuade, ed ecco Crispi a realizzare il suo sogno giuocando di aud-acia, a forza; · di audacia, puntando, disperato giocatore della pa--; tria e della libertà, sul destino, donde la mistifica-~ zione eroica de] telegramma a firma di F~brizi da , lui redatto che persuade e fa decidere ali' impresa i il Liberatore. Oh ! era proprio lui quel vecchio se-1 vero, che se ne stava là a sentire le mediocri" vicende· di mediocrissime,vite in un un dramma francese, lui~ che aveva suscitato un'epopea leggendaria '. Quando, novello Procida, · E più vero e migliore, innanzi e indietro Arava ei l'onda sicula ; Silenzio intorno, a lui su ' l capo il tetro De le borbonie scuri Balenar ne ·i crepuscoli fiammanti ; In cuore i dì futuri, . . Garibaldi e l'Italia: avanti, avanti! I } Sì, i versi del poeta salivano alle labbra dal cuore profondo, come alle labbra salivano le parole della lettera famosa in cui lo stesso Poeta consolava - I' Eroe delle ingiurie sofferte, dicendogli che solo l'oltraggio e il fiele alla sua grandezza mancasse, e questo elemento di gloria alfine gli fosse dato. Ma oh, con quale gioia, in quale interno tumulto, i versi e le parole del Poeta risalirono ancora dal nostro cuore quando i tempi furono maturi e l'ora battè sul quadrante della storia e l'ombra grande ritornò indigete nume della patria, a proteggerla ! LEONARDO GRASSI , .. '

IL PITTORE AMLETO MONTEVECCHI Montevecchi è la mobilità. Ponete una palla sulla tolda di una nave e avrete mille direzioni, mille sus-- sulti, mille rincorse, mille soste, mille sorprese. Lo I quella fatalità dongiovannesca dei bohémiens erranti che han bisogno sempre di caldo di cuori nel loro scontento girovagare. E .in quinto a donne ne ha conosciute di belle come la Bitta famo .... sa. Egli è organizzatore e dissolvitore, prodigo e misurato, temerario e prudente ; tutte le antitesi gli s'incrociano nel1 'anima. C'è chi si lamenta · di lui e ha ragione, chi lo esalta e ha ragione del pari. A guardarlo sembra calmo, sorride e parla · quasi carezzando; ma bisogna stare all'erta, Montevecchi è tutto • • nervi, scattante e violento, può sferrare un pugno dopo aver sorriso. Malgrado questo, nelle amicizie, il primo a essere tradito e sempre lui, malgrado questo è il più ingenuo e molti che • s1 vergognano a noINCORONAZIONE:DELLA VERGINE (Chiesa della Mascarella) minarlo ,dimenticano che dovrebbero essergli grati. Perchè se spirito di Montevecchi è un abbozzo, vi è il tumulto ardente delle colate, vi è il di~ordine e il miscuglio delle folle, vi è il torbido e il divino. Guardate la sua vita. Par timido e ha avuto la sfrontatezza di fare il suonatore. ambulante, chitarra a tracolla e canzone in bocca; sembra un sognatore ed ha avviato commerci con un senso quasi taccagno d'affari e di guadagni ; sembra uno svogliato e ha fatto tutti i corsi dell'Accademia: ornato, scultura, figura e architettura; sembra un buono a nulla e sa fare di tutto. Egli è stato sempre un irregolare, un volontario che « taglia la corda » e va a godersi per tornare poi al suo posto quand'è l'ora di fare sul serio; è sfuggito a tutti; ma se lo son sempre trovato di fronte. La sua è una vita d'alti e bassi, vita di guerra di tutti i giorni. C'è stata la fame e il dramma acuto nella sua vita, ha fatto il barbiere, il pubblicista, l'oste, il ceramista ecc. : festa quando ce n'era, digiuno, se la scarsella era vuota. E passava da un amore all'altro con ' Biblioteca Gino • 1anco ha delle scorrettezze· fa patta sempre con altrettante · generosità. Vita sregolata, mobile, la sua, ma piena di slanci e di giovinezza. Chi può sapere cosa farà domani_? Oggi sembra fermo. È nato ad Imola nel « Cortilaccio ». - Dove c'era la mia casa - egli dice - ora c'è una pietra. Ma non è una lapide, non è attaccata a un muro, è in terra e chiude una vasca d'orina. Mio padre - aggiunge - era il sedicesimo dei suoi fratelli, e a nascer ultimo ha fatto in tempo d'essere allattato da sua sorella che gli aveva gia dato un • nipote. Sembrerebbe c1n1co con questi discorsi, invece parlategli di sua madre e delle persone care, bu_càte di lì, penetrate, estendete a tutto quanto c'è di sacro e troverete un Montevecchi sentimentale. Frequentò da ragazzo la scuola professionale Alberghetti di Imola dove poi insegnò, ed era il ·migliore fra tutti gli allievi.

