chiave da voilta del!· impe•riial-ismo dugoslavo e, ·in mano altrui, la più i1rrimediabile condanna ad ogni nostra seria egemonia adriatica. L' Italia e gli interessi adriatici. ~ li Montenegro indipendente e gravitante nell' influooza italiana doveva essere 1' abc del più mediocre nostro negoziatore a Versailles. Ma la nostra famigerata Delegazione (io per me ci metto tutti, da Orlando agli esperti irresponsab1h, alle bellissime dattiloglafe ed. a,i gagliardi valletti). Per tutti costoro il Montenegro era il paese della leggenda pittoresca e delle canzoncine selootiche, interessante per il folk-lore e per aver dato i natali all'Augusta d'Italia ! Oh meglio cento volte sapere la ventà cruda, che i pretesi arcadi-pastori decapitavano fino a pochi anni fa i loro nemici e ne conserviavano le capigliature come i pellerossi: che la cavalleria immaginata sotto gli smaglia,ntl costumi era in realtà una scuola di agguati e di tradimenti; che non mancavano storicia·mente parlando, esempi di viltà è di fellonia politica; che la stessa grande. gesta della gente serba culm.ina in quella battaglia di Kossovo che una critica sp~ssionata deve bene sfrondare dai folti' allori che non merita.no il Re Lazza•:CO' santo sì. ma pochissimo intelligente, e il traditore v·uk Briancovic « che via menò dodici migliaia di cavalieri potenti >>, e le schiere tutte che vacillaronl> e si dispersero troppo facilmente sotto la folgore di Baiazet. Noi protestiamo per 1lia fine del Montenegro con pochissima poesia e con sicura visione delle· necessità nostre e sue. E vogliamo che l'opinione pubblica nazionale sappia c.he il Montenegro non si doma. l'roppo dalla montagna eccelsa del Lowcen - ove « come un· immutabile pietrificazione geologica » sta contro il cielo la tomba dell'ulbimo grand~ poeta, il Vladika Pietro - esso ha contemplato il bel )ago di Scutari ed il fecondo Adriatico; con troppa secolare tenacia esso ha raggiunto tutti e due, a ·malgrado dell'Austria feroce e dell'Italia indifferente! Il suo giorno tornerà. E quel giorno bisogna che abbia nome italiano e che le bandiere italiane siano liberamente salutate sull'altissimo caste~lo che custodisce il destino dell' Adl'iatico amanss1mo. L'anniversario del1' ultima Triplice. Ai commemoratori del Tiirr non sarà dispiaciuto questo sconfinamento nel quale la Ungheria entra solo d-i riflesso, se si pensa che l'Ungheria stessa è una vittima del caos da.nubiano-balcanico ed una nobile naz,ione che attende una ben diversa sorte. All'Ungheria, s;a pure indirettamente, ci risospinge il calendario che segna ai 5 di dicembre l'anniversario de.Jl'ultima riconferma della , VITA NOVA T•riplice Alleanza nel 1912. Roba vecchia, d'accordo; ma gli italiani dovrebbero farne pane della loro cultura quotidiana perchè son tutte in queste tappe recenti le ragioni della guerra e i segreti del loro divenire nazionale che altrimenti non comprenderanno mai e, quindi, tuteleranno male. Perchè nessuno, per esempio, nei lunghi dibattiti sul diritto dell'Italia a rompere ;1 trattato nel fatale 4 d,i maggio 1915, ha rammentato le parole del negoziatore principale dell'alleanza dell' 8 maggio 1882, il Robilant: « Ci siamo esposti ad una guerra continentale, senza assicurarci da una guerra marittima >>? È ii,l colmo, ma è così: e risulta dalle pubblicazioni ordinate al prof. Pribram dal governo della Repubblica Austriaca sull'archivio segreto diplomatico della Ballplatz. È così : l'autore italiano del 1882 prevedeva quello che sa-rebbe successo nel 1914, quando per seguire la Triplice av·remmo affrontato la guerra contiinentale più lontana dai nostri interess•i, con la quasi certezza cLi essere rovi.nati dalla parte di mare ! Stefano Tiirr, negoziatore vero, ne avrebbe ino11rid.ito, se avesse saputo, egli che pure non e•ra stato dei più tiepidi a provocare un ravV11c1namento tra Vittorio Emanuele e Froocesco Giuseppe ! Dagli Arc'liivi segreti dell'Austria. I 1 grande patriota unghere~ dimentico della condanna a morte inflli~li dal giova-ne imperatore degli impiccati, credeva in buona fede di giovare sopratutto alla causa della pace e coronava il sogno della sua vita d.i