Via Consolare - anno I - n. 3 - febbraio 1940

mento del popolo », in realtà ·storica capace d' infondere in esso la coscienza di ciò che fu e di ciò che potrà essere domani fortemente volendo. « Come uomo. il Romano - ha <letto il Ministro Bottai parlando ali' Istituto di Studi Romani - ebbe la capacità della contingenza, il dono della pietà, l'amore della famiglia e della Patria, l'amore della giustizia, la tenacia della sopportazione, scolpita in quell' aureo detto : « et f acere et patì f ortia romanum est » • Come popolo ebbe la forza dell'organizzazione militare, la sapienza del diritto, che rappresenta la maggior conquista dell'umanità ai fini del vivere civile : ma, sopratutto, il fascino della liberalità civica... Nè il Romano ebbe la passio11,e e, direm,.,,o, la libidine della gu(!rra: persuaso della necessità, combatte da prode ; ma conviene sempre dimostrargli la legittimità del fatto d'armi. Tanto che la parola « bellum » appare associata ad aggettivi, che la definiscono, giustificandola : « bellum pium, bellum iustum » . Nè imperator fu titolo, attribuito dai Romani all'uomo del dominio ma titolo conveniente a chi combatte: e il primo e vero imperator fu Scipione l'Africano Maggiore», Oggi, la vita nazionale ed internazionale fascista s' ispira · a Roma, perchè è vita che non vuol morire, perchè è vita che vuol salire verso l' ideale che, solo, la rende degna di essere vissuta. La Romanità del Fascismo, idea-forza tendente a conciliare, in dinamica ed eurit6 FondazioneRuffilli- Forlì nuca sintesi, i valori imperituri della civiltà di Roma con la necessità dell'odierna e più che altro futura civiltà fascista, si . palesa così come prodotto genumo della nostra razza. La qual cosa qualifica e caratterizza inconfondibilmente la nostra personalità di individui come di cittadi.ni, di popolo come di Nazione. Noi Italiani infatti, non abbiamo mai potuto aderire alle forme delle civiltà non germinate dal nostro suolo, non sostenute e rafforzate dalle nostre tradizioni, nè sempre ravvivate da quei principi di giustizia con umanità, di forza e di dolcezza, di intellettualità con senso· pratico che costituiscono le virt6. del nostro lavoro, · del nostro avvenire. La meta verso la quale, nel segn~colo luminoso di Roma, tendiamo è meta assolutamente umana, meta che non ha confini perchè è grande come « la religione» di Mazzini come « l' idea » di Gioberti. Nè la la nostra è presunzione, vacuo orgoglio chè per essere veramente grandi, diceva Vincenzo Cuoco, bisogna disporre la mente all'ampiezza dei destini · futuri ; nella qual fede ci conforta Machiavelli quando ha ammonito che occorre « la virtù» di tutto il popolo, affinchè non ci si « tolga le gambe dal salire al cielo ». È nel nostro destino essere integralmente padroni della nostra vita o schiavi della nostra morte. Le solite quattro chiacchiere Siamo al terzo numero. Abbiamo già- d~tanziato le più lusinghiere prospettive e i limiti di fiducia di tanti amici nostri ( di nemici, grazie al Cielo, non ne abbiamo, oppure si tratta di bestie taciturne e senza proprie opinioni). Senza scherzi : vogliamo continuare ! La benevolenza di chi ci segue, in alto e in basso, spinge noi e i nostri collaboratori ( veramente ormai più che un manipolo, sparsi per tutta l'Italia e per l'Impero) a realizzare le nostre p~emesse: cioè a chiarire sempre meglio le nostre idee, a prendere posizione pro e contro, a batterci onestamente colle carte scoperte, contro chi - magari in buona fede - continua a difendere con un accanimento degno di miglior cawa le ultime posizioni consacrate a vecchie mode e a sorpassate tendenze. Oggi, in questo crepuscolo fra la pace e la guerra, quando più rapida in ogni campo deve essere la marcia affinchè qualsiasi evento ci trovi pronti a donare all'Italia il posto di ricostruUrice dei valori m.o~ali, quest'opera è necessaria. Come la perseguiremo? Colla critica, coll'analisi dei fatti e delle intenzioni, o con la creazione? Noi non crediamo alla contrapposizione del fatto creativo e di quello critico. L'uno è accosto all'altro, términe dialettico per il perfezionamento dell'altro. Così - siccome ci piace la chiarezza - faremo del nostro meglio per dirl,)i. in via espositiva, analizzando noi stessi e gli altri, che cosa vogliamo e dove vogliamo a"ivare. Però avremo anche la santa modestia di farvi constatare in concreto, con la presentazione e la dimo · straziane delle nostre tesi, coll'offrirvi le nostre creazioni in prosa e in versi, dove siamo effettivamente arrivati. Non pretendiamo che tutte le volte dobbiate proprio trovarci in vetta ai quattromila metri. VIA CONSOLARE

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