• IL PITTORE AMLETO MONTEVECCHI 789 • - Prendevo dieci e mezzo -- vi spiega ridendo - perchè undici era proibito. - Poi vinse una borsa di studio e con 40 lire mensili affrontò l'Accademia e la vita di Bologna. Insegnavano allora Puccinelli, Ferri, Barberi, Cordini, Panzacchi faceva storia dell'arte. Ne frequentavano i corsi il povero Valeri e Protti. - Però, interrompe, lo studio di figura più serio, più che ali' Accademia, l' ho fatto da barbiere a tastar le faccie degli avventori. Ce n 'eran d 'ossute e di grasse, di rugose e di liscie, di vecchie bada sempre al dramma e all'azione. La figura umana, ad esempio, non è mai stata considerata da lui alla stre-- gua di una natura morta, come carne da posa da buttar sul tavolone di uno studio e copiarla come si copia una mela o un 'aragosta. La critica e la pittura bolognese hanno . . perseguito e perseguono 1n massima questa tendenza, ma la personalità di Montevecchi non ha subìto scalfitture. Egli si è tenuto in un'atmosfera sempre superiore. È stato isolato, è stato combattuto, come sono isolati e combattuti quanti rifuggono dall'edonismo nell'arte, ma le diffidenze e gli ostracismi lo hanno lasciato intatto. E non era possibile altrimenti. Chi può met- - tere il bavaglio all9 spirito? e di giovani. E ho imparato molto anche a fare il viag- . giatore di piselli. Sì - ci assicura - ho fatto tra l'altro anche questo, sono stati diciotto i miei mestieri. Ma con la scusa dell'abbonamen- LA PREGHIERA DEL CLERO La rivolta s' accumulerebbe fìno a diventare tellurica ; to ferroviario ho visitato tutte le gallerie di quadri dell'alta Italia. Sono stato impresario teatrale, persino, eppure sono l'unico artista puntuale agli appuntamenti. - Montevecchi, rovescio della logica, è un passionale; egli guizza, balza come i felini, non ha metodo alcuno tranne l' improvvisazione e la sorpresa. Egli è un romantico. A questi tempi deve sentirsi solo, spaesato, troppo diverso, troppo lontano da tutti. A fissare lo sguardo sul panorama estetico dell'ora presente non troviamo in lui nemmeno l'uomo che appartenga a un'altra età. Perchè coi macchiaioli non ha nulla di comune e con gl' im- . . . press1on1st1 neppure, a meno che non si equivochi su quel suo improntare rapido di quadri e poi lasciati lì. Egli non cerca mai nell'opera una soddisfazione fisica di rapporti, di colori e di toni; al colore e al tono non rinuncia, si ca- . . ' pisce, ma per pura necessita l'uomo non può tappare i vulcani. Montevecchi ha varcato la soglia del fuoco buttandosi nel rogo dell'anima umana. Certo è più prudente non avventurarsi; sedersi dinanzi a un drappeggio, a una schiena di modella, a quattro oggetti purchessia, curare insomma qualche elemento della pittura, star sulla riva e non affrontare il largo battuto dai venti può essere da saggi, ma è meglio perdere da eroi che vincere da vili. D'altronde l'arte non è la sag. - gezza e per quanto certa critica esalti la vigliaccheria e la mediocrità coli' opporsi allo slancio e al tentativo, slancio e tentativo sono l'aureola più bella per chi si butta nell' ignoto. E bisogna proprio che ogni dignità umana sia .:Oorta nel cuore di questa gente per deridere chi parte verso i I pericolo. La storia della civiltà è tutta una storia di tentativi, di cadute, di morti, di sangue, di rivincite. Per deridere chi ha perduto, la vita stessa non basterebbe a finir di sghignazzare. Avanti, dunplastica. Non è l'epicureo che fa di questi elementi lo scopo della pittura come della tavola v'è chi fa lo scopo della vita, e non è neppure l'asceta che si mortifichi, egli va predando quanto gli capita, ma LA PREGHIERA DEL POPOLO .que, ridiamo sui primi volatori che si son fracassato il cranio sulle pietre, ridiamo sui combattenti che son caBianco

