Teatro speriment aie (FIRENZE) Il Teatro Sperimentale dei Gu r ha aperto, anche quest ·anno, i suoi battenti, animato al consueto giovanile spirito battagliero, dalla coraggiosa ricerca di voci nuove di cui il TeatrG ha bisogno : e si può dire veramente che esso sia tra i primi ad avere merito se il Teatro prende a .scuoters;, ad uscire dalla penombra in cui le più catastrofiche visioni lo avevano già definitivamente relegato, per interessare, riavvincere - notevolmente attraverso la genialità e la polemica di Teatri d'eccezione come quello di Via Laura - riconquistare il pubblico al suggestivo fascino della ribalta. Anche questa volta infatti la prima, la principale parte del programma dello Sperimentale di -Firenze è stata dedicata ai giovani ; ad autori che - pe~ quanto forse già battezzati dal primo contatto con il palcoscenico - appar .. tengono ancora alla schiera dei giovanissimi. Sono i nomi di ,~aballo, Pasinetti, Terron, che lo Sperimentale ci presenta questa volta, mostrando la certa fiducia che esso ripone nei giovani, cui ncn teme oggi di tenere una mano in ospitale incoraggiamento, così come non esiterà a fare verso altri domani. E rimarrà nel loro ricordo, in avvenire, come il primo, discreto amico : quasi un vecchio maestro che nulla chieda, se non un pensiero grato, quando i discepoli di un tempo già sapranno fare da sè, perchè ormai son diventati « grandi ». Ha aperto la serie il lavoro di Ernesto Caballo (littore di poesia e di teatro per l'anno XIII): « Il pascolo dell'Alpino Matteo », tentativo di impostazione drammatica della recente offensiva italiana sulle Alpi. Teatralmente statica, deriva il suo interesse - e forse l'unico merito e giustificazione contro la frequente retorica - da certi atteggiamenti di oratorio, specialmente riusciti nel Il atto. RiHettz ad ogni maniera la durissima vicenda di quel momento ed i fatti umani che vi sono intrecciati - inconsistenti di per sè - acquistano un certo rilievo in funzione di un 'epica semplicità. E' in sostanza la· chiarificazione dell 'effetto di un fatto di simile portata su umili fìgure di pastori : dell'importanza, del segno - quasi marchio indelebik - che • :ascia su di essi la FondazioneRuffilli- Forlì Storia, con cui vengono cosi bruscamente messi a contatto. Tipico lavoro - in complesso - di valore meramente sperimentale, a carattere piuttosto lirico che saldamente drammatico. La regia di Nino Meloni ha cercato di vivificare le scene, traendole dalla loro piuttosto impacciata fissità. « La ricchezza » di Francesco Pasinetti ·- già noto come regista e ormai riconosciuta autorità in campo cinematografico - è il secondo lavoro. E' una critica un po' melanconica della ricchezza corne fatto arido e bruto e descrizione - il difetto più grave del lavoro è appunto i! rimar.ere su ur. piano puramente descrittivo - dei suoi effetti sociali, veduti molto intimamente come aspetti della dissoluzione di una piccola famiglia. Di fronte a questa il ricco, proteggendo il padre per favorire la figlia che si è presa carne amante, rappresenta l'egoismo ciec0 del denaro, che passa sopra brutalmente ad ogni valore spirituale ed umano. La commedia, tetramente dimostrativa nella sua maniera « vecchio stile "• si purifica nel sacrificio con cui la vicenda si conclude : la morte di una piccola bimba, mentre sta cogliendo dei fiori, è un po' la vendetta superiore e la catarsi della pesante atmosfera di bassezza e di vizio; per quanto soluzione un po' slegata e rela'tivamente persuasiva. La retorica, che parrebbe il facile difetto di simili assunti, è in parte evitata tracciando le situazioni con mano leggere e riponendo ogni significato in presentimenti e avvertimenti appena intuiti, su cui si tesse l'incoscienza delle nostre più egoistiche risoluzioni. In complesso. per ia verità, ci saremmo aspettati di più dall'autore di « Ai quattro ven~ n. La regia di Fulchignoni, attenta e costruita essenzialmente su sfumature e pause, degna del regista d: « Piccola ci ttn ». Scene di Leo Cattozzo - per quan• to poco rispondenti alle esigenze sceniche - pure trattate con molto buon gusto. Tuzo lavoro : " I morti », di Carlo Terron, littore di critica teatrale e giovane medico veronese. Senza dubbio la migliore delle tre opere, per maturità di concezione e profondità di dialogo. Da buon medico egli si è proposto il caso clinico, ma ha saputo ve• derlo in nuda e pensosa umanità. Specialmente nel I atto, in cui il tono è sostenuto ali 'altezza di una sospesa, rassegnata tragicit~. l'opera tocca un vertice di frequente, drammatica commozione : la sorte dei già « morti », nella inevitabilità della condanna dd male, tocca e raggiunge per la dignità e la sapiente contenutezza con cui ~ evi_,!_atala facile retorica e superata la crudezza dell'argomento. Il primo atto - se si prescinda da una poco verosimile rassegnazione al pensiero della morte e da un eccessivo arzigogolare attorno ad esso - è veramente note· vole e compiuto. Di conseguenza, forse, gli altri, anzichè apportare un effettivo contributo al lavoro così com'era stato impostato, segnano invece un leggero regresso che - già sensibile nel Il atto - un po' sforzato nella dimostrazione del completo distacco dei malati dai loro interessi terreni. conduce inaspettatamente nel 111, allo scioglimento delusivo e ottimistico del mira• colo, che ridarà la vita ai morituri. In questo brusco precipitare del tono dal drammaticamente tragico del I atto lìno ali 'umoristico e al grottesco del III, nel volgersi un po' troppo lineare e simmetrico della psicologia dei personaggi dal disinteresse a un opposto attaccamento alle cose spinto fino alla grettezza e al torbido riaccendersi degli egoismi sopiti, in tutto questo è minaccia per gli effettivi considerevoli meriti del lavoro : quella di venir sommersi e sa~rificati a uno spunto, piuttosto usato, di situazione disperata, per un assillo di morte, che si tramuti .1 un tratto in commedia oer la felice e inattesa risoluzione. Per'icolo che I 'autore stesso ha forse intuito, sentendo il bisogno, alla fine, di ricondurci alla primi:iva austerità e lirica tragicità di tono con l'ultima scena : la morte del1'unico - il più giovane - che non è sottratto alla crudele condanna. Nel complesso però il lavoro è as• sai buono : costruito su scene forti, nitide, condctto nella sua linea di sviluppo con la sicurezza e la capacità cli un autore che sa dominare una materia pur cosi difficile, ricco, infine, di figure ben delineate e coerenti, il cui dialogare è sapientemente sostenuto :i un notevole livello artistico attraverso brani di vera poesia e acute notazioni di valore generale e umano, è questa sicuramente un'opera ,che esula dal campo puramente sperimentale, per assumere una sua fisionomia capace di Png. 23
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