Vita fraterna - anno III - n. 14-15 - 30 lug.-15 ago. 1919

/ - Anno III, N. J4-J5 - 30 I-,uglio-JS Agosto J'JJ'J Conto corr. colla Poata VITA.FRATERNA RIVISTA QUINDICINALE DI STUDIO E DI AZIONE SOMMARIO La crisi di Caporetto - Ricordi d'_9spedale - Lettere di Guerra ~ Le gioie semplici - Il Gelsiimin - La vita. E per la vita - Kolciak - Il talento - Per la coltura della nuova classe dirigente - 'Libri utili alle giovinette - La norma - Conversazione - Urgentissimo - Fiorenza_ Nightingale (pagine staccabili). ABBONAMENTI Ordinari Italia L. 6. - Estero L. 7. 5o Sostenitori . ,, ,, 10. - ,, ,, 15. - Gli abbonamenti sono solamente annui. Numero separato L. o. 3o - Arretrato L. o. 60 pei numed doppi il prezzo è doppio / Esce il 15 e il 30 d'ogni mese. DIREZIONE e AMMINISTRAZIONE Via Spiga, N. 251 Milano - Telefono: 8r-r6 Biblioteca Gino Bianco

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Milàni,- Anno lii. 30 Luglio-15Agosto1919 - N. 14-15 .VITA FRATERNA RIVISTA QUINDICINALE DI STUDIO E DI AZIONE Mlltu. annu!ordiftarie L. 6 liltllan. an11u111,t1nil11r1 L. IO La .. . cr1s1 di Caporètto. Non ancora erano interame11te note le conclusioni della Commissione d'inchiesta per Caporetto che già un,a parte della stampa · nostra - ,e la parte meno degna - inscenava una vera campagna su Caporetto, cer-can<lo di individuarne tutte le cau e in uomini e fatti: che la complessità id'eg1i avvenimenti che ci portò a quell.t crisi riduce ad alcuni soltanto fra i molti elementi ben più gravi che vanno esaminati. Erigendosi a giu<lici di quegli uomini- e di quei fatti, i giornali che in questo periodo hanno aperto uea tale di~cussione credono p, cercano di far credere di giudicare cosi tutto il fenomeno di Oaporetto. Quindi <li poter emettere la sentenza contro gli uomini ,su cui si sforzano ,di accumulare tutte le responsabilitjt. E' un'opera velenosai di disgregazione nazionale eh-e in questi . giorni si· vien facen<lo per 1e colonne di alcuni giornali che si pubblicano in Italia. Essa non rivela l'accorata coscienza di chi glj.udica perchè s,ente ich~ è suo dovere •di esaminare il male per togrierlo e rigenerare l'organismo e pen constatare come malgrado qu~sto male l'organismo sano abbia reagito e resistito: rivera in-vece il rancore acre d~ -chi dall'esame di un disastro nazionale trae motivo Pe'fl <listrugger-e qualunque elemento ideale della nazione, condannando una guerra, dimenticando una vitj:ori.a, svalutando una fede. Non può aver l'animo lieto chi· <li questi gi,orni legga alcuni dei giqrnaE di Torino e di Milano: chi -canstati la ricerca di scaricarsi di qu-elle responsabilità che essi hanno i'mmense e assolute rispetto a quanto si produsse nel'l'ottobre 1917 e veda come a questa ricerca si giunga coll,o sfalsare una massa di fatti e icol tratta.ire con evidente unila't-eralità le questioni ~he a Ca-poretto si ricollegano. BibliotecaGinoBianco

VITA FRATERNA Valga ancora una volta a vi11,cere questa nuova forma di disfattismo ,che cerca di sommergere nd ricordo id'i Caporetto il ricordo ,delle, battaglie ero~che ·dell'Isonzo e il ricordo fulgidissimo del Piave e ç:lella vittoria finale., la non traviata coscienza della parte sana del nostro Paese, di quella parte ehe anche a Capor•etto seppe vincere -sul fronte e nell'interno. * * * E' .ormai ,passato -r>iù dli un a·nno e mezzo da quel gwrno dolo-roso di ottobre. Giorno che iniziò la cns1 che noi sentivamo venire, senza intuirne l'e.ioca precisa e il mod:o di svolgimento, ,cercando di depreca>rla, ma che sentivamo incombere su <l't noi attraverso quel senso di ·sgomento e di esasperata preoccupazi,one che costituiva il nostro stato d'animo di quella vigilia.· Cause detérminanti. ( al f,r,onte) che si unirono a pr-ov•ocare il di6àstro: la stanchezza morale dei soldati; l'incapacità e l'imprevidenza di molti ca.pi; una magistrale preparazione avversaria. Rifa'Cciam,oci per brevi momenti a quel tempo - senza aver la pretesa di volerlo a fondo esaminare - ma solo per riguardarlo oggi come ci. appariva allo-ra e come ci a,pparve quando pntemmo -confrontare la nostra guerra di prima Caporetto con quella - che .sembrava addirittura una nuova guerra - tli dopo Capo·r-etto. Noi avevamo allora àlla testa un uomo indubbiamente di gran fede: Cadornà. Ebbe fra gli altri meriti queliÌo grandissimo di credere nella guerra e sembrò avere il merito di imporsi a tutti facendo tacere quelle d'iscordie che nelle nostre guerr,e nazionali passa.te ci avevano afflitto ed ,era:no state .cause di• disastri. Gli. errori che a lui si at-tribuisco.no - e di cui la sua responsabil-ità non è .sempre diretta - non potram,no mai 'ledere ra sua personalità di Italiano e d'i Du,ce, che rimane intattai. ' Lo si accusò di .aver la·s.ciato che troppi ufficiali· venissero esonerati dal comando - quando in guerra è assurdo pretendere l'infallibilità, mentre tanti ·elementi nuovi si presentan,o di continuo, che non si possono preveder-e. Ma· si d'eve riconoscere che vennero eHminati anche molti elementi non idonei ad occupare il proprio posto, perme 0ttendo che salissero ai più a1ti gradi ufficiali giovani. Epurazione del- resto necessaria in un gerarchià che, accanto ia'i veramente buoni, Biblioteca Gino Bianco

