Vita Nova - anno I - n. 4 - 15 maggio 1925

Diritto ,Internazionale I • PROF. SCIPIONE GEMMA LA SOCIEAT' DEIJLE NAZIONI SERA DEL 31 GENNAIO 1925 Dopo avèr veduto come si distribuisce la sovranità nelle varie forme di Stati, ci resta un ultimo esame affinchè, sotto il propostoci punto di vista, il nostro quadro sia completo. Alludo a quell'organismo di cui ancora, veramente, per quello che vedremo questa sera, non saprei dare una qualificazione definitiva, che si_ chiama ,< La Società delle Nazioni » e che è di recente formazione. Dobbiamo studiarlo in ogni modo, perchè esistendo esso nel fatto, e non essendo dunque indifferente per i rapporti internazionali, non ne possiamo prescindere. La Società delle Nazioni ha una vita ancora br~ve, e possia1no già constatàre che in questa sua breve vita non ha corrisposto a tutte le speranze che l'avevano· accompagnata nel suo sorgere; forse anzi un velo di eccessivo pessimismo é oggi subentrato a quell'eccessivo ottimismo che era stato coevo al suo primo sorgere. Comunque vedian1one intanto la str'uttura e l'aziorie. La Società delle Nazioni deriva da un patto che è inserito in tutti i cinque grandi trattati che hanno chiuso la guerra mondiale. Tutti quei trattati hanno i primi ~6 articoli comuni, che costituisl-ono appunto il patto della Società delle Nazioni. Essa sorge dunque formalmente il 28 giugno 1919 con la data del trattato di Versaglia che fu il primo trattato di pace. Quanto alla sua natura originaria, dirò subito che corrisponde a sentimenti e ad idealità comuni, ma soddisfa pure ad interessi molto diversi. Da un lato essa risponde ad Biblioteca Gino • rance un bisogno tcteale che si è manifestato poten... · temente alla chiusura della guerra; un bisogno ideale che si manifesta sempre del resto inesorabilmente, fatalmente, dopo una grande guerra e che deriva dai dolori provati e anche dalla materiale stanchezza fisica e ner~osa e quindi dalla necessità di riposo ·dopo una· ~itanica lotta. . Chiusa una grande guerra si pensa sempre che q ues.ta catastrofe internazionale non si riproduca più; si ha necessariamente l'illusione che sia stata quella guerra l'ultima guerr.a. Così avvenne dopo le lotte napoleoniche ed il mistico Alessandro I rispecchiava, allora, il sentimento comune credendo di assicurare all'Europa, con l'ordinamento di Vienna, uµa tranquillita pertnanente. · Questa, che è quasi una fatalità psicologica di determinati periodi storici, si innestava poi anche ad un movimento mentale che aveva avuto tradizioni nobilissime. La concezione di una societa internazional_edove, nella tranquillità assoluta, e nella preveduta disciplina dei rapporti, il fattore della guerra possa essere eliminato, ha una tradizione alla quale si collegano altissimi intelletti. Si può risalire al nostro sommo Padre spirituale, Dante Alighieri, che nel De Monarchia traccia appunto un ideale di soci~tà internazionale che non dovrebbe consentire l'uso della .forza : « ubicumque potest esse litigium, ibi debet esse j udicium ». · Dopo le guerre di Luigi XIV, l'abate Carlo Ireneo di S. Pierre, propone di costituire una associazione e una giurisdizione suprema che ,. ' • '

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