nostra letteratura più vieta ·e un po' quella più ingenua de_i.giovanissimt; che ne dipende, conti,, nuano a valerst· di questa stortura, che ha facili appigli nei minorati della volontà, contribuendo ad accellerare il peno'SO processo di rinunzia. Il nostro « vir » è l'uomo dello spirùo; colui clie possiede il metro di una dt'mensione in più oltre. alle tre usualt; possiede, cioè, l'idea della intima armonia delle cose risp01~denti a una sape,, riorr legge di giustizia. E' questa sanità morale, intima, presupposto indispen.sabile d'o1<ni riuscita. La vittoria comincia in noi: parte da noi. Af/ìnchè l'intelligenza sia chiara, i muscoli siano sald,; il cuore sia nella dedizione e nel sacrificio. La patria ha bisogno d,· que~ti giovani. Oggi per la vittoria. Domani pPr le nuove esigenze universah. Sa che può contarCZ: Specialmente da parte di color() che -saranno chiamati a essere primi nel comando e nell'esempio. , Col nostro fondo sullo scorso numero della r1v1sta, «Prospettiva> abbiamo effettivamente toccato il centro dell'attenzione di tutto il mondo culturale italiano responsabile. E ci è piaciuto, seguendo la stampa, specialmente quella dei giovani improntata al più sano idealismo anti-tergiversatore e anti-accomodantista, constatare come altri scritti siano usciti contemporaneamente o abbiano•seguito la nostra messa a punto. Fra p;li altri i corsivi autorevoli di < Critica fascista>. Non si presentano ancora delle soluzioni, ma è già così interessante notare come in Italia ci siano delle menti, specialmente di giovani, per definizione tese ai rosei entusiasmi incoscienti, che si prospettano senza eufemismi la situazione quale, alla fine di questa guerra, si presenterà sul terreno delle responsabilità storiche al nostro popolo; ed è così incoraggiante not~e come nell'ora deÌ moschetto, non si dimentichi il libro, ma ad esso ora più che mai si ricorra, nella sua forza cementatrice- e creatrice si confidi. Però dobbiamo dire con rammarico come questo plebiscito per una v'ittoria anche del nostro intelletto, oltre che delle nostre armi, celi un' intimo tormento; il timore di essere impari al grande compito, il tormento di essere in pochi a prospettarsi in giuste forme il grande compito che è ormai alle porte. Qualcuno forse, apocalitticamente, pensa ad un possibile, disastrosissimo fallimento del nostro tentativo d'imposizione di u·na nuova civiltà. Che sarebbe difatti di questa nostra fatica, del sacriiìcio dei nostri morti, se noi non ~scissimo a far altro che ad arraffare le terre delle vetuste democrazie'! Se non sapessimo donare un nuovo sènso della giustizia, se non riuscissimo, m una parola, a rinnovare il :enso dell' aspra vicenda umana snlla terra'! Ebbene, camerati, bizantino è perderci ad interrogare l'avvenire, quando 001 sappiamo che esso altro non è che una bianca pagina sulla quale deve pas~are la nostra pçnu~ intinta in inchiostro indelebile. Dobbiamo metterci al lavoro, ciascuno per conto proprio, p;r essere degli uomini migliori, dei professionisti. più capaci, degli studiosi più acuti, degli uomini più sensibili al fatto politico. E ndlo stesso tempo dobbiamo tornar~ alla grande idea dell'uomo maestro ap;li altri uomini. Rompiamo la catena di scetticismo del mondo· moderno che ha voluto tracciare linee indipendenti ed avulse all'attività di ogni individuo e torniamo al concetto nostro, romano e cristiano, dell'uomo che agisce in mezzo ai suoi simili e la cui. azione trova ripercussione nell'azione degli altri. In questo momento dobbiamo avere due lingue per chiarire a quelli che ci sono vicini i loro e nostri doveri, dobbiamo cercare di fare valere la nostra vita per due vite onde spargere attorno .a noi i frutti sicuri di un patriottico esempio di lavoro, di resistenza al sacriiìcio, di volontà. /" 8 VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- F.orlì
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