VITA FRA'I'Ell1iA conteneva, anche 'molti ben lontan,i dal-Fessere all'altezza della situaz,ione. Dal punto di vista tattico è facile oggi la criti,ca a quanto si è fatto; ma ciò che oggi appare semplice e logico era allora nel campo delle possibilità? Questo ,c'è da chiedersi e da tener empre presente. _ Non vi fu mai - è vero - o fu ben rara - la mossa in grande stile; la mossa che ottiene il risultato col minor sacrificio o che ha un risultato così grande dia giustificare il grande sacrificio. Le azioni nostre furono sbalzi eroici u de le nuove quote: es.se ci diedero la misura del valore del nostro soldato che ha tutte Je qualità per e55ere il primo soldato del mondo, ma non • ci diedero la misura del valore dei ,capi. Ora IC'è da chiedere se Ca:dorna ritenne que tarla tattica migliore per arrivare alla mèta, oppure se fu costretto a limitarsi a queste s.uccessive parziali avanzate - che pure costituivano sempre _una pressione logorante esercitata sul nemic13 ed una minaccia avanzante lentamente ma costantemente verso obbiettivi vitali - penchè per azi.oni più grandiose non ebbe- a disposizione i mezzi - uomini e materiali - che a lui occorrevano e che forse potrebbe aver chiesto, senza risultato, :ti Governo d'Italia e agli Alleati. ' Noi abbiamo così serripre avuto l'impre ione di un timore di andar troppo oltre: forse per la mancanza di mezzi, far e per la preoccupazione di dover poi tornar indietro. A-d ogni modo mancò sempre Io slanci.o nella prosecuzione di un'azione e non si seppero (o non si pot?erono) sfruttare certe situazioni che ci avrebbero permesso di andar molto avanti senza grandi sforzi. solo avendo nuova truppa a disposizione da lancia-re nella battaglia. Citiamo due nomi : Gorizia e Bainsizza. Noi fummo a Gorizia sorprendendo e scompaginando ii nemico che si era ritirato molto oltre, pensando che noi avremmo buttato truppe fresche n~lla falla prodotta nelle linee sue. Ma ci fermammo, rendendo anzi grav.osa e incerta per noi l'occupazione di quella citµ. :così un anno dopo sulla- Bainsizza: pr.ovocata una larga falla nella, linea avversaria e provocata la rotta del nemico, non ci lanci3lll1mo avanti per sfruttare al massimo tutte le nuove possibilità. Ci fermammo senza aver avuto un vero vantaggio dalla nuova .occupazione. Anche all'inizio della nostra, guerra vi fu del). timidezza - giustificabile in- parte data la nostra inesperienza e impreparazioBiblioteca Gino Bianco

VITA FRATER1'A ne bellica: - ma quasi dovunque noi avremmo potuto avanzare facilmente data, la impreparazione nemica. In alcuni settO"ri montani non avevamo davanti nè truppe, nè artiglierie, nè trincee; ma ci fermammo lasciando tempo al nemico di portare truppa e cannoni. E. non :si fece più mt'lla. Sull'Isonzo pure un nostro sbalzo ci avrebbe forse ·portato oltre la .zona che ra-ppresentava il niaggior osta,colo da .superare, ossia I.a zona montana e caTsica. Ma sarebbe stato prudente e conveniente tendere maggiormente l'arco della nostra fronte già immensamente estesa rispetto alle forze che avevamo ·e suscitare magari,· pTima di poter essere in grado di subirne qualunque .conseguenza, una offen.siva tedes'Ca che allora ,da,vvero 11011 sapremmo dove ci avrebbe condotto? Così noi fummo costretti a la·sciare che il nemico potesse provvedere alla .sua sistemazi.one difensiva su linee c.he forse avremmo potuto 51ubito sorpa,ssare se non avessimo avuto quelle incertezze. Fu così che subito anche sull,a nostra· fronte la guerra si aggrappò al terreno e divenne ferma: e fu ,possibile così che J".entuJsiasmo del-la vigilia che animava Paese e Esercito - entusiasmo che nei più non era frutto di profonda preparazione d'a·- pimo e di cosdenza ma solo della esaltazione del mome~to e perciò suscettibile di esser corroso dalle prime sitanchezze - si dil'uisse nella lunga attes'à e nel logoramento della guerra· di trincee. E' però ancora neces;sario ripetere ben chiar.o- che pochi mezzi avevamo in principio: e ai mez•zi tutto doveva essere proporzionato in una guerra come ,quella: e.rano. questi l'unità di misura della intensità delle azioni. Avevamo ·sopràttutto poche artiglieTie. L'Esercito era stato preparato m un anno si puèi dire dal nulla, id'allo stato cioè a cui l'aveva ridotto in lunga série ~!'anni il governo giolittiano che non vedeva la ineluttabilità· di questa ~uerra - e qui vi è una enorme ..responsabi1Lità da 110111 dimenticare, - aiu,tatò dall'indiffe;entismo del Paese e da una conseguente politica servile. L' organizzazione era stata fatta in un tempo troppo breve per ·poter essere completa. ~ si deve rico.noscere che il merito di avere :rifatto - o fatto _ l'Esercito Ita,liano e di averlo messo i·n grado ,d,i entrare in guerra contro un nemico. agguerrito e già esperto della guerra, spetta soprattutto a Ca:dorna, il quale - . an'Che solo per qu_esto - merita la_ri,conoscen_zà del nostro Paese. Altre cause v.anno ricercate in quegli errori <l'i cui hanno · g:ran parte di res-pon·sabilità il Governo e il Paese, che, vedendo BibliotecaGinoBianco

YITA l"ltATONA ·nelle nostre azioni il" soldato ri pondere bene e battersi eroica- .mente ed avanza-re, si abituarono all'idea del <i:°buon funzionamento» del so'l<lato lo trascurarono, oppure non _e ne preoccuparono {:Ome era dov · e necessità. Da troppi - di non fermo spirito - si era -d. 1cata a guerra: _era subentrata la stanchezza che alimentava - e ·ne era a sua volta, alimentata --::- quell'azione lenta e continua dì- di fatti mo che andava dall'espressione di sfiducia fino alla propaganda più· organizzata - rossà e nera (non importa e in buona o in cattiva fede). Ginnse così aUe trincee l'eco della e pressione di stanchezza della gente mal ferma e ·della esprts ione di negazione della guerra de!La gente senZJa fede - giunse l'eco della propaganda disfattista nostrana e tedesca - a cui non fu contrapposta l'opera del Governo in Paese ed una efficace opera di convincimento al fronte. Presso i soldati· mancò un'opera coordinata di propaganda - come se ne sentiva la necessità fin dai primi momenti (e questa sì si poteva veramente fare come fu fatta dopo con ottimi risultati). Propaganda che facesse intendere ai soldati il perchè della guerra, che li rendesse consci della ragione dei loro· sacrifici. Furono pochi gli ufficiali che nelle loro compagnie o batterie distribuissero libri· (avidamente goduti dai soldati) e intrattenessero i propri uomini sulla necessità della guerra, dimostrando di interessarsi a loro, esplicando oper,a. immensa.mente proficua di amore, di solidarietà_, di propaganda. · - Erano iniziative i~ola.te e non appoggiate (perchè pochi superiori ci orndevano). on una -vo~ta sola abbiamo purtroppo sentito ripetere - a c-o-minciare dall'alto ufficiale fino all'ufficiale· subalterno (non maturo nè l'uno nè l'altro per J'alta loro mi sione ed ambedue perfetto riflesso deHa condizione morale in cui si trovava la nostra cl-asse dirigente, nella impreparazione e deficienza derla quale sta forse ;Jet. piìì profonda caùsa di Ca.porètto) - delle espressioni ·di s:fiduoia nel~a guerra che si iriflette~no con effetto deleterio sui soldati. Si lasciò predominare quella disciplina formale che çonduce all'indifferentismo invece di instaurare, dandole il predominio, una · disciplina di convinzione. E d'altra pa7rte si :asciò diminuire eccessivamente il vitto dei soldati: ridotto il pane, ridotta la carne: poco c'era da mangiare -- ma eguale permaneva il disagio e il lavoro; e questo contribuì ad accn;scere la stanchezza. Non si sentì che il Fase facesse cor- --rispondere ai sacrifici che si sostenevano al fronte una maggiore , BibliotecaGinoBianco

