Via Consolare - anno II - n. 3 - marzo 1941

lismo ai sistemi del passato. Ora non si può affatto affermare che è buono tutto ciò che è antico e prova ne sia il fatto che spesso gli istituti di un ·dato periodo sono stati subito condannati dalla storia. linche la vita ha le sue inderogabili necessità di sviluppo e l'anelito alla spiritualità del!' azione. Tutto ciò porta alla conclusione che appare più logica e più naturale e cioè che l'unità autoritaria sia nella sua funzione creativa come in quella esecutiva risponde alle esigenze della storia, quando si sforza di applicare tali principi, armonizzando la propria autorità col giusto contemperamento sociale, che non sia rigida applicazione di falsi principi di eguaglianza, perchè è troppo giusto che, se non una gerarchia di titoli, è almeno strettamente necessaria una gerarchia di valori umani. La storia ha dimostrato che tutti i sistemi rivo/li ad una irrealizzabile tendenza parifi,catrice sono crollati miseramente. E' la stessa logica della vita,. la stessa coer.enza storica, che ripugna ad un tale ordine equitativo, che vorrebbe statizzare tutta la vita umana. La Rivoluzione fascista ha soddisfatto a tutti questi presupposti ideali. Essa ha iniettato nel complesso nazionale uno spirito creatore rivolto alla realizzazione di quello Stato etico, che rispecchia e contempla tutte le varie funzioni educative, morali e politiche, dando vita ad un nuovo diritto supera/ore del vecchio ius liberistico come del più vecchio ius paternalistico. Lo Stato riconduce la vita sociale entro l'ambito della propria essenza etica e politica. mentre disciplina tulle le forze · sociali degli individui, armonizzando i loro interessi in un principio superiore di giustizia. BRUNO MASOTTI TEMPIEROICI C'è ancora della gente che si lamenta delle difficoltà: c'è ancora delia g~nte sempre pronta,· nei suoi discorsi, ad enumerarle tutte, con un 'aria odiosa di martire incompreso e rassegnato. E questa una bruttissima tendenza di anime fiacche, di mentalità abitudinarie, amanti del quieto vivere, abilissime nel nascondere. sotto un proAuvio di ragioni giustific,llive, la loro mancanza d'iniziativa e lo spirito imbelle. Non amo costoro; anzi sinceramente li detesto; prima di tutto perchè sono noiosissimi; poi perchè mi ripugna b loro ignavia nascosta; in terzo luogo perchè non hanno l'anima del nostro tempo aspro e .:lifficile. Lo dico subito: amo le difficoltà e le accetto cosi come vengono, perchè sono una ·parte essenziale e inalienabile della vita; ma molto più le apprezzo perchè spogliano l'anima da ogni pigrizia, perchè sferzano lo spirito, perchè affinano la volontà. Ma non s'accorgono costoro che è un'utopia credere ~ella vita facile, ed è tempo perso lo sperare e il lavorar~ per attuarla? Da millenni l'umanità cammina tra angustie inenarrabili, sospinta da un sogno di benessere e ,.J: pace. Che altro vogliono, se non questo quei ribelli sociali e politici, che possiamo comprehdere nel termine generico di « anarcoidi »? Ingenui! Non capiscono chè la vitu comoda. l'Eden paradisiaco, l'età dell'oro tanto sos~irata, qualora si attuasFondazioneRurrilli- Forlì se e divenisse il riposo· del corpo affaticato, sarebbe pure la tomba dello spirito? Si pensi sino alle ultime conseguenze questo stato di cose, eh 'è poi l'aspirazione d'innumeri dottrine sociali : t'Utto perfetto, tutto ordinato, più nulla da fare. C'è da morire di noia: Credo che, se questi eterni illusi e la pleiade degli incontentahili fossero portati in un mondo simile, presto se ne stancherebbero e domanderebber0 di fuggirne. Dice un adagio popolare : « Il morido è bello, perchè è vario » ed ha pie-- · namente ragione. Guai a noi se tutto fosse perfetto ! Per nostra fortuna, la natura delle cose è impostata su principi diametralmente opposti; nè gli sforzi di tutti gli uomini riuniti insieme potrebbero cai-nbiarla. La vita è piena di difficoltà ,:ti ogni specie; la vita è lotta, tensione, superamento. Essa chiede perciò d'essere affrontata con indomita volont~, con tenacia, con pazienza e spesso con eroismo. Chi non possiede almeno un briciolo di eroismo è un nulla ed è destinato a sparire. Ed i: giusto che sia cosi. Non illudetevi, dunque; le parole, le scuse. le ragioni non valgono e non convincono nessuno: vale soltanto I 'intraprendenza eroica, l'audacia o, per lù meno, la calma e la rassegnazione vigilante, umile, silenziosa di chi è sicuro dei· suoi nervi e delle sue azioni. Andiamo adagio! Riprendiamo a considerare la questione con pacata profondità. Partiamo da un principio : « è con - 1:aturato alle cose di questo mondo un certo grado di imperfezione». Quest:1 grande e semplice verità è di dominio comune. E' altrettanto vero però che : ,, il bisogno di perfezione è uno dei piil potenti desideri dell'uomo ». Ci troviamo di fronte ad un 'antitesi da con-- ciliare. Dato questo stato di cose, non sarebbe male, in sè, desiderare di rendere sempre più perfetta, più comoda, più facile la vita. Il male vero consiste nell'odiare la difficoltà, nel! 'imprecare contro di essa, solo perchè si oppone ai nostri ideali, e, peggio nello schivarla, evitando di rimuoverla. E' iogico che il nostro desiderio di perfezione s'incontri ed entri in conflitto con l'imperfezione <lei mondo. Non si deve pretendere una logica nelle difficoltà. Gl'incontentabili, i pessimisti mostranf) la più grande stizza e dispiegano la più amara eloquenza proprio per mettere in evidenza tutto l'assurdo insito nelle difficoltà. Ma, benedetta gente, la difficolti1, nell'ordine razionale, non può presentarsi se non come « qualcosa » eh 'è fuori posto; necessariamente essa sarà sempre assurda, illogica e caotica; essa si presenterà sempre come chiedente a noi la sua composizione in un ordine qualsiasi, purchè sia or<line. E' inutile, dunque, lamentarsi di ciò che è inevitabile legge naturale. Bisogna sforzarsi per conciliare I 'antitesi; bisogP.a amare le difficoltà; bisogna abbracciare con ardore il «caos» che ci sta intorno per consumarlo e trasfigurarlo in (( cosmo » con la potenza ordinatrice della nostra mente. Che sta a fare l'uomo sùlla terra, se non questo? L'antitesi rivela un conAitto. E non si disse forse, fin dai tempi piit antichi, che la vita è lotta, anzi, milizia? Anche qui si rivela una legge naturale. Per ogni essere che vive, la vita è un 'aspra fatica. Non è in potere degli uomini il cambiare le leggi divine. O si ama o, almeno, si accetta la difficoltà, oppure la si suhisce per forza. ci si ribella, ci si infrange contro e si soccombe. V.i è un caso specifico nella vita delle api. Nessuna operaia aiuta la compagna nascitura, che a forza di stenti e di mandibole, deve disopercolare la cella per uscire alla vita dell'alveare. Ogni ape, che nasce, è abbandonata ai suoi sforzi. Se non riesce, è lasciata morire di fame e di stenti. Quando è morta, è liberata e portata fuori. L'aPa.g, .1

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