Via Consolare - anno II - n. 7-8 - luglio-agosto 1941

CELESTE · Ma figlia: di dove vieni che ,ei così smarrita ? VELIA - Ero andata lontano, quasi fuori del prato, verso la strada che porta in città. CELESTE • Oh, tu non devi andare tanto lontano. I sentieri son molJi di rugiada e l' aria è fresca di primo mattino. VELIA • Le mie povere ossa! CELE~TE • Figlia mia: devi riposare. VELIA - Mamma: non potrò più riposare. CELESTE • FigJia : ci sarò io accanto a te. E riposerai. Riposeremo insieme .. VELIA • Mamma: Non potrò mai prender sonno, non potrò più I Ah! GIOSUÈ • (Nello sfondo, alto) Il sole sorge ! Al lavoro ! TERZO TEMPO (Campane mattutine nello sfondo) BERTO • Il vento è fresco ed entra nell' ossa. Copriti. Velia. VELIA • No, Berto. lo sento che l'aria è tiepida. BERTO • Sarai stanca. Tutta la notte qui, allo scoperto, su quella sedia, sotto le stelle. V1<:LJA- Sono riposata. BER'rO • E' stata un' imprudenza. VELIA - Per chi deve veramente morire come me, non ci sono più imprudenze. BERTO • Non dire. • (Sottovoce) Ci ascoltano. Il babbo e la mamma ci guaràano dietro le imposte e tendono l'orecchio. Parla piano. Hanno vegliato con noi tutta la notte, nascosti. VELIA • Avranno creduto che ci fossimo addormentati. Non abbiamo mai parlato per quanto è stata lunga la notte. BERTO • Ma l'imposta cigolava e qualcuno si sporgeva a guardare. Hai sentito l'imposta gemere? VELIA • No, non ho sentito. Guardavo nella notte per vede['e le cose che passavano. ( Canto del gallo ripreso ora più vicino ora più lonta,,o) Ecco il mattino ! Berto, leva la testa. Non essere pensieroso per me. Va a consola['e il babbo e la . mamma che ci gua['dano diet['O le imposte. Va. BERTO · 'E tu? VELI A • Io to['nerò p['esto. Anco['a l'ultimo inconl['O. Lasciami andare. BEllTO · Velia. V ELIA • (Allontanandosi) Vedi: io cammino leggera, cammino cammino con passo di danza. (Cantilenato) E cammina .. cammina ..• cammina ... (Dissolve) GIOSUÈ - Guarda, Celeste, com'è ancora agile e forte. Corre. Ha il mio sangue. La nostra figlia vivrà - vivrà ! CELESTE • Tu pure tremavi per lei quedta notte. Hai anche pianto, Giosuè. GIOSUÈ • Sì, ho pianto. Mi sembr~va davvero di sentida morire nel buio della notte. Era seduta sotto l'albero e non si muoveva. l\fa la notte è passata, è venuta la luce e io non piango più. E anche tu Celesta devi esoer lieta. La nostra figlia corre per la campagna! Cg1.ES'l'E • lo piango e giorno e notte perchè si muore di giorno e di notte ! G10SUÈ e CELESTE · (i11sieme) Veder moriFondazione Ruffilli - Forlì re uno figlia e non sapere perchè. •No! • La no■tra figlia vivrà, vivrà ! LA VOCE • La vo etra figlia morrà, morrà ! Morrà con gli occhi aperti, con le braccia in croce, con un fiore in mano. La vostra figlia vivrà, vivrà! GIOSUÈ e CELESTE • (lnsiemeJ Oooob ! ( Rumore di passi) GIOSUÈ · Chi viene? BERTO • Sono io ; Berto. GoSUÈ • E sei tu che bai parlato. BERTO • lo non bo parlato GIOSUÈ • Hai udito una voce che diceva .. ? BRRTO • Nessuna voce. Solo il tuo pianto ho udito, mamma. GIOSUÈ • Noi però l'abbiamo sentita lo voce, eh Celeste ? Era vera. CEt.RSTE • Si, noi l'abbiamo sentita. GIOSUÈ • Chi avrà parlato così di nostra figlia? CEI.ES'rE • Dov' è adesso Velia ? Perchè l'hai Jasciata andare per la campagna? BRRT0 • Cammina leggera leggera ..• (Dissolve) V1<:LIA• E cammina, cammina, cammina •.