Via Consolare - anno I - n. 9 - agosto 1940

Un minatore: Cesare Vico Ludovici In ultimo che cosa abbiamo se non un superamento morale, dato datlla maternità, dapprima ributtante, odiata, forse per caso non eliminata nel1' effetto, e quindi divenuta strumento di accettazione della vita, cosi com' è, Sia pur contraria a noi ? Dopo questa affermazione d'un teatro suo, Lodovici, chis.sà perohè, ha tentata la commedia ariosa, esperimenfli che non sono stati un falli· mento, ma che comunque uscivano dal!' intuizione naturatlmente intima, della sua aspira,;ione, la quale, lascia,- ti alle spalle: « Spadaccidla e il Ma,- go » e « Tobia e la. mosca », i cui pregi artistici sono quelli che sono, pur nella loro lirfua espansione, de tre scene di: « Con gli occhi socchiusi » 0922), dicono ancor:a della sua delicata sensibilità. Nascono due creature nuove, tip:- camente smagate, essenzialmente liriche nella tenue tessitura di quel niente che è in n<>ie che dà certezz;:. alla nostra esistenza. Livio. è ancora preso degli elememi pratici-ideali, ma Valeria pare sospesa nel sogno, quasi creatura plasmata con la luce delt' aurora. C' è l' amore senza scosse, date dalla violenza della carne, quell'amore tutto soopiri e silenzi, ,parole inespresse, ma lette per da luce degli occhi, ,per il movimento dei muscoli facciaU o per i colori cangianti del volto. L'amore che è fusione d' anime, abbandono estatico e giocondo, che 18 FondazioneRuffilli- Forlì par viver:e inl tutte le cose per magia di trasposizione, per riflessi in pa~tenza dallo spirito di certe crea· ture, sfatte d' aria, di soffi, di silenzi, di codori. Un niente può abbattere tutto, rovinare l'equilibrio, stroncare l'anima. e la so,Jita certezza e fiducia,, che è fede e trionfo di gioia.. E ad un dato momento la crepa si veriflca senza saper come, senza vederne il chiaro perché, quasi sia. stata nell' ar_ia, ed allora Vaileria, che sente, femminilmente intuitiva, pone il perché di sempre: « Sì, sì. Ma perchè, perché noi diciamo già « Ti ri• eordi? », se non era che questa ma,ttina? ». Pare proprio che il respiro subisca un arr:esto ,che la crepa s' allarghi cosi tanto da far paura. Con queste tre scene la strada riprende e stabill:isce la continuità che osserveremo per « La buona novella,, 0923) e per « Le fole del bel tempo » (1925). Lodovici non si precipita sull'idea come la magg,ior par:te degli autori in voga, ma già allora, misurava le sue forre, cioè meditava e faceva sua l' 4dea, prima di esprimerla in scene, prima di dare alle creature l' anima ed il carattere, elementi specificatamente distintivi. Cosi a,rivla.mo al 1923 ed al 1925. « La buona novella » si schematizza ancora nel sistema ceeovla.no, concretando tra l' adtro una simpatia per il teatro di Maeterlinck e J .J. Bernard, ma ciò nonostar.te, l' ori1ti• nalità di un'ansia. prettamente lodo-- viciana trasparente d' una aspirazione che non s'arresta ai limiti del contingente, ma li oltrepassa, non è sol· tanto dentro le paroJe del ,:assegnato, del mulino che 11uwi11a a vuoto, come si definisce Moroeuo, ma nella a.scesa di Viem dopo l'incosciente al>- bandono alle attrattive e dellla sua giovinezza e della bellezza che promana dalla figura prettamente cretosa di Marcello. Anche qul iii tema della materruità che purifica e dona quelle energie sconosciute che sublimano, dando al fatto mo,ale una nota diversa dalle ba.natlmente comuni, ritorna per chiarirsi, per esprimersi in modo diverso, ma sostanzialmente identico di quello di Anna. La vita, Q.Uiespressa nella incomprensione d'un fratello - Andrea - e di una sorella aciduùa - Zita -, completata dagli accenni al mondo chiuso e gretto del paese, si pone tra le ingenue e fiduciose speranze di un' an.ima con lo scopo implicito di abbattere, di demolire, di afflosciare. Ma ecco che lo spirito è più resistente della stessa «vita» e di quella che doveva essere ,• arma che uccide; lo splr:ito se ne impossessa !facendo na• scere dalla morte morale, dall' avvilimento, il calllto d'una v!ta diversa, il trionfo della maternità sui sentimenti più pratici, sulle bassezze inconsulte del maschio, animale sanglllgno. La creatura spaurita, la fiaccola tremolante che attende chi ra,vvivi la sua fiamma; <' u111itàtimida fatta trem01:e, quando gli altri, nel sadico piacere di veder fiaccato chi è già sanguinante, le gettano in faccia quella che può parere una colpa., causa d! condanna, aspra, terribile, senza perdono, si risveglia, quasi rinasce, gli occhi sorridono, iJl cuore s' ru,resta per un attimo e quindi riprende a pul.sare più forte di prima, più robusto. « La buon.a novella» fa rinascere, ridà. vita alla piccola, spaurita Viera, men.tre Moroello, l'uomo che per tante ragioni non poteva credere in niente, trema per la paura che la creatura ancora in gestazione possa un gioi:no soffrire la fame. Ma quale fame ? Le parole vorrebbero dimostrare che si tratta di quella che si sazia col cibo, ma ,perohè ncn si può credere che Moroello volesse allludere alla fame più paurosa., data dall' ,insensibilità dello splr:ito ? Moroello, il brutto maestro del vil· !aggio, ci conduce più in là di Cusano e la.scia sospesa la conclusione panoramica che non può finire al terzo atto, con il calar del velario. E' ancora sospesa, ed è bene che rimanga così, giacché iJl teatro non è conclusione di scene, 1na accenni, a volte ideali ed inespressi, ad orizzonti d" una delicatezza costruttiva che si perpetua ruegli spiriti degli spettatori. [)opo due anni ecco che la commedia: « Le fole del bel tempo», che non è più id canto della maternità, ma d'un tipo di famiglia, e se voglia" mo, di quelle cose che la legge naturale pone nello spirito deM' umanità tutta, al mo.mellito in cui ognuno di noi ha il bacio della luce. Lavoro d'aspetto, quasi una necessità dello spirito dell'autore di sostare, di interrompere una continuità che ha bisogno di respiro. Non trOIViamo infatti le stesse aspirazioni delle opere precedenti, pur esistendo una sostanza alquanto viva, pur sembrando a noi di trovare, ma molto anticipato e quindi ancor grez.. zo, un accenno al problema che sarà trattato nell' l1lcrinatum. Per questo noi staremmo per dire che questa commedia ha due primi piani, quello di Milla e Demetrio e quello di Leonardo e Ma1'ta, non volendo considerare come sostan11:iale quello di Federico. Ma poiché il pr,imo piano vero e ;,roprio è l' intima tragedia di Leonardo che vede sfumare le sue « fole », completato dal• lo stato d' animo di Marta, che si può ben riassumere nella sua coscienza VIA CONSOLARE

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