Vita Nova - anno I - n. 8 - agosto 1925

VITA NOVA 13 • noi possiamo qui trattenerci a studiare il perché di questa ignoranza, fuori del nostro Paese, visto ohe quasi altrettanta ce n' è stata, fino a poco tempo fa, dentro. E neppure è il caso di andar piu in là di un cenno per quel che riguarda il nostro argomento. Ma come tacere del Vico, di un pensatore cosi profondo, e cosi espressivo di quel eh' è il genio migliore della nostra stirpe, in cui il vigore speculativo vuol sorgere dal di dentro stesso delle cose, e non sovrapporsi a esse? Uno scrittore acuto, il Codignola, integrando per la parte riguardante l' Italia un testo straniero di storia della pedagogia, fa giustamente osservare che, mentre i cartesiani, e piu tardi gli enciclopedisti, loro legittimi eredi, mantengono il concetto che la tradizione altro non sia che un tessuto di errori e di pregiudizi di cui bisogna liberarsi, e opponendo i diritti dell' individuo a quelli della tradizione fanno consistere la vera educazione nell' instaurazione di una cultura puramente · razionale; Vico, invece, vede per primo nella storia il mondo dello spirito, e si spinge, per questo lato, molto piu in là di Rousseau, « irretito con tutto il sec. XVI I I nell' insuperabile dissidio fra individuo e società, libertà e tradizione ». E il Genovesi, « riallacciandosi alla tradizione anticurialistica e antiecclesiastica di tutti gli stati italiani e in particolar modo dei -giuristi napoletani, fautori decisi dell' autonomia del principato laico da ogni soggezione e ingerenza clericale, propugna il diritto del principe a regolare I' opinione e quindi l' insegnamento di tutte le scuole ». Ma si badi di non confondere questo spirito anticurialistico con le intenzioni irreligiose degli scrittori d' oltr' alpe! Qui « non si vuol bandire la religione dalla scuola, ma sgttrarre il futuro cittadino ad un' autorità estranea e troppo spesso avversa allo Stato : non altro significato ha la laicizzazione della scuola compiuta in questo torno di tempo dai principi italiani e la stessa cacciata dei gesuiti ». D'ispirazione schiettamente vichiana è la pedagogia del Cuoco, il quale per primo affaccia chiaramente il concetto della necessità di un' educazione del popolo per un fine nazionale. In lui è pure già espresso il desiderio « che I' Italia abbia anch' essa la sua filosofia italiana», poich~, egli osserva, « è piu importante di quel che si Biblioteca Gino Bi neo I crede che una nazione abbia o non abbia filosofia propria: scorrete le epoche della grandezza politica di tutte le nazioni : son quelle stesse della loro grandezza filosofica: la prima forza è la mente ». E udite come già ha chiaro il concetto della vera didattica della poesia: « Se I' educazione degli antichi era superiore alla nostra, ciò forse in gran parte si deve alla cura che avevano di metter per tempo nelle mani de' lor giovinetti le opere de' loro grandi poeti. I poeti per gli antichi erano i primi maestri della gioventu ». « Noi, invece, opprimiamo i giovinetti con le insipide regole di una lingua morta; ' . ' . . . con un umanrta 1numan1ss1ma, con una rettorica insensata. E poi ci lagniamo che dalla nostra educazione non vengan fuori che grandissimi pedanti e picciolissimi uomini>>. Non vi par di sentire una voce dei nostri giorni? Non è questa una nota della Riforma Gentile? E anche il problema dell' educazione religiosa è prospettato da lui per la prima volta da entrambi i punti di vista: della vita spirituale e della necessità politica. Discorrendo del catechismo laico scritto in Francia per l' educazione del popolo, egli ne coglie con tutta esattezza il difetto : « Aveva troppo di filosofia e troppo poco di religione, mentre ogni popolo è destinato dalla natura ad esser sempre religioso ed a non esser mai filosofo». Noi oggi diciamo che il popolo ha nella sua religione già quei principii di filosofia che vengono poi elaborati e svolti nel problema puramente speculativo, e in piu contengono un principio di vita spirituale, eh' è ciò che dà loro il carattere propriamente religioso. Ma già cosi la pensava il Cuoco, per il quale la religione doveva esser in primo luogo base della morale e delle virtu civili: poiché «·la corruzione della morale porta seco il disprezzo prima della religione e poscia del governo ». Lo .Stato, quindi, non solo deve favorire l' educa-- zione religiosa del popolo, ma anche vietare che i ministri dell'altare attentino alla indipendenza dello Stato. Abbiamo qui un anticipo della lotta tra lo Stato e la Chiesa che vuol invadere il potere politico. Il Gentile, che meglio di tutti ha studiato il pensiero pedagogico del Cuoco, . commenta a questo punto: « La tesi del Cuoco, che è poi il pensiero del suo tempo, ma animato dalle aspirazioni nazionali proprie del nostro scrittore, -si può giudicare come liberale o come .... •

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