VITA FRATEitNA austerità di vita: nel Paese c"era chi poteva mangiare, divertir.si, arricchire stando al. sicuro: lassù si arrischiava la vita per difendere la Patria: c'era un contrasto che non sfuggiva al .soldato. Si lasci'arnno reggimenti .per trop,,po tempo in linea: reparti che avevano risposto . bene veni van~ tenuti sempre su queHe posizioni perchè s·e ne poteva esser sicuri. Az.ioni nort riuscite una, duie volte, v~nivan fatte ritentare dalÌe stesse truppe dl nuovo, finchè non era necessario che queste venissero so..,tituite perchè eran logor.ate. Ma questo poteva anche essere dolorosamente necessario perchè non avevamo eccessive riserve: ma l'errnre forse più grave fu quello di promettere sovente il cambio alla vigilia di azioni: mentre, finita Yazione, il cambio alle truppe che l'avevano compiuta non veniva dato. Questo stancava ufficiali e soldati. Erro-re psicologico assai grave, dovuto probabilmente a Comandi intermedi e di cui il !Comando Supremo, come di altre situazioni, non doveva essere informato peT· quel distacco eccessivo. che esisteva tra i vari iComandi -che ,permetteva sovente che il vero stato cli cose non giungesse ai Comandi SÌl'periori·. E l'ottobre ciel 1917 ci portò l'ora triste cli Capor-etto a cui concorsero tutte le cause morali, più prossime e più remote, e le cause militari che si erano venute accumulando. Una militare - sopra tutte: la cleficientissima o addirittura mancava sisteunazi,one d,ifensiva in profond·ità. Tutto era avanti: fanterie - artiglierie - ·comandi. Noi eravamo sempre in una situ!a21ione prossima all'offensiva. Ed tn queste condiz.i'orni un primo sfondamento non trova ulteriori ostacoli,, perchè le seconde linee non sono guarnite, perchè non Vii Slonlo.artiglierie che sba;rrino le l1inee arretrate, perchè i comandi sono coinvolti nel primo sfondamento 'e non possono quindi prendere alctm provvedimento, perchè in,fine se si proclu1ce i1 pànico e it disorientamento nei difensori, valilo è pensare a rjorganizzars.i imm:ecl'iatamente su linee <li difesa nuove sotto fa pressione del nemico. Que·sta organizzazione in profondità non c'era, come non c'erano delle v•ere masse cli riserva di manovra per arginare una eventual,e fal!,a :· subivamo ancora. in ciò la coriseguenza dell'ampiezza ·del fronte rispetto alle forze che avevamo disponibili. Vi furon certo imprevicle,n,ze e manchevolene strettwmente mi- ·Litar,i: ma· i·I fattore morale •ebbe la sua immensa parte, la parte essenzial1e: il' Paese non sosteneva più l'Eserciito e l'Esercito non ha più sostenuto iL Pa-ese. BibliotecaGino Bianco

VITA FJtATEllNA 247 Ed ora ricorro ciamolo: è duro riconoscerlo: ma Caporetto moralmente giovò aJl'Italia. Il Paese si è scosso, .si è sveg,iato. hra reagi,t,o, ha fatto reagire il Governo: l'Esercito ha sentito que to primo .risveglio, si è fermato a-l Gra'Ppa, .al Piave. Abbiamo _entito attraverso quei giorni di esperienza angosci~sa rinnovar i, purifi.carsi tutto l'organismo nazionale mentre in tutti i rivelava tina più viva coscienza dei propri doveri ed una più esatta vi ione della situazione attuale. Fermo sul Piave e sul margine dei monti l'Esercito si. ricostituì. Sentimmo allora u,n impulso nuovo, una or anizz.azione nuova: allora anche il Governo concorse alla riorgaJrizzazione morale e materiale che stava compiendo il Comando Supremo. L'Eserciito ebbe la sensaziooe di es ere un organismo ringiovanito, più saldo, mentre sentiva dietro di sè il Paese che lo se!!lliva con uno spirito ed una fede che prima in pochi esisteva e che nelle anime vili da debolissima che già era si trasformò in paura, nelle alnime dei migliori si fece invece più forte - nella risvegliata coElcienzia.di, tutti i doveri di. quel momento tragi-co. L'Esercito mutò alilora molti dei suoi capi: 'salirono ai posti sup,remi di comando dei capi giovani, che avevano raggiunto in gran parte gli alti gradi attnaver o la guerra. L'Esercito nostro fu riorganizzato secondo il criterio della guerra moderna; dovu~que i concetti .dettati dalla più recente esperienza. ebbero immediata e larga applicazione, e tutto t'insieme de11a nostra organizzazione, che molto ri entiva la pesantezza dell'organizzazione burocratica e gerarchica del tempo di prace, si snelli, si alleggerì e si ·rese più rispondente alle esigenze della guerra. · Si seppero allora saggiamente raccogliere i frutti dell'esperienza di tutto il precedente peri-odo della guerra, ·che anche per questo ha un immenso valore e non fu composto di acrifici vani come vorrebbe la stampa disfattista. Ed un a:ltro fabtore concor e: la pre-enza in HaL<. deg i Alleati pronti a comba,ttere al no tro fianco ed entrati ~i in inea quando la certezza della no tra ferm::ta sul P~ave i potè dire a - • saluta, dopo quellla sublime resistenza che pe.r fortuna nostra fu gloria unicamernte italia-na. Essi ci confermarono e ci, diedero nuovi criteri e ci fu'rono larghi di ammaestramenti dettati dalla più lunga e perienza di guerra. Furono istituite due licenze all'anno invece di quel 'unica che prima avevamo. - Fu aumentata la razione di viveri del oldato Biblioteca Gino Bianco

VITA FtAT!MlNA - Furono istituite l.e polizze di asskurazioni e i sussidi pei combattenti. - Si f.e.ce·ro premiazioni in forma solenne, riviste in pubblico - si coordinò la propaganda, fondando giornali di trincea - si curò insomma il morale del soldato. Il raccorciamento del fronte ci concesse · ur:ia maggiore disponibilità di uomini. Fu possibil~ cos,ì formare quella riserva nu111e.rosa ed or&1anica stabil,1ta: in una regione centrale rispetto all'arco deEa nòs.tra. fro,1{te. E fu possibile stabilire pei reparti dei turni di. riposo alternati coi turni di prima li•nea. E durante il riposo si ce,rcò di rÌ'creare i soldati, di mantenerne alto lo spiri,to, di ,nOn affaticarli -con eccessivi kavori o con gravose esercitazioni. D'altra parte la nostra frot11te si sistemò - da,ta la situazione creatasi - a difesa, secondo 1:a più recente esperienza e ,cioè in profondità, coricetto _sul qu;ale venne in pa,rticolar modo insistito e ·-che ci diede effettiva.mente nel giugno r9r8 sul, Piave il magnifico risultéiito che abbiamo avuto. E fu ·questa mia, organizzazione applicata su tutta la fronte secondo· una direttiva unica e con mezzi adeguati aHo sco'po. . L'Esercito così riorganizzato subì vittoriosamente la pressione nemica idei giugno r9r8 dwll'Ashco al mare., e giunse 1aLlav,ittoria defini,tiva schiacciante del novembre sull'ese.rcito avvers,ano che si sfasciò trascinando nel suo sfacelo la monarchia austro-ungarica. Non si p.uò esaminare reipisodio, di Caporetto come fenomeno cnnclusivo a sè stélJntè senza compiere operà arnti-storica e di C\3-q tiva p,ropaganda. L'esa,me ,della crisi nazionale che si riassume nel nome \clofo,roso va fatto tenendo 'p,resente tutta 1~, serie di baittaglie, di sacrifici, di diffiwltà, di vittorie ,c'he costituisce la guerra iJtalia'lla. Allora soltanto una disamina anche spietata -e pertanto veritier,a di quell'episodio non varrà a svalutare la guerra, com-e, da parte di ,giornali che ieri ra\l)present,arono iU dis.fattis'mo della guerra e oggi rappresentano il disfattismo de]la pace, . si- cerc<l appunto d'i fare: tentando di circoscrivere tutta la somma di· glorie e di 1sa,cri,fici,al fatto di Caporettò per dimostrare la vanità <:lei • sangue versato da un Po1>olo ohe dev·e invece attin,gere dalla certezza della necessi~à dei sacri·fici .sostenuti ieri una forza nuova per proseguire. Sarebbe triste riflevare oggi gli errorÌ passati se non confortasse l'assoluta .sìcmezza che tutti i sacrifoci hanno contribuito ,ali.a vittoria, che tutti gili sbagli hanno avuto valore :di esperienza, che aniche Gaporetto stessa: collaborò a farci vitncere•. Biblioteca,GinoBianco

