Vita Nova - anno III - n. 5 - maggio 1927

. .. BOLOGNA 119 . finanze. La situazione finanziaria, in quel momento, era oltremodo critica ; il Sella trovò le casse dello Stato vuote e dovette ricorrere a provvedimenti molto gravi, che dimostrano, in fondo, il suo spirito di pa~ottismo e quello di abnegazione, che animava i contribuenti. Egli si decise perfino a far votare che l'imposta erariale sui terreni fosse pagata_ anticipatamente per due anni. Ma la questione più grave era quella della convenzione che ormai era stata conclusa. È ·innegabi!e che, in generale, aveva fatto ottima impressione, non tanto lo sgombero dei Francesi da Roma, quanto il trasferimento della capitale, perchè si era diffusa l'idea che, stando le cose come erano, più che l'unità nazionale si avesse un Piemonte ingrandito; e fosse necessario trasferire la capitale da Torino per liberarsi da quella burocrazia che ~ aveva prodotto tanti malcontenti, specialmente nel1'1 talia meridionale. Il ·ministero per respingere la convenzione avrebbè dovuto compiere u~ atto gravissimo, perchè era stata approvata dal Re ; inoltre avrebbe stuzzicato un vespaio regionalistico, e suscitato ..l'ira di uomini che, pur non essendo nè della destra nè del partito dominante allora, avevano però sempre molta influenza. Cito uno degli uomini più illustri, Nino Bixio, il quale scriveva al Lanza « che il ministero avrebbe disfatto l'Italia, se non avesse accettato la convenzione ». In fondo, la gran maggioranza della Camera inclinava a favore della Convensione, combattuta da molti Piemontesi, dal partito d'azione e dai Repubblicani. Certo accettandola si esasperava il regionalismo piemontese, e si andava incontro a delle difficoltà gravissime. Il ministero patriotticamente si sacrificò dichiarando che la convenzione sarebbe stata eseguita ; chiedeva soltanto all'Imperatore dei Francesi alcune modificazioni all'accordo e ·specialmente questa : che dì quanto era stato fissato nel protocollo segreto ne fosse fattd invece un articolo vero e proprio nel trattato; e cioè che l'Imperatore subordinava lo sgombero delle truppe da Roma al trasferimento della capitale. Evidentemente mentre il ministero Minghetti cercava non appar~sse manifesto che il mutamento della capitale era preteso dall'lmperatore, quello Làmarmora voleva invece chiarire che il trasferimento della _capitale era voluto da Napoleone III, come conditio sine qua non dello sgombero dei Francesi da Roma. Quando il Parlamento si riuni per di- - ibl·oteca Gino B~ CO r scutere la convenzione, si temevano gravi· disordini in Torino; ma· in verità, non avvenne nulla. Ottenute le modificazioni richieste, il ministero I che gli avversari gratificarono del titolo il « Ministero dei bauli e dei cirenei», consegui una grande vittoria con l'approvazione della legge del trasferimento della capitale (19 novembre-9 dicembre 1864). Ormai non s~ trattava che di eseguire questo mutamento, perchè dove la capitale si dovesse portare, era deciso fino dal 18 Settembre. S'era parlato di t_re luoghi. Prima di tutto si era pensato a Napoli; ma il Re scartò assolutamente quest'idea, sebbene vi fossero in favore forti ragioni politiche, perchè egli pensava sarebbe stato difficile ritorglierle la capitale ; si parlò di Pisa, dove il Re. aveva la villa di S. Rossore, perchè andare in una "città, coine quella; avrebbe chiaramente significato che sarebbe stata una tappa ; e fin~lmente il ministero scelse ~ irenze. Ma, per presentare in bella forma la proposta al pubblico, fu nominata unà éommissione, presieduta dal generale Cialdini, che dichiarò essere preferibile Firenze dal punto di vista strategico. Ecco in qual modo si fece accettare il trasfe- • I rimento della capitale in Firenze. Legalmente, pertanto, la questione era finita ; ma le consegue~ze . furono assai gravi. Certo si è che il significato fondamentale .lo intuì benissimo .un piemontese, che divenne poi senatore, Onorato, Vigliani. Egli scrisse : - · « La nostra monarchia gloriosa di otto secoli finisce e si trasforma in una nuova e grande monarchia nazionale ». Le conseguenze immediate furono alcune buone e altre cattive. In Piemonte il trasferimento della capitale produsse un grande malcontento, tanto grande chè a noi non è facile comprenderlo. Dirò, , fra parentesi, che, se, nel 1864, questo trasferimento trovò in Piemonte tanta opposizione, è da imma- · . . ginarsi che cosa sarebbe avvenuto, se nel 1848 la capitale fosse stat_a portata a Milano ; e quanto daòno recò alla causa italiana il mettere innanzi allora l'idea di trasferire la capitale in Mìl~no. La deputazione piemontese reagì, e, sotto il nome di dissidenti, la parte migliore della maggioranza, la più esperta e pratica, si §laccò dal Governo spezzando così la compagine del partito moderato. Purtr~ppo non si formava un saldo partito progressista da poter pigliare il posto della Destra, cosicchè quel dissidio fu molto , dannoso. Di fronte a questi danni si ebbero anche delle conseguenze buone; il fatto di aver trasferito da To.rino a FiI .... . ' '

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