Vita Nova - anno I - n. 11 - novembre 1925

\ I • si dovessero in tutto avverare. Nè il Machia- .velli gli dà torto, anzi osservava essere ~ 11_oe~i molte volte di spiritodivino e profeticorzptenz. E simili individuazioni e avveramenti poss·ono ben essersi ripetuti per secoli. So .~i taluno ai di nostri, vis~uto· sempre libero ~ non 1nai lusinghiero - e ormai é troppo tardi perchè muti abitudine - che ha ripensato e. ripensa a quei versi guarda.ndo a un uomo, al. quale di c~rto abbonder~nno, più che a Cola e a Stefano, costanza e fortuna. ·La canzone ltq.lia mia è una delle maggiori gl9rie, diciam cosi, della italianità poetica: Un coro di ·voci plaudenti l'ha salutata pet se·coli. È scritta, assai probabilmente,·quattr? anni dopo ·il ·lauro capitolino. · • · Beata esuberanzagiovanileI çl_icevail De Sanctis, che la teneva composta nel 1327 per ìa, calàta di Enrico il Bavaro. · Nobile commozionesenile I avrebbe forse detto, se l'avesse creduta per esempio del 1370. Soncose che céipitanoanche a critici insigni. Ma , ciò non guasta. Certo é che di esuberanza, in ' q~anto ·voglia ~ire insieme eccesso ~ 1 ~ifetto, non ve n'é in quel canto nessuna. 01ov1netto, sl se ne ispirò il Leopardi, e della sua canz~ne anche la secondà parte ~i risente di . un'altra di quelle tre. . E vi sono. momenti altissimi : lasciamo pure che voci nefande, e plebee nel peggior senso, lo irridessero: quel grido, e non solo quel- . lo, Dammi, o ciel,che sia foco Agl'italicipetti il sangue mio, é di un ~redevero.del Petrarca. Ma la canzone di questo, che altezza_!che densità I che ardore ! Ripensate l'esordio, fino a quella stringente 4omanda : chefan qui tanteperegrinespade? E la divina stanza Nen è questoil terrench'io toc~aipri~? ·che mette capo all'incomparabile asserto : I • • . i' o Bianco virtù contraJuròre prenderàl'armi, e (i-a i~ combattercorto, chè.l'antico valore negl'italicicor non è ancormorto. 11Machiavelli, si sa, il divinoMachiavello'. d . a 1, Alfieri prendendo da lui il titolo dt 1cev n . . un suo ultimo, capitolo, chiudeva il rrznctpe con quei versi ; . e non è ?ià una cit?zione, bensi una commozioneestatica e profetica che l'invade che l'avvolge, che gli fa suggellare le sue ~agine, f0rti e profonde ma non tutte · immacolate nè indiscusse, unendo la sua voce al vaticinio, cui -esso credeva, del .·poeta. . . Il quale alla sua canzone, nel degn_ocommiato, pone sul labbro quest'~ltimo gran verso: io vo gridando ; pace, pace, pace. · Mi rammento che nel passato secolo .un poeta trentino finiva, una sua canzone con una variante del verso petrarchesco ; e quel poeta saÌ,eva bene che col suo guerraI guerraI · guerra! non dispiaceva al gran padre. Il ~e-· trarca voleva la riscossa d'Italia, avendo fede sicura nel senno e 'nel valore italiano; la patria voleva libera da stranieri~ concorde in sè, concordi tra loro i suoi : e dopo ciò e con ' ciò invocava, benediceva la pace. .Al pensiero cosi pi~no, al verbo cosi bello del poeta, nulla oso soggiungere. · E, pur conoscendo che queste mie P,arole, come quelle dell'altra sera, sono appena una ombra di ciò che dovrebb'essere la. trattazione di tali argomenti, ripeto che mi com·- piaccio di avere com·unque, certo con - puro cuore e con le ginocchia della mente·inchine, celebrato. in questa fervida casa, in questa nascente sèuola, e in un tono che , vuol essere insieme di plauso e di augurio e di ammonintento, i due nomi che splèndono. alla divina . aurora della nostra letteratura e accompagnano a tutte le prove e le glorie la vita della patria : Dante, Petrarca. V- '

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