VITA PIATUJfA -Nella profonda convinzione che domani l'organismo italiano <leve e&5ere ringiovanito - ci a siste la ce~a fede che, già fin ruf ora gli errori rilevfiti ci Spingeranno ad una più viva. educazione n,azionalle de1'la nostra coscienza, a.d un più profondo esame di noi stessi,· che ci farà• consici, delle nostre debolezz«:! ma al-tresì delle nostre immense possibilità .. L'es!l)erienza di tre anni e mezzo di guerra vissuti -con tutta l'intensità del nostro spirito, l'esperienza della avver a e della seconda forùma non· deve essere stata inutile. Guai- se -la critica d'oggi fosse sterille, fosse .solo accademica·! Noi abbiamo raccolto dai<la guerra una. eredità grande di doveri. L'Italia _si renderà degna dei suoi morti e della sua vittoria quando avrà la. compiuta coscienza di questi doveri. Così nessun sacrificio sarà stato vano. E nemmeno tanti errori _aranno stati inutili. E' fervore -di vita che ora occorre, -è fede, è amore. Qualunque contributo, sia pqr _piocofo, che moi potremo dare al grande edificio, diamolo con amore, con puro spini.to. D,ava,nti a coloro che sor.ri<lera-nno scettici ,perchè .non si pi~ gano, non arriv 1ando a sentirle, davanti a idealità superiori al loro spirito meschitt10 - non davanti allla maestà del!.a coscienza,· non dava1nti alla maestà della Patria - noi .ci sentiremo, anche se saremo dapprima 'J)ochi, ben più in alto. Così - con P.rofonda coscienza e con sicur_a fede - arriveremo. Seguen<lo la voce -dei morti per la vittoria d'Italia. Brescia, 15 agosto 1919. Giustino Arpesani. Diffondete tra i contadini il giornale « IL NUOVO CONTADINO» sorto testè a Firenze, diretto da Piero Jahier (Firenze, piazza S. Firenze 2), pubblicato e (Trinità dei Monti, 18, Roma [6J). amministrato da , « la Voce»' Ne raccomandiamo la diffusione,_e l'abbonamento come dono, agli Ufficiali e alle Infermiere di guerra, per i loro soldati contadini. •Biblioteca Gino Bianco

250 VITA FRATER~A Ricordi dt Ospedale L' A1pi:n..o. (Continuazione e fine dal N. prei:edeute). - « Quante belle cose, vero? >i - dice'ta, sorridente. Tutti questi episodi non li racoontava di seguito: sì bene a sbalzi, a interviTlll, e semplicemente come se ripetesse le gesta di un compagno, n,on ile sue pro,prie. L'emozione g•li si palesava talvolta in un tremito nella vooe, quando rievocava la bontà deù suoi superiori. Era nella sua anima una ricchissima sorgente -di forza morale e di sana incontaminata onestà. - , Sempre sereno, aveva !Però degli àssalti di umor nero, e questo, quando l'occhio s,uperstite « non voleva fare giudizio >l. Veniva sovente lo specialista, e alle nostre ansiose interrogazioni rispondeva con un triste scrolla,re -di testa. Che angoscia quei giorni! Poi, delle ore di gioia: la serena attesa di un breve soggiorno fra i suoi, nel paesello sperduto fra il fresco verde della valle.· Il direttore gli aveva concesso la « grazia >l da lungo attesa. Per Pasiqua, sarebbe andato a casa, in permesso di tre giorni-; una dama visitatrice lo avrebbe accompagnato nella 'sua automobile. Tutte le angosci e dell'Alpino si dileguarono alla gioia di quel ritorno a casa. 11 dir;ettore gli procurò una divisa nuova, chè la sua ricevuta all'ospedale era « di fanteria >l, e noi ci demmo d'attorno a completargli l'uniforme. - « Mi raccomando, s~gnorine, la penna per il c;,.p,pello, i gradi di càporal maggiore, il distintivo di scelto tirato·re .... il nastrino azzurro .... >l. Era felice come un bambino. La mattina della partenza, i compagni gli si affollavano attorno, per aiutarlo a vestirsi, chè da solo non ne era capace, tanto tremava. Come ,era fiero della sua bella uniforme di alpino! ..... Ma che pena, quando il piantone lo prese fra le braccia per. trasportarlo all'automobile! Vestito dell'abito che egli indossava con il fiero orgoglio di un tempo, apparendo egli in tutta la forza e l'energia « _del soldato delle montagne >i, un più !Profondo do.lore stringeva il cuore di noi #he - senza i;iarole - contemplavamo quella forza troncata, inerte. Eravamo tutti in corte a vederlo partire - tanta popolarità la sua schietta bontà gli aveva creato nel piccolo mondo del nostro ospedale - tbltti: medici, suore, infermiere, piantoni; e lui a salutare· con la mano -commosso, senza poter parlare. La dama che lo accompagnava ci raccontò, poi; l'arBibliotecaGino Bianco