uni,re le due patrie: Italia ed Ungheria! Ma a qual prezzo! Per noi era l'espediente per uscire alla meglio da una posizione intoUerabile di umiliazione e di pericoli: dopo il Congresso di Berlino e l'azione francese a T un,isi non c •era scampo per noi che nel blocco della Mitteleuropa. Bismark - narrano le carte segrete· austriache. - diceva che « l'lta,lia va da una parte ali' ahra, attratta dal suo istinto, dove c'è sento·r cli cadaveri ; sempre pronta ad assalire alle spalle e a .portar via un pezzo di preda >>• E questo conoscevano i negoziatori: ah, davvero, non si sa se compatirli o maledirli, anche nel loro stato di necessità ! Chi cede al ricatto non è tanto spregevole, quanto colui che lo impone? E vale la suprema ràgione, che sempre i documenti aust•riaci rivelano, che ·l'alleanza fosse necessaria all'Italia per salvare la Monarchia? In quegli anni gravissimi di e-risi, con l'incombente minaccia di una riapertura della questione romana e perfino· napoletana (come perfidamente suggeriva Bismarck aJ governo di Vienna), sem· brava possibile il formarsi di una fede,razione di repubblichette italiane e le Cancellerie tedesche ne discutevano apertamente. Serr.brava a quest'ultimo che una simile federazione avrebbe agevolato la soluzione in senso cattolico della questione romana e perciò noo l'avrebbero vjsta con ecBibliot ca Gino Bianco 33 cess.ivo timore. Lealmente ora l>isogna riconoscere che il consolidamento della Monarchia italiana si poteva giustificare con la paura di un simile incombente pericolo. Ma sarebbero occorsi altri uomini. ll Ministro degli esteri, Mancini, non esita" a a mandare due volte il Re Umberto a Vienna, quasi ad una specie di Canossa, propizidtrice dell' Al,leanza ! Intanto r Austiia diveniva sempre più forte per le intese con la Russia e l'Italia sempr~ più debole per le infernali congiure franco-bismarkiane. éosì s•intraprese Cjuelr esilio del popolo eletto che rappresentò per noi la T ri,plice. Così nacque la generosa protesta 2i Oberdan, i1 quale non sapeva quello che ha scoperto il senatore Salata negli archivi viennes; : i discorsi della corona italiana vistati dall' Ambasciatore Austriaco ed annotati dalJ' imperatore ammirato : « ma questo è troppo ! » Troppo non sembrava ,·i nostri governi, ormai ridotti vassall; di un 1mmagina,rio Sacro Impero. Fa ride,re, ora, il buon Cai,rol·i che. sognava di aver un po' d1 "f.rentino in cambio delralleanza cui egli p~nsava fin dal 1880 incaricando il giornalista tedesco Gronert Goerke di fare delle « avances » presso Bismarck il quale rispondeva altezzosamente che per aprire le porte di Berlino occorreva paissare per Vienna! Mancò poco, invee~, che Vienna non imponesse, come prezzo del!a sua protezione, uno speciale <e modus vivendi » con il Vaticano! Le catene della libertà. È ingeneroso, oggi, rammentare tutto questo? è ingeneroso ricordare che il 5 dicemhre 1912 il governo nostro rinnovava tuttò questo? è ingeneroso chiamare in causa la complicità dell'Ungheria, allora membro a.Ila pari della Duplice Monarchia? Può darsi ; può anche dirsi insolito questo modo di commemorare il grande Tiirr. Ma noi pensiamo che mezzo milione d · ltaJiani sono morti -per ·riscattare· il vassallagg,io impostoci dal.I' Austria-Ungheria. Ma noi commemoriamo ora per ora, gion10 per giorno, il sangue di migliaia di giovinetti caduti per rifare una coscienza alla Nazione, per cancellare l' opera semisecolare dei cosidett.i governi della libertà. La politiica estera di uno Sta!o è la pietra di paragone della sua esistenza morale come è la pietra angolare del suo deificio in.temo. Ebbene la Triplice Alleanza fu la prova della mancanza di una vita morale risol- ~entesi nel servaggio politico, nel vassallaggio economico, nella negazione di ogni iniziativa di nazione. Altro che bizantineggiare sugli articoli di un trattato ! Noi diciamo agli italiani di armarsi ora e sempre di sdegno ogni volta che ricorderanno. Non per sterile desiderio di vendetta. ma per gridare a chi ciancia di li~ertà che abbiamo deposto le incredibili catene della libertà. AHMANDo Lu DOLINI
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