.. .· I • 790 .. ITA~O CINTI .. I · <l-uti, ridiamo su Dante che non ha scritto in un . giorno la ~Commedia, su Michelangelo che ha soffèrto l'inenarrabile, solo, contro pareti vaste come pian-ure, ridiamo sulle opere non finite di Leo .... nardo, s-u tutti i martìri, ridiamo sull' infinita tra-- · gedia dell'umanità che dolora da· millenni, che piange, che sanguina eppure dopo le disfatte, do-- ' po i crolli, dopo le s,confitte che la ributtano d-uramente nella polvere,. si risolleva pallida e su.... blime e ricomincia, degna di Dio, un altro tentativo. Nessun vincitore ha vinto di colpo, anche , ' Dante ·ha rico.minciato, anche Michelangelo, anche Cristo. Non è il tentatore che bisogna deridere, è il tentatore che non ricomincia ed è sopratutto chi non tenta. Montevecchi è di quelli che tenta. Attorno a · lui altre correnti si agitano. Ora è il momento dei -<<novecentisti>>P.er essi è il plauso ufficiale, le grandi mostre li accolgono con l-usinghe, eppure Montevecchi, il mobilissimo, la palla sullà tolda della nave, non piega collo. È il rovescio della logica, abbiamo <letto, ma basta che si abbandoni alla cieca certezza del suo istinto per rientrarvi. I « novecentisti » sono gli esaltatori di qu.anto ha messo radice nuo:va e non va oltre il segno) del secolo. Benissimo, sentire l 'or- ' goglio per la propria età è da maschi, è porre netta- . mente -una distinzione fra sè e gli altri per accettare senza paure le responsabilità che pesano su tutti gli uomini di fronte ai posteri e di fronte a sè medesimi. Queste responsabilità sono di vario· ordine: politiche, scientifiche, fìlosofìche, estetiche, ecc., e sono tutte in rapporto a problemi di vecchia o nuova impostazione, ad ogni modo insoluti. Ebbene i problemi estetici ricevuti in retaggio e da risolvere quali sono? Quali sono i n-uovi? Benchè la formulazione ~ ·non sia stata fatta in modo chiaro, dai saggi che abbiamo esaminati risulta un crudo e violento ritorno ali 'arcaismo. Ma .si p-uò bissare la storia? È l.ln tentativo colossale di copia, il « noceventismo >>, o u.n rifare integrando? Perchè indubbiamente la storia non si ripete. 11 neoclassicismo appetto ali' a-utentico è -un'ombra: andar attorno alle rupi si resta schiacciati dalle frane. Tornando al « novecento » costituisce q-uestoun movimento er-udito o artistico? Ricor- \diamo a q-uesto proposito il ritorno ali' arte antica iniziato e prop-ugnato dal Mengs s-ulla guida del Winckelmann, ma ricordiamo altresì il vuoto di quel- ] 'arte declamatoria e formale. Poi Chatea-ubriand, Schlegel, contrattaccarono ed ecco sul ru.d. ere grecoromano un'ondata religiosa e f-uori da q-uesta i « nazzareni » del convento di S. Isidoro, ma anche questi, • 1 fissi al medioevo, altrettanto schiavi come quelli d 'altre forme e d 'altre età. Il « novecento » e per questa china ? · In arte essere contribuenti è questione di vita e di morte. Vediamo allora qual' è il supporto logico o passionale dell' indirizzo in qU:estione. Riconosciamo subito che vi è l'~nt-usiasmo della forma, della forma sintetizzata a groppi poderosi di linee e di volumi, che vi è I' inno alla forza, alla brutalità Biblio eca scatenata o raccolta, e che tutto ciò è un impuls~ potent~, torbido di giovinezza, butta~o giù ad occh~ chi-usi, a teste chine, come una rovinante corsa d1 stalloni. Tutto q-uesto è barbaricamente bello e selvaggio, ma una muraglia gl' impone l'alt, categoricamente. Cos'è la forma? Cosi staccata, così astratta non è che la forma fisica, qualcosa cioè di misurabile che ha tre dimensioni e in pittura due con l' illusio~e della· terza. Ma questa è arte? È arte una questione di cubat-ura, di spessore, di solidità e nien- . t 'altro? O è falegnameria? Malgrado tutto, qualche accento di commozione riescono a raggiungerlo anche i « novecentisti », in questo caso però l'oppressione dogmatica è stata vinta da un 'ondata lirica che ha rotto le dighe e ha frantumato gli schemi. Montevecchi dunque è l'antitesi ·del « novecentismo )); abbiamo detto ancora che è isolato in -una solit-udine qua.si da s-uperstiti, ma dato il ritmo febbrile delle correnti artistiche non è improbabile che tra qualche anno si trovi in un rango ufficiale, alla testa d'altra gente, o magari di quella d'oggi che forse cambierà. Perchè tutto quanto' è sbagliato ha in sè germi di una senilità spaventosa e una èondanna di mutabilità che ha tuttavia di immutabile il cadere e il rimbalzare da un errore al sue contrario. Perciò q-uesti moderni classici barbarici che ali' ideale della fredda bellezza han contrapposto - la fredda forza, saranno spinti dalla nausea o dalla paura delle zone gelate verso le zone torride, verso l'incendio di un neo--romanticismo. Eppoi, giacchè dall'arte esulano le proprietà fisiche di peso, di massa, di spinta, per forza in pittura non può intenders . che potenza espressiva. Che rimane allora