VITA FRATERNA 2 I T. vo al paesello - arrampicato n Ila vallata fra boschi di ca tani - mentre le cam,Pane suonavano a festa per la Re urrezione (era il Sabato Santo) e il ole sfolgorava sulla quiete di quella natura incantevole. Tutto il paese era mo so incontro al figliolo glorio o. - Quando fece ritorno all'ospedale portò con è - nell'umore divenuto insolitamente grave - la no talgia della ca a na co J:a fra il verde. Vennero di nuovo le giornate di ango eia, per l'occhio in peTicolo. - «Ah! signorina! se mi uccedes e anche questo! 1 on ne ho abbastanza di essere co tretto all'immobilità da otto mc i. Anche ..... >>-. Ma la parola tremenda non o-li u civa dalle labbra. Si puntava coi gomi"ti sui braccioli della carrozzella, e ollevando la r busta per ona in uno spasimo di moto: - « Pen i che non staro fermo un momento.>) Raccontava: << I miei uperiori mi co- no cevano bene, e: - Donati, qua, Donati là! Ed io correvo qua e 1' come un uccellino (mi faceva or ridere que o termine di confronto). LavoraYano i oldati della mia squadra, ma io lavoravo più cli loro!». - E un altro -giorno: - « a, sigi:iorina, che ero il pri~o kyatore del battaglione? E ades o ..... » -. E guardava i poveri piedi mutilati. - /< Da permanente, varie volte ho ,preso parte alle gare internazionali di Bardonecchia. Che giorni quelli! llora ero severo verso la mia squadra. Guai, se un soldato i mo trava rasc!.lrato nell'uniforme! quai, poi, se i ubbriacava. Volevo che l'Italia si facesse onore. («L'onore dell'Italia» - ecco il fine, la meta di quella schietta tempra di oldato). Alla ~erie dei giorni di angoscia, uccedette, finalmente,, una -seri~ cli giorni lieti. L'oculista annunciò che l'occhio era ·alvo. Alcun tempo prima che la lieta notizia i conosces e - quando il pericolo pareva più forte - io ebbi occasione di rivolgere una le0 giera os ervazione ali' Alpino. Mi rispo e bru camente. Io non • d;Ìsi nulla. Il mattino seo-uente trovai Donati accigliato, cupo, ma come passavo davanti al suo letto, mi trattenne per dirmi: - << Mi per doni, signorina, se ieri le ho risposto « in quel modo>). Ma sapesse come mi faceva male l'occchio. i perdoni, ignorina. Sono proprio pentùo della mia cattiveria!» - E i compagni mi raccontarono che egli aveva loro manifestato a varie ripre e il di piacere cii essere stato sgarbato verso la signorina. Scomparso il pericolo, l'Alpino non ebbe più a soffrire di «,vaTiazioni d'umore». Si rammaricava, è vero, della immobilita cui 1o condannavano i suoi piedi, ai quali per non e ere ancora guariti, non si poteva applicare l'apparecchio. poi diceva: - << Pa- -zienza! verrà pure il beato momento in cui o in un modo o nell'altro tor-nerò a camminare!». BibliotecaGino Bianco

VITA FltAT!!:JtNA E, con un impeto di desiderio appassionato: << Poter tornare lassù, tra i miei compagni... Lei non può cred_ere, signorina, come volontieri io facessi la vita del soldato! Con quanto ardore prendessi parte alla guerra!» -. E dalle parole che pronunciava - dai mille piccoli episodi che si com;Piaceva di ·rievocare coi compagni, si indovinava in lui la schiettà forte <\ ossatura· morale>> del sol-· - dato. Meglio, del guerriero. · Un mattino - a pena mi vide entrare in corsia - esclamò: :_ « Guardi, signorina - e additandomi un colosso ritto accanto· alla sua carrozzella: un nuovo venuto dall'occhio mite e dal viso rubi.condo (povero Bianchi, il vino era proprio il suo gran vizio),. proseguì: - « Questo era un soldato della mia squadra». - E. con un tremito di orgoglio nella voce, e diffusa sul povero volto una luce di fierezza: - « Gli domandi, signorina - aggiunse che soldato ero io!». - L'unico moto di orgoglio -che uscisse da quella retta coscienza, forte del dovere altamente compiuto sino al sacrificio. Poi, come sempre gli accadeva quando temeva di avere detto troppo di sè, diede un mezzo giro· alla carrozzella, G ~i allontanò nel vasto corridoio inondato di luce. Il compagno rimast::i accr.nto a me (quello che aveva « il vizio del vino»-) no:1 finiva di -lodare la bontà, il coraggio del suo caporalmaggiore. -« Un soldato come lui, non lo si trovava in tutto il reggimento .... Macchè! ii - esclamò con un'energica crollata di testa, in atto di profondo inappellabile convincimento. Donati di nuovo si avvicinò. - « Non ero s-evero, sa, signorina, verso i soldati. Proprio no. I soldati della mia squadra mi volevano tutti bene. Una volta sola, uno .... ». - Dietro mia viva istanza raccontò allora di una notte di guerra, sulla cima che il nemico insidiava· tenacemente - dello sp·avento d_a lui provato ne! trovare una sentinella addormentata, e profondamente addormentata. - « Cosa dovevo fare? Denunciarlo? Era la fucilaziòne con novantanove probabilità su cento. Punirlo? Se fossero andati a fondo per scoprire il vero motivo della· pùnizione? Allora .... Al.:. lora per lasciargli un ricordo, l'ho svegliato, ma con un manrovescio ..... un manrovescio tale di cui credo si rammenti oggi ancora! » -. E si guardava in tanto ridendo le mani poderose. -« Sapesse, ,però,. signorina, come mi è stato riconoscente di questo genere di punizione. Non si è più addormentato, mai più!». fa:.a mezza voce: - « Trasgredir·e così una consegna! >> - aggiunse. Una volta, uno degli ultimi giorni - le piaghe ai piedi eranooramai completàmente cicatrizz<1;te e Donati aspettava di entrare in un istituto di rie_ducazione - lo vidi in un momento di fiera ira, quale doveva subirne lassù, quando un soldato « trasgrediva alla consegna ». Discorreva attorno a non so quale argomento - io ero entrata a discussione già incominciata - quando un caporale BibliotecaGino Bianco

VITA FRATE.RNA • del reparto, forse non afferrando bene una fra e, disse, iR tono semi serio: - « To', Donati che adesso tiene per gli austriaci!». • N Òn. avesse mai pronunciate que te paroie ! L'Alpino si fece pallidissimo. - « Io tenere per gli austriaci! (come gli tremava la voce! tanto gli tremava che quasi non gli riusciva di pronunciare le parole), ma non hai capito quello che ho detto. Io tenere per gli austriaci•! » -. Al che il caporale, comprendendo di avere involontariamente recato un profondo dolore a quello schiefto animo, cercava di acquietarlo: ---, Ma Donati nòn si dava pace. Una sp~cie di valanga .... non precisamente di cortesie si abbattè ul povero confuso piantone. - Più tardi vidi l'Alpino nel corridoio, solo nella sua carrozzella, davanti alla finestra che dava sull'ampia corte circondata dal peristilio sulle colonne del quale ridevano le rose di rmaggio - il suo \Posto .prediletto, questo, chè lontano, al disopra dei tetti, sul cielo azzuiro · si profilavano le montagne. - Alle mie esortazioni a dimenticare il piccoio incidente di prima, egli rispose con voce piana e grave: - « Oh! ignorina, dire cosi a me, anche pÙ ischerzo!... Quando non so se vi sia stato, se vi sia qualcheduno che più di me ·voglia bene al nostro paese!» -. L'ho riveduto lo scorso anno in novembre, all'imbzrcadero. Mi riconobbe lui, per il primo. Io subito non lo ravvisai. E come avrei potuto ritrovare l'Alpino ~dalla carrozzella cigolante in quel giovane vestito « da borghese J>, alto, robusto, tranquillamente ritto accanto alla passerella d'imbarco? Ma quando lo riconobbi, che festa! Camminava un poco a stento, awoggiato ad un solo ba tone, ma era lieto di non dover dipendere più da alcuno. Compiuta da poco tempo la sua rieducazione, tornava al paese che l'aveva ac, colto giubilante, tra il, fresco verde, il Sabato santo, quando la prima volta vi si era recato, infermo. Prima di salutarlo gli dissi: - « Donati, che tempi belli e_rano quelli dell'ospedale, vero? Mentre adesso .... dopo quanto è accaduto in ottobre .... >> -. Il suo volto .si oscurò d'improvviso, e fu con voce dura, asp7a, che rispose: - « Non me ne -parli; ignorina, non me ne parli. E' un dolore troppo forte! >> Rima_se cupo ,acciglia,to. e quando mi salutò, non seppe ritrovare il buon sorriso di una volta. La sventura della patria aveva toccato quell'animo forte ben· più profondamente della sventura propria. Settembre ·1918. · .BibliotecaGino Bianco Anna P.rimavesi Infermiera Voi. C. R. I .

