Vita Nova - anno III - n. 8 - agosto 1927

r I Bi _..., 528 FERDINANDO D'AMATO e anonime, che sostituiscono tanto bene le personalità, e svolgol).o silenz:iosamente un' opera onesta e immane? Pare un'allusione trasparente e suggestiva, uscita pur mò dalla penna d'uno dei nostri o,m,enoni liberali. N,è qui finisce lo spicilegio del Croce: egli trova che it Becque fu non m•eno valente critico che moraJista. In particolare, ce l'aveva coi normaliens (,in italiano: cc normalisti ») e co' profes'Sori. cc Dei professori, conosceva il provinciali,smo, l' accademico provincialismo, e aveva notato anche lui la qual,ità del « sorriso n, cc ce petit sourire un peu sot dont on prend l 'habitu 1 de avec des écoliers n. Che cosa abbiano fatto i professori al .senatore Croce, perch,è da un pezzetto in qua si mostri loro così acido, non si sa; salvo che egli non &i valga d'una sineddoche, e miri a colpire, attraverso il tutto, un singolo professore, stretto a lui da vincoli d'amicizia fin dagli anni g,iovanili. Ma l'ipotesi è troppo ingiu- . riosa, e non voglio neppure concepirla. O allora? Se esiste un ceto ver-so cui egli dovrebbe nutrire sentimenti di simpatia, questo è il ceto dei professori. Anni fa il Prezzolini scherzosamente rilevava che non c'era professore che non possedesse, rilegate e allogate in beli' ordine, le opere complete del nostro filosofo; il quale non vorrà di certo illuders,i fin a credere che i suoi filoso,femi aibbiano fatto breccia nel così detto gran mondo. Perchè dunque tanta ira ? For1 se perchè µon ogni pro,fessore è un educatore di coscienza ? Verità rancida. O perchè i professori in genere sono affetti da certe deformaz1ioni psichiche, inerenti alla loro professione ? E anc1 he qu,esta, mio Dio, è storia troppo no,ta, e la figura del pedante, troppo sfruttata. Quanto al cc sorri1 so >>, un ipotetico professore, senza tr~o rannuvolarsi in volto, anzi asS1Umendol 'atteggiamento a detta del Croce professionale, potrebbe rivolgergli questo discorsetto a nome della << classe >>: « Noi ci felicitiamo con Voi, on. Senatore, per avervi la fortuna concesso quegli olia ahe v''han consentito di dedicarvi a opere più proficue e brillanti che non siano .l'insegnamento e la scuola : trahunt sua qu'em· que fata. In effetti, l'insegnare, on., è una fatica, e rrichiede uno sforzo sempre teso di applicazione, un .dominio della volontà sempre eguale a se stessa, una costanza di abn,egazione, altrettanto duri e costosi per .}'insegnante, quanto ignorati o miscono.sciuti fuori della scuola. L'in,segnamento, è stato detto, è una m~ssione. È facile s~ghignare qui sopra; ma creda, insegnando, noi si frusta ad ogni volta un poco del nostro fi,sico, e, sopra tutto, si lascia un pezzèttino del nostro cuore ad ogni nuova delusione, ad ogni inaspettata ingratitudine, ad ogni oblio immeritato. Giacchè la giov,entù è adorabile, 1 ma anche impaziente, petulante, capricciosa, talora perfino crudele e, sempre, troppo mutevole e immemore. Di qu,i ci viene quel sorriso che v'ha tanto colpito, e che non è figlio •soltanto di sotlio eca Gino Bianco lise come Voi e il vostro autore sem1 brate credere, ma fÌglio anohe d'indul~enza, ?i rassegnazione, qualch~ volta di vero e proprio patimento. Del resto, ogni contrariio vive indis,solubilmente avvinto al suo contrario: alla scuola attingiamo pure, ogni giorno, forze nuove n-el contatto assiduo con la gioventù, c:he è la palpi~nte immagine della vita ne! suo. divenire p~- . renne; qui trovia-mo la fonte d.ell e~tu,s1asmo, per ,1l r,efrigerio che la &es.chezza dell~ ~i~ventù apporta ; e qui ci accingiamo a gustare le più 1nti~e e alte ~- disfazioni che lo sp,irito u,mano comporti, nella reCJproca comp-enetrazione di mente a mente, di cuore a cuore, che la scuola i,stituisce n. *** Non om,nia possumus omnes, il lCroce ebbe a dire una volta di se •stesso: farebbe bene lui, così spietato critico, a ram,mentarsi della mas,sima. Si potre,bbe anche· citare al proposito il pensiero d'un poeta 1da lui studiato a fondo: « Ci sono più cose in cielo ,e in terra di quel che abbia ma1i sognato la tua filosofia n. Poichè sì, ·sta bene 1 'Estetica, e poi la Logica, e poi la Pratica, e così via; ma quando si tratta di lasciare i l,ibri, e guardare a occhi aperti nel mondo reale, che si agita, e freme, e urge impaziente alle porte del futuro, che è il valore n•uovo e la nuova potenza, il nostro filosofo ri1 man1e impacciato, si muove a disagio, o, peggio, si smarrisce a tutta passata. La sua condizione pare av,ere una tal quale analogia alla rovescia con quella dei dannati dell'Inferno dante5eo, ohiaroveggenti al ·massimo grado pel futuro, inetti affatto a d-ecifrare il presente. Così il Croce a scrutare il passato egli è val.ente assai, e ,pochi l'eguagliano: a penetrare il presente, è cieco, o poco ci manca. In sostanza, quest'uomo è un cerebrale. L'abbiamo tenuto per e,semp.io cospicuo di equilibrio spir,ituale e di armonico sviluppo d,ella personalità integrale; per un volitivo, rinnovatore, attraverso la vi:ta degli studi, della v,ita. tutta, nella ·sua massima complessità ; e tale lo teniamo, almeno in parte, tuttora. Nondimeno, a dirla schietta, sotto la smagliante ricchezza e novità dell'opera sua trasuda a tratti un che di chiuso, di libresco, di intellettual,istico. Che quest'uomo così nuovo, così ,moderno, risenta ancora dell' italiano vecchio stile, di quell'italiano che racchiude in sè una dottrina sterminata, un solido buon senso e l' arguzia della lunga es•perienza d,i vita, ma senz~ slanci, senza freschezza d'impressioni e d'emozioni senza profondità di fede ? ' . D'altra parte, non ognuno è tagliato per la vita attiva, o, quanto meno, per accoglierne in sè la vibrazio~e pi~ c8:lda ~ più ~mmed~ata.Meglio dunque che egli tomi_ a1 ~uo1 studi prediletti, e che ci rimanga sempre d1nanz1 la serena e onorata immagine di lui quale ,imparammo a conoscerla e ad amarla una volta: FERDINANDO D'AMATO

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