al « nove- 1 centismo » se il suo ideale è la tridimensionalità più esasperata e non &ltro? Resta l'impotenza di un gesto teatrale svuotato di qualsiasi dramma interiore e resta l'enfasi. Ciò addolora perchè è imposto un nuovo travaglio all'arte italiana, perchè ancora un equivoco toglie allo spirito di sfociare in quei larghi oceani di gioia che dànno ai popoli la coscienza di una vita piena. Eppure c'è tanta passione negli animi, c'è q-uello scasso profondo che rivoltola al sole le zolle più dimenticate dello spirito, e corrono ventate ruvide che raschiano, ma portano cieli d'aria vivida e fresca. Perchè mai Montevecchi ha evitato i pericoli dell'odierna sc-uola bolognese epicurea e limitata al piacere sensuale della pennellata e del colore, senza aspirazioni a sintesi umane, senza drammi, saporita nell'epidermide,· ma ·vuota di contenuto? E perchè ha evitato il pericolo « novecentista »? Non certo di proposito. In siffatte questioni è l' istinto che salva. Non si pensi tuttavia che la ragione non abbia argomenti da opporre agli edonisti felsinei. Anch'essi staccano il e 11ten~to dalla forma dichiarando semplicemente che quello è « letteratura » e come tale da escludersi senz'altro. Come si vede giungono essi pure all'astrazione. Un'astrazione che sopprime senza badare a tanto l'uomo nell'uomo. Bisogna chiedere

IL PITTORE AMLETO MONTEVECCHI 791 LA PRESENTAZI01 E AL TEMPIO Biblioteca Gin ■ 1anco

I 792 ., ITALO CINTI loro: - Dite dunque quali ,sono i temi concessi alla pittura e quali alla· letteratura, fatene un elen~o. La maternità, ad esempio, permettete che commuova anche i pittori? E oltre alle gote, ai seni,' al corpo della madre permettete che il pittore rappresenti come meglio può l'anima della madre ch'è tutta ansia, tutto amore, tutto sorriso per la sua creatura, che è l'infinito palpito· dell'essere che si eterna_? Badate che negando si scopre il vuoto di un'arte limitata alle superfici, concedendo si ricortosce la gi:andezza dell'espressività. - Ma non rispo·nderanno. ·Infatti cos'è la pittura solo per colorire? Non è ciò che è in letteratura il verso che « suona e non crea »? E come il poeta sdegna irìgiu~tamehte quel verso, il pittore deve sdegnare .quel dipingere. L'arte è ben altro. Intanto non ha limiti, .. non ha categorie, è I' infinito della comlllozione che può vibrare dinanzi al serpe e dinanzi a· Dio, dinanzi al filo d'erba e dinanzi al cosmo. La teoria della pura visività del Marées, del Fiedler e dell' Hildebrand che fallendo al suo scopo col rendere cosa esterna allo spirito l'arte medesima, che ne è invece attività, è stata . arbitrariamente ristretta al campo delle arti ,fig~ra-- · tive, ed ecco con cosa si puntellano i ·banditori de1la fantas.ia ·dalla pittura: dividono l'arte in arti parti~ colari ·e si trovan in mano dei tronconi. ~Evidente,., mente sono degli e~pirici: ·Abbiamo pa.rl~to di ·ciò per inquadrare Montevecchi in un'epoca ·sto!ica.: Ritorniamo· a lui. Lo avevamo dichiarato un romantico; è difàtti un abbozzatore di opere che lascia quasi ·sempre ind~term.inate, che hanno il soffio caldo della passione, ma manca ad esse la niti ... dezza delle immagini completamente create. E non è che non sappia disegnare, che gli ·manchi l'abilità manuale e la conoscenza d·ei mezzi pratici per farlo, è -per teIJlperamento, è per intoll~ranza che abbandona le tele, è zingaro anche nel creare, l~scia le opere ché ha già godute in un primo impeto di violenza rappresentativa per altre ch·e gli gravitano con un 'ansia d'essere stuprate, quasi sadistica. Ultimamente però ha . cominciato ~ sentire il bisogno di realizzare· di più, ha intuito che l'arte è unità inscindibile di. forma e conte~uto e s'è avviato quindi· a un equilibrio che· gli darà dei compensi ~eri in cambio 'di quanto ha disperso per anni di fila. Vantaggi tecnici ad ogni modo quel disperdere gliene ha procurati. L'esercizio dell'abbozzare con bravura ha fatto di lui urt pittore d'ampi spazi .. ._ « Affrescherei la facciata dì S. Petronio - vi dice ~ardandola di sotto in su per considerar-.la bene. - E grande come una piazza · - soggiung~ - ma dipingerei cor~ rendo>>. E sarebbe capacissimo. Ce ne ha data- di fresco una prova con la decorazione dell'Abside della Mascarella. Ha affrontato I' intonaco nudo e ostile senza cartoni, senza