Vita Nova - anno III - n. 10 - ottobre 1927

636 GIUSEPPE SAITT A ·veva precederlo di due mesi nella tomba e che egli adorava, lo chiamava a sè con -dolci richiami. Forse essa era presàga che in un giorno non lontano la sua casa sarebbe rimasta vuota di quel fìore di gentilezza che era il suo figliolo. E fortuna fu per Lei che la luce della vita le si spegnesse r.1egli occhi, prima che il suo Gian Carlo, colpito da .piombo fraterno, soccombesse. Non era tempo quello di quiete e di studi, come rispondeva Na.nnini alla . sua adorata Mamma, ma tempo di azione e di azione violenta contro la vecchia Italia materialistica ed agnostica. Fu questa ·chiara e potente intuizione che spingeva il Nannir1i ai rischi più tremendi che culminarono nell' azione contro una caserma di carabinieri il 29 ottobre. Che giornata tragica fu quella del 29 ·ottobre ! Alla nuova che Gian Carlo Nannini con altri purissimi eroi come Paoletti e Becocci era stato assassinato, sen1brò che la città tutta di Bologna si vestisse a lutto. Accanto al povero Nannini era il suo carissimo amico Leandro Arpinati, che quasi impietrato dal dolore, agli amici che lo sollecitavano a salvarsi dalle raffiche dei proiettili, noncurante di sè e fermo al suo posto, ripeteva con uno strazio di tutto il suo cuore e con un pianto crudele.: Nannini è morto, Nannini è morto ! Ma Nannini non è morto in, tutti noi che militiamo nel Fascismo bolognese : Egli è in noi vivo e presente, e noi sentiamo di ·essere vicini al suo spirito che • • • • • • c1 protegge e c1 1ncuora a nuovi c1ment1 e a nuove battaglie. · E quando c' incontriamo col padre di Lui, vera e nobile fìgura di gentiluomo e fascista, e lo vediamo pieno di pianto e con nel volto I' immagine del suo figliolo, che egli rievoca e chiama conti- • • • nuame.nte per nome, noi c1 sentiamo profondamenie commossi, ma nello stesso tempo avvertiamo che Gian Carlo Nannini è come il ·fiore di giovinezza del Fascismo bolognese, che mai appassirà, perchè egli tutto donò, la sua vita e i suoi. averi, alla causa immortale della Patria. GIUSEPPE SAITT A L'assuefarsi a credersi infelice induce ad accusare d'ingiustizia · l' ordine delle cose, ci fa credere di essere soli sulla terra, e termina col precipitarsi in quell'apatia che disgregando l'uomo gli a1'1'elena le più dolci ajf ezioni, le più nobili facoltà. GIACOMO LEOPARDI - Dall' Epispolario Biblioteca Gino Bianco

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