Via Consolare - anno I - n. 4 - marzo 1940

PARLIAMDOELLREIPRESE Di fronte a una certa scarsità {più apparente che reale) della produzione italiana teatrale moderna, da due o tre anni in qua è fiorita nel nostro Paese, dapprima con un certo pudore poi addirittura con disinvolta invadenza, la manìa dell'esuma- .zione. Siccome non si può pretendere a questo mondo che tutti addìmostrino buon gusto, la scelta non è stata rigorosa e insigni ,capolavori sono andati a far parte di repertorii insieme con lavori assolutamente privi di valore artistico o di interesse. La più calda approvazione vada alla ripresa (non all'esecuzione, .salvo poche eccezioni) delle opere .scespiriane, alla « Vita è un sogno » di Calderon de la Barca, ai pochi (purtroppo) Pirandello, ai Menecmi di Plauto, alle grandi rappresentazioni cinquecentesche del Maggio fiorentino o goldoniane di Venezia, ali' Adelchi del Manzoni coraggiosamente e tanto degnamente rimessa in scena da Gualtiero Tumiati. Abbiamo rivisto con soddisfa- -zione « Piccola fonte» e « Sperduti nel buio» di Roberto Bracco, mentre invece non condividiamo affatto I' idea di riprendere Sudermann, Praga, Niccodemi, tutti autori che ebbero sì una rinomanza al loro tempo, ma che non hanno nessuna ragione di V[A CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì ritornare sui palcoscenici coi loro drammoni borghesi e tanto ricchi di effettoni facili. Ma se possiamo scusare queste esumazioni, solo per quel sentimento di carità cristiana che ci procura il pensiero dei diritti d'autore che alimenteranno gli eredi di sì illustri scrittori, non concediamo però alcuna scusa alle glorificazioni dei due Dumas che con « La dame aux camelias » e « Kean » hanno riempito i teatri nostri. Allora Pirandello, Ibsen, Strindberg, e tutti i russi, gli ungheresi, i francesi, gli italiani d'oggi, tutti gli alfieri di un teatro nuovo e intelligente, non sono serviti a nulla? Aver creato « I sei personaggi in cerca d'autore »,. o « Gli spettri », l'aver fatto mille tentativi non è stato niente se oggi il pubblico bagna i fazzoletti a Margherita Gauthier che muore ! Il nostro spettatore, nella maggioranza dei casi, libero di pesi materiali, si asside nelle poltrone delle sale di spettacolo e assiste passivamente ai lavori che si rappresentano. Non si creda che noi odiamo il teatro che scende al cuore : ci siamo spellati le mani a « Dentro di noi » di Siro Angeli, un dramma schietto e commovente di un giovane che ha eseresso sulla scena sentimenti solitamente retorici con una semdi 73enr,a.0-li0plicità, una umanità degne di un grande artista. Ma intanto « Dentro di noi », pur Ùmanissimo, è aderente in pieno alla nuova sensibilità in quanto scevro di effetti, di trombonate, di gonfiezze, dialogato invece con una incisività efficacissima e sopratutto vissuto, sentito. A questo teatro è affidato l'avvenire oppure a un teatro di pensiero, di poesia, di riflessi intimi, di senzazioni scavate e profonde, di note semplici e limpide, cariche di significati. Siano aperte molto di più le porte del teatro alle opere nuove.- esprimenti la nuova sensibilità ed il nuovo gusto e si ridurrà così la necessità delle riprese. E se questa necessità dovesse ciononostante sussistere, sia la scelta rivolta a lavori veramente eterni oppure recanti, per qualche ragione particolare, uno speciale interesse. Ma bando alle esumazioni mutili e alle esasperazioni. A proposito di queste ultime, tempo fa al Teatro delle Arti la compagnia omonima rappresentò « La Venexiana » di un ignoto del cinquecento. Si tratta di un lavoro dotato di una trama esile e piatta, svolto senza una eccessiva genialità, piuttosto rieccheggiante altri altri illustri esempi di Teatro, affidato solo alla trovata (invero 25

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