studi, senza nulla, tranne un piccolo bozzetto all'acquerello, ha impugnata la canna dello spegnitoio a cui aveva in luogo di questo legato un carbone e giù di prima come un avventuriero della bellezza segni e segni, figure e figure che gli e no ... uscivano con la gioia di balzar nella vita, calde e vibranti più che mai. lm~ossibile an::i preparazi~ne materiale per Montevecch1 : ~repar_az1o~e per ~u• è quel saturarsi di linfe, quel ng~rg1to ~1 succhi che vuol sboccare in qualcosa coll 1mper10 della fatalità, è quell' intrattenibile fiuman~ tropical~ che appare improvvisé3:, nel letto . arido .dei torrent!, c~me u~ · muro schiumoso e ributta 1n un rotolio d1 massi qu~nto le si oppone: rive, alberi e ponti ; e passa come un turbine. . E pare ch'egli si avventi senza meditare tanto la sua arte è un corpo a corpo chiuso, serrato, ansante. L'abside della Mascarella sotto l'impeto della fantasia montevecchiana s'è tramutata, sembra che un'esplosione abbia l~nciato via il muro e che un cielo l'abbia sostituito, un cielo odoroso come un bocciolo di fiore, e aperto e vasto sì da contenere l'aurora e il tramonto. Vi s'accende a Levante il rosa che degrada a Ponent~ languendo nell'oro. E l'incontro arioso di due colori, avviene come un amplesso lassù: rosa e oro, sole che nasce, sole che muore. E nell'incavo dell'aria an aliar d'angeli; un su~nar di liuti e di viole, uno squillar acuto di trombe. C'è la festa lassù. Quando il cielo è in festa corre la gioia' sul mondo, tutto s' intride del suo . gaudio' ,e. guarda con (?echi più buoni. Che avviene dunque in quell'aurora che dolci musiche riempiono lo spazio? Passa in trionfo la Vergine Maria, rifiorisce dinanzi a Dio il più puro giglio umano e un severo suo milite terreno, fatto degno del suo sorriso, S. Domenico, riceve in dono il Rosario. Ma analizziamo. L'azione intanto è legatissima, tutto converge a centralizzarla in un nucleo essenziale, niente si apparta o vi sfugge. Quello che potrebbe ~hiamarsi I' intuizione drammatica, in Montevecchi è notevolissima. La sua legge è la necessità. La folla celeste qui è disciplinata dall' interesse che suscita l'episodio centrale, non vi sono resistenze, nè squilibri, nè duplicati in questo senso, non v'è il farraginoso e nemmeno l'insufficiente. Le mancanze non sono dunque nell'insieme della composizione ch'è un tutto organico, sono piuttosto di un altro ordine e non tolgono a Monteveçchi l'onore di aver compiuta una grande cosa. Nel cimentarsi per la prima volta nella pit.tura murale di quelle proporzioni e di quella importanza non ha salvaguardato rigorosamente la propria personalità da influssi che se gli hanno dato magg~ori garanzie di riuscita, gli hanno alquanta resa eclettica la sua opera. Gli eclettici possono ugualmente .c. reare capolavori ·se riescono a soffi~re la vita nelle loro immagini e a raggiungere l'unità per quante siano le derivazioni ma rientrano in quelle collaborazioni che frantuma~o l' individuo ne distruggono la sua realtà specifica per isolar; nettamente l'opera che si potrebbe senz'altro attribuire come fa il Berenson a paternità anche lontane nel tempo e nello spazio. L'influsso di Guido Reni è visibile nella figura del santo domenicano mentre . . ' squisitamente correggesco è l'angelo a destra deHa

,. S. TERESA DEL_BAMBINO GESÙ E LA SACRA FAMl.GLIA BibliotecaGino Bianco

794 ITALO CINTI Madonna con quella 'fronte e ·quel sorriso cari alla tipologia dell'Allegri. Montevecchi ha messo di suo una foga, un pathos cromatico tutto moderno, quasi una vendemmia di colori, quell'adorabile testa della Bitta, la sua donna, rappresentata nell'angelo che stacca per chiaro dalla tunica di S. Domenico, e i putti volanti. Ma bisogna soggiungere subito: - Questa volta. - Perchè la personalità di questo artista se chiamata ancora a dare saggi consimili non subirà gioghi e resterà intatta. Abbiamo preferito indugiarci sul culmine dell'opera montevecchiana perchè un altro lato del Nostro e la scontinuità. Possiamo benissimo trovare nella somma del . suo lavoro artistico cose brutte e cose addirittura volgari ; ma come il Fontenelle diceva di Corneille, a proposito dell 'Agesilao: « Il faut croire qu 'Agésilas est de M. Corneille, puisque son nom y est ... >> altrettanto dovremo dir noi di Montevecchi per certi suoi quadri. Il primo