VlTA FRATERNA • Lettere di Guerra Dal 11. di ottobre· 1917 di « Vita Fraterna» - uscito f;ocl,t [Jiorni pri'mc di « Caporetto » - riproduciamo questa lettera dal' f rontc, di cui allora la censura non ci perm,ise la 1 'inbblica:::io:1e. Quello che essa dice - e l'essere stata soppressa dalla. censi-ira gmHrnatiz-a - ci pare portino una piccola testimonianza di ciò che pro~•ocò la crisi terribile . .....Guai. se in un esercito vacilla la disciplina. E questo si può ,h-e delìe nazioni: per questo urge che alla testa de'.la nostra Italia ci sia !"uomo coll'alta coscienza del momento, e col puo-no dracciaio contro i vili. Se i socialisti predicano alle masse di non seminare perhè questo è il mezzo migliore per far finire pìw presto la guerra e se gli altri fanno veder vicina la pace perchè il popoLo si stanchi cli attenderla. - è necessario che nn Goverr,o insufficiente che non sa provvedere debba cadere. Ci vuole chi prenda i capi di questo moyimento vile e li tenga responsabili di quanto le masse incosci-enti possono fare in seguito a que~t'opera di propaganda. Così si deve fare se si vuol andare avanti e vi·::cere bene - come si deve vincere. E ancora: perchè non sii chiudonole frontiere ai neutri? Perchè non si fa come l'America, che ha cessato tutte le esportazioni pei paesi neutri? Non si sa che in- . direttamente noi riforniamo anche il nemico? i\l['a si sa che cosa vuol dire nemico? Si sa ché cosa vuol dire gu,erra? Si.amo ben consci che siamo in guerra, e che siamo in una guerra colossale in cui sono impegnati tutti i valori ideali, moraJ.i, materiali, industriali, finanziari? E· che stiamo fac~ndo una guerra <li due coalizioni più che <lielle guerre parziali tra singoli pa:esi? Guardì,amo bene che bisogna uìl1irsi concordi; dimenticando gli astii del pa - sato e superando interessi egoistici, momentanei, se no sarà più tontana la Vittoria. Guardiamo che la -grande forza del nemico è d'i fare una forza unica, compatta, tutta sottomessa ad una- sola guida, unita in un solo convincimento - di vincere - convincimento che spetta a noi di sradicare c·olla nostra vittoria. Questo bisogna pensare. Occorrono uomini dal sorriso sereno,· esprimente la focle assok1ta e dall'occhio vigile e _profondo che veda oltre e che sappia scorgere chi agisce nell'ombra per pugnalare la Patria. Ed energia ferrea unita al grande amore del propio Paese c1 vuole: se no la Vittoria sarà più lontana ..... BibliotecaGino Bianco

VIT, .. FitATE1tNA 255 .....Ma orge sempre la domanda e siamo ben consci che solo con un completo accordo morale ed economico i può vincere. E' in tutto questo he d!eve consi tere la 4: fronte unica> oltre che ui campi di battaglia. Ma e i comincia a dire che l'Inghi'lt'é..rra vuol speculare - che è meglio che non veno-ano batterie francesi o inglesi sull'Isonzo, se no i dirà in Francia e in Inghilterra che le nostre battaglie ono tate vinte grazie a1la partecipazione <lei loro cannoni - che (que to gli altri) loro Ingle i o Francesi vengono in Italia a insegnarci a far la guerra e tutte queste bellissime cose, allora la « fronte unica» non pen iamo di poterla_ fare. Finchè ci saranno quelli che parlano ( e purtroppo anche agiscono) col SGrri o scettico <li chi la sa lunga e non vuol compromettersi, e che ne fondo del lor-o animo godono di questo tato di cose anche se la Patria va alla malora, perchè pe cando nel torbido riusciranno empre a vivere. finchè ci aranno quelli che dicono quella fra e equivoca « noi che non abbiamo voluto la guerra abbiamo però compiuto il no tro dovere», finchè saranno ijasciati operare e Yivere gli spec!llatori, 0 -ti antinazionali, quelli che ignorano co a ia e co a impono-a la Patria - tutti in omma •quelli che co tituiscono il piede tallo porco del a sporca potenza cli Giolitti. soffocatrice delle sante enero-ie <l'Italia, - l'Italia non sarà libera e non potrà assurgere alla dignità che le compete e che, malgrado tutto e tutti, è fatale che rao-o-iunga un !riorno. E finchè dappertutto~ non tacciano quelli che so o il dio e Intere e> adorano. non avrem'1 ·1 compattezza che ci porterà alla Vittoria. iocome ho fede - e<l è uiu to e logico averla erchè l'e perien-. za la conferma - son certo. e voi con me Io iete, che i vili cadranno o presto o tardi e che la Viroria purificherà. E Dio protegga l'Italia. G. A. Abbi"amo ancora un certo numero di annate arretrate di PITA FRATERNA. I.a collezione di YITA. FRA.TER1 .-1. del 191 co ta L. 1.2. L11.collezione < el 1917 (mancando-vi il nmnero di rebl)raio, ~o ta L. 1(). Le due annate in ieme c-0 tano L. 20. Si' spedi·scono raccomandate a chi 11e fa riclzùsta con carl•iina va~lia. I . Biblioteca Gino Bianco

·256 VITA FltATEJtNA Le • • ~plici g101e IY. Trieste, 25 dicembre 1918. 'Ora, chi di.rà la giioia di sentirsi integrato da una donna? Qli uomini non ne conoscono che la ,superfocie; hanno nell'animo una no,staJlgia v,enuta dai giorni Iontani e non si curaino di affinar.Ja; anzi con l'accidia la deturpano, anche nei valori più elementari. Ma se tu hai varcata la soglia dietlla vo·lgarità., se ti sei affacciato con d~side,rio profondo a 1tl'oggetto del1 la tua ansia rinnovata, a,J'iora tu ihi ca4irai nel silenzio; e aiJle pa•role impari sostituirai -un'intuizione caipaicè di trairre da_ esse l'essenza deDla vita: chè i1ldire è impossibiile. Chi dirà la gioia di sentirsi integrato da una donna? Orn .i- nostri bisogni sono vari a seconda deille no-· stre esigenze; e l-a gioia di uri bisogno soddisfatto è scalata nei vailori umani da uno a i·n:frnito. Se ila tua necessità sarà a·lta e ti avrà oostato uno s.tutdio da. cenobita per sceverare dalle,..molte la più preziosa, per identificare il metaiUo fra la scoria, così come da una tonnel1J.ata cli materia pr-ima ·si ri,escono a -strappa.ire pochi miUigrammiÌ di radio, tu aJllora troverai, ne i1a gioia di essere compiuto, i'1 premio a:liJ.avita stessa. · E' senza limite il logorìo di chi si spoglia, in una .analisi crudel-e, da ogni desiderio volgare, di chi si fa una -coscienza sociale alta così da sentirsi sempre i'l1 armonia con le più sottili libertà altrui. Il corpo trema e si contorce sotto questa v1vrsezione, si :tra:sumana, e assurge a'lla visione d~lle più sottiJi raffinatezze che avvolgono anima e ,conpo i.n un sollo impeto; così che ttr non saprai più se it tuo è un patimento od up.a gioia, un a-tto di sem.- sibi1Età fisi:ca, od una _astratta 1percezione moraJle. Tu ·sei forte, .sei net diritto; hai la volontà d'acciaio e il discernimento che non ti _tradisce; ma la donna è buona e ·l'an'imo tuo davanti alfa bontà si stt~pisce e si consola. Ecco ciò che tu hai perèluto per essere giusto; ecco ciò che hai sa-cricato ail'la necessità di giudicane fatti ed· uomini onde orien- . tarti, .socondo coscie!1'za, nel gran mondo. Per sorgere daiJ ,comune e portarsi al lar,go dove si è soli e ·BibliotecaGinoBianco

