Vita Nova - anno III - n. 3 - marzo 1927

LA CRISI DEL TEATRO, UN ESPERIMENTO E LO STATO 165 • si voglia, è il mezzo migliore per portare alla ribalta, reale e metaforica, chi ha avuto dalla nascita le qua1,ità di attore. Ma non il teatro-scuola o la scuolateatro accademici. Ci vuole, evid,entemente, qualcosa di più vivo, più a contatto col pubblico. Può darsi benissimo che i primi elementi tecnici abbiano un valore nella crea.Ziionedi un artista, ma, più che r· educazione iniz,ia!e, all'artista drammatico giova la sua persooale preparazione interiore, lo ,studio psicologico ed esteriorizzato dalla « sua parte», la iSuaintrospezione e il suo controllo. C,i vuole, insomma, i.I pub1 blico per l"attore, 'Unpul:)bl,ico, se volete, ridotto, ,ma comunque, una moltitudine di ,fronte alla _quale egli senta .la << parte » e intuisca le ripercus·sioni psicologiche e sentimentali •sui singol,i che, messi insieme, fonnano quella particolare collettività che è il pu·bblico. L' arti,sta dramrnatico non può. improvvisarsi. Siamo d'accordo, ma quando si parla di .improvv1isazionisi parla di improv,. visazioni di compagnie, non di rivelazione di una capacità artistica, che può erompere di botto, quando meno ce lo aspettia•mo, da un tiz,io qualsia,si che calca il palcoscenico magari per ,spasso. ,Ma è ,possibile c·he l'oratore nato riveli la sua eloquenza da solo a solo davanti allo 'specchio senza la massa con ,la sua anima imperscrutabile che egli, con la •sua intuizione, ,indovina? l\t1a crediamo sul ,serio alla storia ·d,i Demostene col sassolino in bocca ? Tutto ciò ci riconduce alle origini della polemica teatrale, non senza aggiungere che durante la ·medesima, senza dubbio una verità tecn,ica si •è affer-mata: la necessità del direttore di scena, del régisseur per le compagme. 1Ma, pel grosso della questione, qualcosa di più è saltatp fuori in questi giorni, contemporaneo al corso della polemica: :il corso del.le reoite delle • Filodrammatiche ch·e l'Opera· Na:ziionale Dopolavoro ha chiamato a l~oma per gaieggiare. Mentre ,scrivo, ignoro ancora l'esito del concor,so, ma non è questo, d'altra parte, c1 he cOI1Jta.Ciiò che è necessario rilevare è la « rivelazionre » - è la parola vera - di capacità artistiche di prim'ordine tra i <, fi.Iodrammait,ici » italiani. Oh, i fì:lodra1nmatici ! i\nche questa, fra tante, è una leggenda che sta per scomparire. I « filodrammatici » hanno rappresentato davanti al pubblico numerosissimo - (andava a teafro gratis, ma questo è tutt'altro che suflìoiente a spiegare l'entusiasmo) - spettacoli, degni del massimo rispetto, di lavori ,moderni e quasi moderni. Certo, il repertorio non era quello ,tradi~ionale delle filodrammatiche da co:J,legio. Ora, si ricordi che airtitStie artiste di questo corro dii recite al Teatro •Nazionale di Roma sono tutti .autentici lavoratori. Dall ',impiegato alla sartina, dal tra.mviere alla datti1lografa, dai!lo ,scaricatore del ·porto alla ricamatrice. Pqpolo artista e arte fascista. Non voglio, nè posso, anticipare giudizi sul valore - a,ssolutamente eccezionale ~ dimostrato da talune compagnie (peccato, lasciatemelo dire, che Bologna così ricca di vis comica e d1 i genialità teatré!le non fosse rappre,sentata), ma debbo rif er1 ire quella che è omiai la :sensazione di tutti•: che lo Stato non può, di. questo esperimento romano, disinteressarsi. Forse la -soluzione della crisi del teatro italiano è qui, più ohe nelle realizzaziioni paS1Satee· nei progetti avvetnire d,i teatri stabili. Le Filodrammatiche, inquadrate dal Dopolavoro, sono il teatr~ scuola, sono teatri « sperimentali »· per eccellenza. E qu~sto esperiimento romano può avere un valore decisivo ·per le sorti future del Teatro italiano, nel quale l'Italia de:ve riconqui 1stàre il pr,imato perduto e la tradizione pericolante. UGO MARCHETTI .. TOSSI E CA. T ARRI si curano con le PBST16LIE MBBCHESINI. .. DISINFETTllNTI DELLVEIEBESPIBJITOBIE ... I • . Biblioteca· Gino a1co r I •

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