ci ha dato tragedie come « Il Cid » e « Poliuto)) e gli per .... doniamo benissimo gli errori, .. :a secondo ci ha dato il catino dell'abside della Mascarella e gli perdoniamo egualmente i falli. Del resto non tutti furono fallati i suoi quadri. Ricordiamo qui «Gemme>>. Una giovane donna dal ventre gonfio guarda p~nsosa fuori della finestra un albero aprirsi a vite nuove cedendo ali' invito del marzo. Ricordiamo « La macinazione del gesso » con quel cavallo bendato che gira, e una vecchia che spala nel candore della polvere; ricordiamo « La preghiera del clero» nella medesima chiesa ove decorò il catino, un « S. Francesco in estasi>>, il « Trittico della Maternità)), « Agonia >l, « La Violinista», «Accordi». «Tumulto », « Dolore >>, e< L'Ape », e tanti altri che sarebbe lungo elencare giacchè di fronte alla - pittura dell'abside di cui abbiamo parlato questo son tutte opere minori. Ripensando anzi alla sua maggiore poichè è ben vivo, ben desto e alacre e tutto teso come un arco a colpire lontano~ gli auguriamo di scoccar 1'arte sua con quel frullo che sa · di volo, sa di aria e di gioia verso un 'ulteriore liberazione. ITALO CINTI • SACRO CUO..RE f ' ti . -- • I • , Bib iotec Gino s·· aneo

·VERSO CAMPÒ_FORMIO (d8i rapporti austriaci) Per poter giudicare obbiettivamente le cause ed il valore del trattato di Campoformio e l'importanza degli _ accordi che Jo precedettero, bisogna esaminare Ja situa- .zione delle potenze belligeranti e d~ Venezia) intorno al 17%. Le condizioni della Coalizione erano tutt'altro che floride : ,I' Inghilterra, nel· suo od,io ,implacabile per la Francia, aveva seminato l'oro dovunque per soUevare i governii oontro .l'avversaria, ma alla fine le riserve finanziarie cominciavano ad esaurirsi e la cris,i economica si avvicinava terribile ; le manovre dell 'aggiot-- taggio e dell'opposizione aumentavano ancor più le difficoltà, e i successi ottenuti dalla flotta potevano sì dare un sollievo momentaneo all'Inghilterra e qualche notevole imbarazzo alla Francia, alla Spagna e all'Olanda, ma le vittorie navali, allora come ~plpre, non potevano decidere le vicende di una guerra che abbracciava quasi tutta .I 'Europa. Nè men grave era la Siituazione dell'Austria, che aveva nella Coalizione il compito di fornire sempre nuovi contingenti di uomini. Esaurite ·le finanze, si regge economicamente soltanto per 1 'aiuto d,ell 'lnghilter:ra, che è però tutt'altro che . magnanima nell'invio di soccorsi pecuniari. I dispacci da Londra del conte Stahrenberg e le cor11ispondenze d,el barone di Thugut, allora ministro degli Esteri, insistono con cupa monotonia sopra l'eterna questione : « mandateci denari ,e soltanto allora potremo armare . nuovi uomini » (1 ). Pitt, incatenato fra l'opposizione e gli speculatori, promette~ ~ndugia, tirchia, e somministra denari in quantità sufficiente soltanto quando le vittorie ,dell'arciduca Ca1lo sembrano per un momento decidere della guerra. Questa assume per gli Inglesi il carattere di semplice sp,eculazione economica. Sarà continuata finchè ci sarà speranza di v:incerla e di risolverla in ·un buon affare; dopo, quando la si·tuazione appare poco promettente, l'Inghilterra non si perita di rivolgere a Pwigi le piu sperticate offerte di pace e non retrocede neppure quando le più gravi umilia7.!ioni sono inflitte ai suoi pie-- . . . n1potenz1ar1. Se per gli ,inglesi la guerra è'un affare più o meno ben riuscito, per l 'Austr.ia .invece è questione di vita o di morte. Non solamente gli sforzi sostenuti erano veramente gravissimi, ma sopratutto la massa delle ideologie della Rivoluzione Francese era talmente contraria allo spirito del governo austriaco -ohe questo, nella sua incapacità di rinnovamento, doveva schiacciaitla o doveva esseme soggiogato. L'Austria non avrebbe mai potuto consentire a trattare con un governo di regicid1i, ( 1 ) Si accusava inoltre il. Governo inglese di sperperare il suo denaro sovvenzionando delle nazioni infide, come la Prussia e il Piemonte. , -Biblio eca • 1no • anca che sovvertiva tutta l'organizzazione legittima della sovranità, risvegliando il sentimento nazionale che si presentava anche ai profani come antitetico allo spirito della monarchia austriaca fino quasi al giorno del1a sua morte. P,erciò durante tutto l'anno I 796, .I' Austria non ammette maii