• sono giunto nel mezzo del prato ; e il prato per miracolo è fiorito. S' avvicina u,i. tintinnare di sonagliere.) BRUNO • (Ancora lontano) Tirate le briglie, Martino. Fermate ! Son giunto! VKJ.IA • Eccolo. Mi duole il cuore. E sono io, oggi, che vorrei fuggire. BHUNO - Velia! Velia! Ti ho visto di lontano ! Mi aspettavi? VEl,I A - Benvenuto al cavaliere che ritorna. BRUNO • (Ridendo) Son giunto con la car• rozza del vecchio :Martino. V81.1A • (Sc;herzos-a) La carrozza era dorata ? I cavalli erano bianchi? Bu UNO - Bianchi e d' oro : si capisce. Son venuto per le nozze ! VELIA • Ssst ! • Devo prenderti per mano. Ci sediamo in mezzo al prato. BRUNO · Son felice! VELIA - Ssst 1 • Per giorni e giorni io t' bo asp~Uato così. Tu? BRUNO • Per giorni e giorni ho camminato. VEl,IA • Racconta. BRUNO - Se ti dicessi che appena mi son messo per strada, quella mattina, lasciandomi alle spalle della città, mi ha preso~ uno strano pensiero. . . No, ho quasi vergogna a dirlo. VRLIA - Racconta. BRUNO • Da bambino, in chiesa, credevo di vedere le immagini dei Santi sorridermi dai loro altari e rispondere co• sì alle mie puerili domande. VolJi tentare quelJa mattina e nei giorni che seguirono di rivedere quel sorriso. Ah! VELIA - Raccon~a, racconta. BRUNO • Lo dici - racconta - come se ascoltassi una favola. VELIA • Ascolto infatti la tua favola.• Racconta. BRU~O - (Con un to,10 lievemente fiabesco) Allora ho cominciato a entrare nelle chiese di campagna, qui intorno. Erano quasi sempre vuote. I contadini lavoravano. Le donne cantavano nelle case. C'era ombra. C'era fresco. E dei cie• chi che bisbigliavano. Che vita misteriosa nelle chiese deserte di campagna ... (S'interrompe) VELIA • Racconta. BRUNO · Guardavo i Santi e aspettavo di vederli sorridere. Ero un po' pazzo! VE1,IA • (Con una certa a.nsia) E i Santi hanno sorriso ? BRUNO • Se sorridono, dicevo, sarà come se ricevessi il perdono ! Allora sarei ritornato da te per la via della campagna. VELIA • Ho capito. Nessuno ti sorrise perchè tu non ritornasti. BRUNO • Non so. Forse qualcuno. Ma io temevo sempre d'ingannarmi. Il sole entrava e usciva dai finestroni a causa delle nuvole che passavano nel cielo, e sembrava allora che non solo i Santi ma tutta la chiesa sorridesse. lo, però, non ero certo che fosse per miracolo ! ,VELIA • E allora che bai fatto? BnONO - Un giorno un sacrestano sospettoso vedendomi entrare furtivo sul mez• zogiorno dubitò che fossi un ladro e corse ad avvertire il prete. Veramente avevo il vestito sporco e sfilacciato, e anche le scarpe erano malandate. Quella strana idea di veder sorridere i Santi 1 di vedere un miracolo mi dominava. E così dormivo nei fienili e non mi curavo affatto della mia persona. VELIA • E che accadde? BRUNO - Venne il prete. lo non me n' ac• corsi e non potei andarmene. Fui quasi costretto a parlargli di me, per spie• gargli, per scusarmi. Rimanemmo insieme a lungo. Gli confidai la mia strana idea. E non si stupi. Mi disse anzi che gli uomini intelligenti preferiscono spesso queste vie così insolite e, in fondo, così comode per otten_er pe['do• no. Aveva ragione. Allora son ritornato dalla mia mamma che piangeva su me come su un· figlio smarrito. E ho lavorato, ogni giorno. A poco a poco diventavo mite e stanco come se qualcosa, dentro, mi si scio• gliesse. Un giorno son ritornato in città. Volevo convincermi che gli occhi celesti erano ve['ameule più belli degli occhi verdi. Quel giorno mi sono meravigliato nel vedere che anche gli occhi cambiano col passare del tempo. I suoi non erano più verdi, ma grigi, e così lontani eh' io non li avrei riconosciuti. Solo allora bo parlato di te alla mia mamma. VELIA • (Commossa) Di me? BRUNO - La mia mamma diceva : Tu sei così cambiato, figliolo mio! Non ti riconosco più ! - E mi toccava. Anche la mia mam.ma era cambiata, e le sue mani erano quelle d'una vecchia che accarezzi un nipote, non un figlio. lo le parlavo di te, solo di te. Lei, alla fine, mi disse di venire, eh' era ora. S' era commossa e piangeva. Ma io ero tanto contento. (Pausa) Adesso posso condurti a braccio in cittA. Passeremo così tra la gente. • Che ne è, Velia, di quel vestito a fiore chi mi piaceva tanto? Vi<:l,IA - L'ho custodito e l'indosserò il mio giorno. 29

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