Vita Nova - anno III - n. 8 - agosto 1927

NOI E GLI ALTRI I . SPUNTI POLEMICI I. barattieri. Oggi in Italia accade un fatto strano. Questo : che quando i nemici del fascismo si sentono accusare d'antifascismo, s'impennano, fanno le bizze e molto s'offendono d'essere tacciati per ciò che furono o sono rimasti. E tale fatto, in quest'anno beato del 1927 quinto dell'Era Fascista, anche i ciechi vedono quanto trabocchi e come straripando dilaghi, fino a formare un fiume di gente minuta che nulla apprezza della nostra passione. Non l'energia ridestata nella razza, nè l'originalità del continuo divenire del fascismo così stilisticamente italiano e continuatore delila tradizione politica de1l sano Machiavelli ; non lo spiriito di sacrificio che ci anima, nè l'ansia d 'attuare che ci spinge a ·mutevoli e pure sempre logjci perfezionamenti ; non la reazione contro il vacuo tran tran della polit,ica delle mani nette, nè il bisogno nato subito dopo Dogali n·ella mente di uno di ridare alla gioventù italiana il tono eroico della vita. Null 'affatto insomma di queste cose che da quelli son tenute della medesima sorte che si tengono le utopie. Cosicchè se noi voNemo credere alla realtà del destino dell'Italia dovremo scoprire il volto dei barattieri che vanno e vengono in ogni variazione di fortuna. I quali 5000· sempre e ancora coloro che un tempo ridevano e furbescamente motteggiavano dietro le nostre p1iime squadre d'azione; oppwe quelli altri che esprimevano le vuote e sonanti riserve perchè non avevamo un programma, perchè non ci sussidiava una filosofia, perchè alle loro raziocinanti e ben quadrate dottrine . opponevamo da perfetti tempisti la v,iolenza chirurgica. Sono 5empre coloro insomma che vorrebbero dal fascismo quello che dava la massoneria: una cattedra, un i1mpiego, una concessione, una qualsivoglia cosa atta a farne uscire denaro ·e autorità. E come questi si sentono ricordare il passato, mal volentieri accettano quella che un dì fu la 1 loro vera v1ita; chè se potessero, e sempre lo tentano, la nasconderebbero per non fare che ciò che sperano da noi e già da altri ebbero un giorno, riesca •un disegno vano. CESARE OTTAVIO ·cocHETTI Amenità storiche. Nel C( Giornale d'Italia » del 4 ~ giugno, p. 3, trovo un articolo con·- sacrato a Scipione Africano. È una recensione di Henry F wst a un libro inglese (A greater than Napoleon, Londra presso Blackwood, 1926) del capitano Liddel Hart, il quale sembra voler dimostrare che Scipione Ahicano fu un condottiero d' eserciti più grande · di Annibale e di tanti altri antichi e moderni. Riù grande di Annibale non può esser ritenuto solo per aver vinto: a Zama, o meglio a Naraggara, più che una sconfitta di Annibale ebbe luogo la sconfitta di Cartagine. Inoltre certe graduatorie non sono indispensabili : sono invece pericolose, perchè spesso si paragonano gli incomparabili. Il recensore ha buon· gioco quando rileva il ragionamento sgangherato dell'autore, secondo il quale Scipione cc rese possibile una confederaz,ione mondiale d.i stati civili che riconoscessero il dominio di Roma, ,ma che ritene•ssero gli organi interni indipendenti necessari al nutrimento e alla continuaz,ione della vita del corpo politico. . . ». Per opera di Scipione si sarebbero f 011mat,tianti stati cuscinetti ( ? ? ! I) iblioteca in-oBianco • intorno al èuore de1lla potenza romana. L'opera di Cesare invece avrebbe preparato la decadenza. E .i,lrecensore, ove si fosse arrestato qui, avrebbe avuto vittoria soddisfacente, se pur troppo facile. Ma è stato tentato dal demone del1' improntitudine, enunciando certe sue idee molto, •mamolto originali ! · .Prima di rutto non so che cosa abbia voluto d,ire con questa insalata russa : cc Cesare non è responsabile per ~a guerra sociale, non di Spartaco, no11: di Mario, di Silla, di Catilina ». Sfido io se Cesare' potesse essere re~onsabile per la guerra sociale ! quando questa scoppiò, av,eva dieoi anni, o dodici, stando alle deduzioni del Mommsen, e quindi si divertiva probaibilmente ancora coi crepundia ! Di Mario ? .ma egli era un mariano proscritto e graziato da Silla ! di Catilina ? ,Ma egli e Crasso speravano farsi uno strumento di Catilina e lo a1 bbandonarono quando compresero che questi voleva agire di testa sua e riusciva pericoloso. « Gli -è che, cresciuti alla scuola liberale, noi abbia,m bisogno di ·rifarei tutte le nostre idee di storia romana ». Il liberal,ismo entra in questa questione come il cinematografo e iii giuoco del calcio. Che ,sia il noi un pluralis modestiae o maiestatis? ,in tal caso, egli non avre,bbe bisogno di ri/arsi le id,ee, ma di farsele; e che questa . non sia una congettwa troppo audace, si ricava dal mirifico gazzabuglio di parole senza sen,so messe a ~iempire il ,seguente periodo : cc In primis (eff.etto dell'educazione avuta nella scuola liberale) la convinzione che la repubblica fosse la forma nor-male, ·mentre è stata soltanto una ibrevissima parentesi ( ?) nella nom1alità della monarchia, che aveva creato lo spirito romano, cioè la vera ,base del,la grandezza del popolo. E la prova che la mente

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