d'iniziare trattative con la Francia (1 ) ; anzi. sono freque,nti i lamenti contro l'Inghilterra per i molti tentativi fatti ,da questa verso il governo d,ei regicidi. Se l'Inghilterra era più tenace nell'odio contro i francesi, e lo dimostrò anche in seguito, l'Austria in compenso era più intransigente ; essa rappresentava ne~ mondo la più grande forza spirituale opposta alla Francia, oltre agli altri antagonismi dovuti a fattori economici e alle contingenze politiche. Perciò s'indusse ad una pace soltanto quando era esaurita assolutamente, e,d allora, colpita. a morte, 1~on oppose che una debole resistenza (2 ). La Russia e la Prussia erano in posizione ben diversa. La Prussia, per la sua costituzione politica, economica e social~, basata sul potere quasi assoluto del re, e sulla potenza della nobiltà, pniva di una borghesia autorevole e rappresentativa, sembrava dovessero essere la terra classica .della oppo,sizione ai Francesi. Eppure J• odio contro l'Austria, alla quale gia allora si p,repara a togliere la supremazi~ fra gli stati germanici, la spinge, ad un· alleanza con i francesi. Così pure iJ Piiemonte reazionario, che presenta delle analogie assai interessanti con la Prussia; per la costituzionè interna, per le aspirazioni e per lo sViiluppo posteriore, non esita a suggellare con la Francia giacobina un trattato di pace che suona· quasi alleanza. L'odio contro l'Austria lo spinge ad · unirsi ad una forza idea.le così contraria com'è la Francia rivoluzionaria, forse nella speranza di ottenere « una foglia di quel carciofo che ha a,docchiato gjà da lungo tempo, » per usare la frase pittoresca di un diplomatico austriaco che aveva intuito nel Piemonte la grande forza unificatrjce deH' ltalia. Eppure la Prussia e il Piemonte, al contatto della Francia, subirono uno squilibrio ben significativo,.· La vicina, più progredita politicamente, produsse in loro il germe delle idee nuove che dovevano sconvolgere la - loro intima costituzione, per portarlo attraverso UIIl profo~do rinnovamento interiore, ad un più ampio respiro. ( 1 ) Escluso il breve tentativo di Frishing, organizzato ad insaputa del ministro Thugut, e subito sventato da questi. ( 2 ) Fino al dicembre del 1796, l'Austria dichiarava alla Russia che si era offerta come mediatrice tra gli avversari, che delle trattative sarebbero state possibili con la Francia, soltanto quando questa fosse stata messa del tutto nell'impossibilità di nuocere (vedi corrispondenza Kobenzl e Thugut).

..... · 796 ANGELO PIERO SERENI La- Russia intanto, ancora mezza asiatica e mistica, morta la, zarina Caterina, ne·mica feroce delle idee nuove, esita e tentenna sotto il gov•emo di Paolo I che blandisce la Coalizione ma si dichiara intanto s·eguace d,elle idee liberali di Francia e non desidererebbe nulla -di meglio che fare il mediatore fra le potenze belligeranti, perchè cc non volendo fare la guerra, I 1 lmperatoré desidera che almeno gli altri facciano la pace » com·e si espresse con un frase significati va, il Kobenzl (1 ). < Le potenze minori al primo urto francese si sfaldano. l\t1entre tutta l'Europa reazionaria sì dibatte tra la speranza di una pace e la preoccupazione di fiaccar.e la Francia, ed una crisi generale d.i rinnovam·ento e di trasformazione agita i popoli ridestati, che cosa avviene d,elJa Francia? Quale era la sua condi2iione, tormentata dalla fame. dalle congiure e dalle lotte intestine, e quasi sola in Europa di fronte alle potenze più forti ? Il Direttorio domina nettamente la situaz,ione. Nè l'opposizione politica nè le trame degli emigrati possono scuotere la sua potenza ognora maggiore, e i tentativi di congiura vengono stroncat,i radicalmente sul nascere. Il potere viene sempre più accentrato nelle mani d,ei Direttori che· dominano la scena politica, sono in contatto direttamente èon tutte le Corti attraverso una rete perfetta d~ diplomat,ici, d'informatori e di spie, vigilano su _ tutta la vita della nazione fin nei più minuti particolari e tentano ,d'impedire ogni p,iù piccola miziativa individuale d•~i generali alle frontiere. In realtà, era soltanto sull'operato dei generali che il Direttorio riponeva ogni speranza di esist,enza. Il giorno che gli eser- ,citi avessero subito qualche grave disastro, il malcontento sarebbe risorto, e per il governo sarebbe