V1TA l"RATERNA si vede, e si respira aria non ammorbata dalla pluralità im:osc1ente, occorre, necessita, vicino à doti -intellettuali e volitive spiccate un briciolo di cinismo, una freddezza di giudizio che sia a volta viofenza contro il nostro sentimento innato di perdonare, contro la solidarietà verso gli altri che millenni di comunanza ci hanno impressa nelfa memoria in un istinto difficile ad individua,re, ed a vincere. Questo >Cinismo è fa tomba dé1Ila nostra bontà così come la bontà -arebbe per noi la tomba della giustizia e di un retto discernimento. Ma la donna, la quaile si appoggia tutt'oggi all'uomo per le opere della vita, per la quotidiana pratica dell'e ere, non ba bisogno di giudicar.e, ad ogni piè sospinto; e tanto meno di logorarsi in una incertezzll violenta per trarre, da,fle molte oluzioni offerte, la ua. Essa è più vicina alla natura di noi che· ce ne iamo ~costati per il continuo contatto con le co e, e sa ha serbato in modo ottimo !'inl'l1ito umano che guidò nei primi passi i lontani progenitori, quando esperienza era una parola vuota, e tutto il mondo suscitava in· quei fortl:lnati olo meraviglia e reazioni tutte spontanee dal genio. La donna tua ha sommamente intuito la sua via, e .vi i è lasciata trascinare con una fiducia di sentimento qua e noi non conos<:iamo più. • Ed ha salvata così la sua bontà; e così si è ~chivata dall'ergersi a giudice degli a,ltri, i11quanto il uo decidere fu un affidar i, con preveggeflza di sibilla, al compreso destino. Ella è rimasta buona. Io cederò tutto i oro, tutto i1 sapere, tutti gli agi, tutto l'avvernre, ;per avere quanto non posseggo e non o. Rfounciando aH'oro, a,I saper.a, al domani, a gli agi, mi sentirò povero; ma non certo nella memoria; mi sentirò mancante; ma non nella coscienza. Io vado cercando una bontà che non ho mai saputa, un atto· di ca,rità che non ricordo, una carezza <li passione che non immagino. E sia, per me, nella donna. Cosi pos edendo lei, po ederò tutto quel mondo che mi manca ancora. Essa saTà la mia conq_u~sta ver o cui ansio di gridare il terra terra degli audaci. Questa sola bontà voglio comunque una forma sua mi fissi nell'attimo la meraviglio a realtà. D. P. ~Biblioteca Gino Bianco

VITA nATUNA Il Gelsiimin Un'amica della mamma osservò un giorno che un soprannome prn disadatto non si poteva trovare per Giulio! Poichè Giulio, a tre anni, è un piccolo colo-sso; •e quando mette i suoi primi pantaloni le sue"rotondità si mostrano con tale trionfante evidenza che 11011 i,i può guardar-lo senza ridere. Poi, ha una. pelle color cioccolata,. tanto che s,uo padre, ogni tanto, domanda alla mamma. dopo aver esaminato la piccola nuca scoperta: « Ma sei ,ben sicura di aver lavato questo figliuolo?» Poi, bisogna vederlo quand·o si pianta davanti al suo, caV1allodi legno e, con -.:ma frusta improvvisata. lo incita al cammino; si direbbe che abbia .p,assato la sua vita coi carrettieri cli profes.sinne ! Ma una sera, passeggiando in campagna, l'amica ca~ì·· l'intima ragione di quell'appellativo florea'e. Era una splendida sera di agosto e le stelle brillavano nel cielo, infinite e· soavi. Papà, mamma, la Giuseppina, Giulio, l'Irene e l'amica della mamma ritornavano verso casa, lurigo ·una Larga bianca strada di campagna. Una s.ot..'. tile faloe di luna pendeva sopra di loro chiara e allettante, tra le miriadi di puntini rad'iosi. Giulio• era stanco e la compiacente Irene,, che ha un debole per lui, lo prese al collo, malgrado le pro_teste materne. Allora il piccolo si abbandonò tra le valide braccia prntettri·ci, e guardò su, coi suoi oc·chion~ vellutati, in cui è tutta l'innocenza dell'infanzia, lo stupore delle anime nuove. La luna specialmente I.o attraeva. ~ Se la ,luna viene a casa mia, affermò -egli infine, io ìe faccio una ca1-essa! » Da allora, l'amica assicurò ·che Ginlio è moralmente un vero gelsomino. Ma bisogna sapere che il soprannome gli venne dato in un momento in cui -egli· era particolarmente interessante. Non aveva anc"Ora due anni e gli spuntavano gli ultimi denti. Attraversò, •in · estate_. un periodo di malesser•e, l'unico della sua vita, leggi ero, ma ostinato. Nessun appetito, qualche po' di febbricciattola, notti inquiete e pianti senza ragione. E malgra·do il suo co~orito bruno egli divenne, in quel tempo, così pallidino, ed era così carezz-evole, cosi tenero per tutti,. che quel « Gel,siimin », ancora più dolce nel clia;letto nativo, sbocéi-ò irresistibilmente dal cuore della mamma. BibliotecaGinoBianco

