Vita Nova - anno I - n. 4 - 15 maggio 1925

ca5a. Questa l' avevo di faccia ; a un tratto calò di fuori una gran tenda sul sole e cominciarono a dilagare, dai vetri opachi delle finestre, i lampi nella stanza semioscura ; tutta la villa, fabbricata proprio sul cocuzzolo di un poggio, tremava, e una turba di cipressi, simili a tanti incappati che vigilassero quel cimitero di vivi, ti sbatacchiava disperatamente davanti alla facciata alternando ombre sul pa- • v1mento, e scaraventando manciate sonanti di go ce i o l e contro i cristalli. In codesto barlume fra un lampo e l' altro, mentre le opache forme dei cipressi traversavano veloci la stanza, e s' aspettava che la donna recasse una lucerna a tre becchi, vidi sulla tovaglia, più chiare di queste, le mani fosforescenti della cugina e il suo. volto d' alabastro e mi strinsi alla mam- • • ma, 1mpaunto, come se al buio, a un tratto, mi fossi trovato di- • nanz1 a una zucca vuota c9n gli occhi, il naso e la bocca illuminati di dentro. Venne la lucerna a tre becchi e un lume a petrolio che filava da asfissiare ; ma vennero anche le scaloppe al madera, gateaux fatti in casa guarniti di confetti e d' anaci, e ancora « erogetti • e stiacciate e panelli coli' uva, e donzellette di lievito, e giuncate di ricotta, e marmellate di frutta, e vini traditori, e rosolii di tutte le qualità. - Ma perchè tanti complimenti?· - insinuava mia madre. - Si mangia sempre cosi I - biascicava la vecchia zia affaticandosi con le ganasce sdentate, e la monaca di casa, paga di un grappolo d'uva, annuiva, - 19 Biblioteca Gino Bianco con le sue terribili mani incrociate sulla tovaglia. Poi seguitava a racèontarmi, la zia, come da quando era stata sposa non fosse più scesa a Firenze, e come il povero zio, allorchè doveva andarci per interessi, poi che a piedi non ce la faceva, e col cavallo aveva paura, ci andasse sul carretto di una lattaia tirato da un cane maremmano. - E la lattaia ... zia? - Morta da tanto tempo! - E il cane, zia? - Naturalmente, anche lui I Ma dunque· si moriva anche in quel, mondo lì, dove tutti parevan già morti? - Zia, come morì lo zio? - Di gotta ... . ' come mor1ro an- · h •. c 10 ••• - Perchè non fai un po' di moto ? - chiese la mamma. - A che scopo? Quando mi chiusi quassù, il Granduca era ancora a Firenze. Non ho voluto più leggere giornali .•. la notizia della sua fuga me la portò un cappuccino... Guardate ! ( e si piegò un poco sulla poltrona a braccioli) laggiù, in quella camera, c' è la culla dove f~i messa appena nata, e dove sono state messe .tutte queste figliole, e in quel letto dove dormo dirò addio alla lucè, e appena mi avranno fatte scendere due branche di scale, mi ricongiungerò ai morti. - C' è anche il nonno laggiù sotto ? - No, amore I . Lui 'per non trovarsi vicino il figliolo, neppure da morto, si fece seppellire nella cappella sotterranea di San Matteo, sotto il coro, nella chiesa del Carmine di Firenze. Vedi, bambino, che gente quella d' allora? Tutta d' un pezzo I

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