suonata l'ultima ora. Invece, attraverso lo sviluppo sempre maggiore delle operazioni guerresche, affluivano ,i frutti delle con,quiste ,d'Italia e-di Germania : denari, viveri, opere d' art,e, e la notizia delle vittorie che elettrizzando le - ·masse, I.e collegava ancor più sotto il governo tirannico, giustificato dalla gravità degli eventi. D'altra parte i territori conquistati rappresentano un p•egno nelle mani della nazione francese. che li restituirà solamente nel giorno più o meno lontano di · una pace. Poichè. ogni aiuto dalla Francia è assurdo, gli eserciti che sono accampati ne1 territo,ri conquistati devono vivere coi prodotti di quesbi ; infatti, li consid,erano t,erra da preda, in cui non è necessario spar- .gere le idee rivoluzionarie e fare una politica attiva di propaganda democratica. Qui appunto Ì' errore del Direttorio che non si curava di sviluppare nei paesi circostanti una fitta r•ete di amicizie, ma intendeva soltanto dominarli, restr,ingendo l'idea universale della rivoluzione a meschini calcoli spesso errati per di più. ( 1 ). Paolo I mercanteggia con r Austria e r Inghilterra una spedizione sul Reno, ma poi si ritira in buon ordine, limitandosi a promettere platonican,ente ali' Aui-tna di sorvegliare le intenzioni della Prussia. Bibliotec Gino Bianco Il Direttorio avrebbe provato in seguito d,i una pace le più grandi diflìcol_tà._Cessata .la tensione dovuta all'imminenza dei pencoli,. appen~ t?~~ta _la.cah~, I~ Francia avrebbe reclamati 1 suoi d1r1tt1 d1 l1berta e 1I Dil'ettorio sarebbe crollato. Non era del tutto esagerato quanto scriveva il fylallet du_ Pan a Lord Elgin: ce Si la crise exterieure vena1t à pren<.lre fin, le Comité serait chassé le lendema,in. Ainsi la guerre est aussi necessaire au Cotnité que la respiration; il n' est pardonnable qu' à des Hottentots de sul?poser la possibi.lité d 'o,btenir la paix de la Rep 11bhque ; le Cornité veut continuer la guerre pour sa sùreté, par politique, par n•ecessité, et toujours . dans I' espoir qu' elle livrera à sa discretio,n les subs1stances et les trésors des provinces qui avoisinent la France. Il poursuivra cet obj•et jusqu'à sa d,ernière heure d>existence. S1 es successeurs le poursuivront après lui et pour les memes motif s )). Una formula conciliativa, ,sebbene provvisoria, tra la coalizione e la Franoia, poteva dunque venire soltanto da una forza estranea al Direttorio, che imponendo1si a questo lo costringesse a ratificare il fatto . co•mp1uto. ~uesta forza fu Napoleone. Bonaparte, comé disse uno sCI1ittore francese, aveva già .il suo segr,eto, quando assunse nel 1 796 il co-- mando d-elle truppe in Italia. Nelle intenz,ioni del Direjorio, lo sforzo maggiore doveva essere compiuto sul Reno, mentre in Italia la lotta avrebbe avuto un caratter•e puramente protettivo, contro eventuali minaccie del Piemonte l! degl,i altri staterelli Jella penisola. Bonaparte aveva già dall'anno terzo una politica personale, un suo disegno ambizioso ignoto al governo e ali· armata; conquistare rapidamente l 'ltalia e marciare per ,il Tirolo su Vienna, ond,e colpire al cuore l'avversaria. Progetto questo che si distingueva dalle grette ambizioni nazionalistiche del Direttorio, per il pregio di una maggiore personalità. Allargando il campo della rivoluzione francese, fino dai primi mesi del suo comando egli ideò un centro democratico repubblicano in Italia, che fungesse da intermed,iario fra l'Austria e .la Francia e favo,risse nello stesso tem- · po l'egemonia di quest'ultima nella penisola. Come si sa, il Direttor,io si •era mostrato nettamente contrario ad una tale soluzione. La patria nostra dov1 eva servire p•er collocarvi gli altri spodestati e per barattarne qualche parte in cambio ,di altr.i vantaggi (1 ). La Lombardia non doveva essere risparmiata, ma trattata come un pa,ese difficile da conservarsi ? N,elle istruzioni a Napoleone si prescriveva di trattare i lombardi da popolo conquistato ,e non com,e fratelli affrancati dalla tirannide. Nel famoso progetto del 7 T(ermidoro anno 4° ( 1 ) Il Direttorio non voleva una pace generale; si tentava di dividere la Coalizione per mezzo di · una pace separata con r Austria o. con l'Inghilterra per concentrare le forze contro l' avversa:-io superstite.

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