VITA 1'.llATHHA L'appetito ·tornò, formidabile, tornarono le belle trasparenze rosee sotto la pelle bruna, ma il soprannome res ò come rimasero le tenerezze, e le carezze, e gli abbracci. Poichè Giulio, almeno cos,ì crede la sua mamma, non potrebbe vivere senza queste manife- · stazioni quasi violente di un'e pansione irrefrenabile. -Prima viene la mamma. la qua.le, a volte, sotto {!Ue!Ja valanga di figliuolo. che la stringe e le si rove eia addos o con tutte le proprie forze, non può a, meno di protestare: « Ma non sarebbe meglio che mi volessi un po· meno ben-e?». E Giulio a serisce di no, cuotendo glorioso la sua te ta rotonda, é ripetendo trionfalmente, tra un bacio e l'altro: < .famma !> con un accento così pieno, una voce così convinta, e un visetto così irradiato d'amore, 1:ome se quella parola compendiasse per lui tutte le beatitudini terrene e celesti. La sua mamma ! Malgrado questa adorazione, accade pur troppo al piccolo, OO'ni tanto, di affliggerla o di inquietarla. Egli ha un cuore. d'oro .. una tendenza innata a voler vedere tutti felici intorno a sè, ma anche la sua volontà è gagliarda, e non sempre si ferma in cose fecite, e le sue gambette sono così irrequiete che spes o lo conducono pr'ecisameQte dove sarepbe tanto utile non andare, e le sue manine ... ahimè, quante volte le sue manine cedono alla voglia di toccare. di g~a tare, persino di levarsi minacciose sulla sorella ! " Vi ono giorni in cui tutto ya li cio come un olio e l'atmo fera della più placida armonia regna nella casa. Tutto dipende dal principio. e la mamma se ne accorge subito, quando, chiamata da un dòppio squillante: « Sono veglio. sono sveglia!> entra nella camera e -spalanca la finestra. < Ah, che bel faccino hanno i miei bambini ! Si vede proprio che oggi vogliono essere la consolazione delta mamma ! ». E tutto protede a meraviglia. Il bagno viene preso e i vestitini infilati con la più pacifica allegria. Solo qualche sgambetto di troppo. qualche piccola fuga qua e là; ma sono la prova della bu<r na dormita e della perfetta salute! Anche il caffè e latte sparisce senza proteste nè commenti. I due mangiano uno di faccia all'altro, seduti ·alla larga tavola di cucina. protestandosi reciprocamente la buona intenzione di aspettarsi, per finire insieme. E tra un boccone e l'altro, vengono stesi i progetti per la mattinata. Giuochiamo a .papà e mamma! » propone la Giuseppina. E il fratellino accetta con giubilo, perchè è il suo gil}oco preferito. •Dopo un istante, se -aJilasornlla accade di dirgli: « Mio caro Giulio> egli protesta graBiblioteca Gino Bianco

26o . VITA FIIATEIINA vemente: « Diml 1i mio carò pa9à, se no non ti rispondo mai!». E'· un papà che Ìconta poco,· veramente; perchè ogni iniz•iativa ritpane alla Giuse]Jlpina, che ha due anni ·di più e un'immaginazione · molto ferv-ida e intraprendente. Se essa è di buona luna, lo sa far giocare così benJ. che egli ,la segue come un agnellino e la mattina pa$Sa in un so1o, senza il più piccolo temporale. Ma è s,pecialmente per la strada che il « Gelsiimin » manifesta .Je sue prime c_aratteristiche d'uomo. La sua passione sarebbe di andare s.ofo, -con le ma11i in tasca; e tanto più lo v,orrebbe fare, quanto meno il lt~ogo è a:datto, e ha una manie_ra qi divincolarsi così rapida e prepotente che. specialmente quando c'•è foLla, · bisogna che la mamma faccia una grande attenzione. Quando poi si sale in tra.~, !l suo idea(e è di stare _sul)a.·piattaforma, ~olo, in m~zz_oa~l_i uom1111che lo guardano e s1 -d·1vertono. Ma ltu prende l ana pm seria di questo ipondo, sta· ben attaccato alla maniglia e aggrotta le ciglia quando Iuna mossa più forte minaccia di fargli perdere l'equilibrio. 1 Quando la rhamma dà' alla sorellina qualche c0sa di essenzialmente femmini!e. egli protesta: « Io non lo voglio. Io diventerò un uomo come ~apà ». · , E promette lgià bene p~r l'avvenir-e, giacchè una mattina, dichiarò, appena. svegliato•: « Quando sarò 1.111 uomo, io andrò a lavorar•e ! » Anche ora, difficilmentE; sta senza far niente. Non conosce le soste contempfative comuni a molti bambini; non può rimanere disoccupato. E qualche volta, i malestri che gli accadono sono ·appunto d9te.rminati da •questa sua impossibilità di oziare. Pure, è un bambino che pensa. Nei suoi occhioni ingenui, risplendr,nti di dolcezza, c'è già lrombra della riflessione .Ed è questo lato del suo caratteq~ che gli fa prender tutto sul serio. Per lui, non esi'3tono cose piccole. Se riceve uria sgr.idata, maga·ri · solo uh'os- . suvazione severf, incomincia a piangere affannosàm_ente., con lagrime grosse come nocciuole, che gli cofano giù, lungo le guancie paffute e che fanno di lui, per uln istante, l'immagine della perfetta desolazione. Solo quando è ben sicuro che nessuno è più in col~ lei-a con lui, che B male fatto gli è stato largamente perdonato, quando copiosi bad ed abbracci hanno suggellato il ritorno della pace,· Giulio acc6nsente -a sorridere e pare riprendere amore alla vii.a. Che cosa è la vita, per lui, oggi? Si direbbe sopra tutto un luogo dove tutti debbano volersi Biblioteca Gino Bialo I

VITA FltATEllNA bene. Co ì Dio volesse, _pensano pesso papà e mamma, che egli porta se intatta, attraverso gli anni e le prove, questa a tenerezza innata, sgorgante da ogni fibra. Una sera, in una piccola stazione di campagna, mentre aspettava suo padre, Giulio i avvicinò a. un grosso cane~ çhe era accovacciato per terra, e aveva un'aria melanconicamente olitaria. ·«Forse vuole una caressa >, asserì dopo un momento di nflessione. Lo guardò con grande interesse, nei larghi muti occhi umidi e. fedeli: <~ Cane. vuoi una care.s,sa? > E le sue manine pas_arono e ripas arono sul pelo ruvido, con d"elicata gravità. Quando attraversa il Parco, con la mamma e la orellina, e la mamma fa os ervare la bellezza delle prime foglio ine che i schiudono co ì chlare. lucide e tremolanti, e la Giuseppina, con la 5ua immaginazione sempre pronta, imbastisce qualche toriella in proposito, egli si accontenta di affermare: « Io ci voglio bene aJJe foglie ! » e le guarda. come se face ero parte del su9 piccolo mondo d'affetti. Anche il sentimento religio o ha gìà una larga presa sul suo cuoricino. Un giorno, quando aveva appena due anni e mezzo, ne offrì· la prima rivelazione. Parecchio tempo prima. la mamma aveva tenuto una breve predica alla Giu eppina per convincerla ad un piccolo acrificio nece sario: « Guarda. dà retta al.a tua mamma. Dopo ti troverai tanto contenta, sentirai nel tuo cuore. Ge ù, che ti dirà: brava bambina.> La piccola aveva ceduto. Ora, (la mamma non ricordava neppure a ua e ortazione) accadde che Giulio si mostrò re tìo ad accontentarla. Era andato a prendersi le sue pantofoline e non voleva portare anche quelle de:la sorella. La mamma- tirò fuori tutti crli argomenti pos ibi!i per convincerlo all'obbedienza. Finalmente egli si piegò, andò a prendere le pantofo ine, poi i fermò diritto davanti alla mamma: E adesso che cosa mi dice Ge ù? Bravo Giulio? >. Per lui, il mondo di là ha un'evidenza chiara e lampante. Egli è rigidamente logico, non come i crrandi, poveri illusi, chi; fanno deJ.!a logica una vana a trazione. ·Perciò, un giorno in cui non i enti va troppo bene, di e: e Gesù e la mia nonnina mi chiamano, io vado in Cielo> con iderando la cosa come, perfettamente naturale. E una era, mentre stava sulle ginocchia della mamma, uscì improv-vi amente in una dichiarazione nostalgica: e Voglio andare da Gesù ! Voglio mori re! > Malgrado la proverbiale pro perità del suo piccolo colosso, la Biblioteca Gino Bianco

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