Vita Nova - anno III - n. 4 - aprile 1927

. . BOLOGNA 83 Il Cavour si ritira nel proprio appartamento e incomincia a bruciare carte e documenti ; ha per6na l'idea di emigrare in A~erica o di ucci- . dersi. Michelangelo. Castelli impressiona~o di tutto questo, entra nella camera di lui e gli· dice singhiozzando ·che egli non ha il diritto di ~bbandonare il campo ·di battaglia, prima di combattere. Il Cavour si calma e riprendé .il suo fare t~anquillo, perchè egli ben sapeva dominare l'animo tempestoso, sotto un'apparenza di geliditÀ e di freddezza. Anzi scrive quel giorno stesso una lettera al suo agente di Leri, così concepita : « Non si dia più la cura di vendere p~ontamente i bovi grassi, · perchè .sembra· che la guerra più non si faccia. Salveremo le vacche, ma perderemo la causa italiana, che sembrava approdare ad una sol~zione favorevole~ L'imperatore è stato ingannato o è traditore; egli ci hà fatto un danno irreparabile costringendoci al· disarmo. Credo· che potrò presto lasciare il ministero, che. aborro, · per s~abilirmi definitivamfnte a Leri. » . Questo era lo stato d'animo del Cavour ; ma fortunatamente durò poco, perchè l'imperatore fece avvertire che l'Austria rompeva gli indugi. L 'Au.:. stria aveva una situazione, diplbmaticamente parlando, saldissima ma con grande dispiacere del Governo inglese, volle inviare l'ultimatum al Piemont~ ingiungendogli che .entro tre giorni co~- gedasse . i volontari, e rimettesse l' esercito · nel piede qi. pace. Il 29 Aprile arrivarono due inviati austriaci, mentre il Ca~our era intento a far votare dalla camera la legge, che concedeva al Re i pot ~ri dittatoriali e al Governo 50 milioni per le spese occorrenti alla guerra. Si racconta che, quando e~li uscì dal colloquio co' due inviati austriaci, prorompesse in queste parole, che _richiamano quelle di Giulio Cesare, quando passò il Rubicone : ft.m~ci, alea jacta est ; ora che abbiamo fatto della storia, ·andiamo a pranzo. » Lasciati passare tre giorni, il Governo sardo • ca I CO · .rispondeva che il Piemon~e non accettava nessuna delle condizio.ni, che gli si voleva~o imporre, ri- · versandone tutte quante le conseguenze e le responsabilità sull'imperatore e sull'Austria. ç.ra la .guerra evidentemènte ; eppure proprio l'Inghilterra tentò di impedirla.· Ma come mai l'Austria .si era diplomaticamente mostrata così ·poco abile? Si pensava a Vienna essere per molteplici . ragioni la guerra inevitabile ; per ciò siccome la Francia non era ancor preparàta, iniziando subito le ostilità. si · avrebbe un vantaggio sopra di ~ssa~ D'altro lato il partito militare reputava sarebbe stata una ·vergogna ·per una grande potenza far le viste di non accorgersi delle provocazioni del Piemonte e del · signor conte di Cavour che poco prima aveva ri-- sp9sto a Oddo Russel, il quale asseriva « L'Àu- ·.. stria non dichiarerà mai la guerra al Piemonte '» « lo saprò costringerla ». . Pertanto l'Austria di fronte a queste_ provocazioni aveva abbandonato, le sue posizioni dal punto di vista diplomatico formidabili, gittandosi in una guerra, che tutto lasciava credere_ sarebbe stata gravissima; perchè non si rassegnava a dare l'impressione di cedere dinanzi a un staterello, qual' era· il Piemonte: tanto più che si ·lusingava di schiacciare l'esercito piemontese prima che giun- · gessero gli aiuti di Napoleone. Siamo quindi alla seconda guerra per l'indipendenza nazionale; la quale cominciava sotto auspici che parevano lietissimi e davano affìdamento·dell'espulsione dell'Austria di là dall'Isonzo. Il primo atto fu il proclama di Vittorio Emanuele. Il all'esercito, e al popolo., sulla I cui chiusa richiamo la vostra attenzione .. « Non ho ., altra ambizione che quella di essere il primo soldato · · dell'indipendenza» Del resto Vittorio Emanuele aveva già_espresso il suo intimo pe~siero dichjarando di ·non vedere il momento di menar le mani e di sentire il suono del cannone che era la musica che piaceva ai suoi orecchi. I • I • .. ' \ . .

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