Via Consolare - anno I - n. 3 - febbraio 1940

ROMANITA' DI MUSSOLINI Solo Mussolini ha saputo nvelare agli Italiani il senso profondo e politico della romanità, solo Lui ha fatto rinascere nel nostro popolo la coscienza della sua missione e l'orgoglio del suo destino : romana l'una; romano l'altro. Alla base di questo- aspetto singolare della personalità mussoliniana non sono stati certamente estranei i segni di Roma che, ad ogni passo, in Romagna si elevano a testimomare un passato glorioso. Dalla via Emilia al Rubicone, dall'Arco d'Augusto a Galla Placidia, dalle pietre dei ponti, degli !lrchi, delle porte tutto traspira una romanità schietta, potente, essenziale; vivi gli spiriti eroici e le immagini epiche della grandezza, ancor più viva la coscienza politica della legge morale e sociale, del combattimento, della giustizia e del diritto. Fuori e dentro, nel sasso e nell'animo, Mussolini ha visto rilucere, entro i limiti della terra che lo ha generato, il Fascio e la Scure di Roma. Ricevendo la cittadinanza romana, il 21 Aprile 1924, · il Duce confessò che fin dai giorni della sua lontana giovinezza sen: tiva Roma immensa nel suo spirito, nell'amore per la città eterna sognando e soffrendo, sentendo di essa tutte le nostalgie, tutti i ricordi. « La semplice parola di Roma - Egli aggiunse - 4 FondazioneRuffilli- Forlì aveva un rimbombo di tuono nella mia anima » . Ma quanta distanza ideale e materiale tra la Roma dei Cesari e dei Papi e quella della sua giovinezza e della sua adolescenza ! La Roma della democrazia era ìl paradiso dei ciceroni loquaci e dei turisti cosmopoliti ; non adatta e sentir sul selciato del le strade il passo forte e cadenzato dei legionari ma meravigliosamente intonata ad ospitare i cittadini di quelle Nazioni che in cambio della nostra forza di sangue, della nostra ricchezza di prole e di lavoro ci offrivano pane e disprezzo. I ricordi di Virgilio di Orazio e di Lucano avevan ceduto il passo alla realtà delle leghe massoniche e delle camarille parlamentari. Roma era il traguardo ideale non raggiunto di uno Stato non ancora Stato, la capitale non sentita del giovine Regno. Qua un sindaco ebreo che governava, là un coacervo di affaristi e di speculatori che gli tenevan bordone ; sembrava quasi « la capitale di un piccolo popolo di antiquari » ( da Palazzo Ghigi, 12 Aprile 1924) che avesse carpito lo scettro alla città di Pietro e di Augusto. Mussolini con acume di politico e con rigorosità di storico, con lampo di poeta e con intmz10ne di artista impone a sè stesso ei di 1tec,.io. 11iatteini agli altri la necessità, dopo tanto smarrimento, di tornare veramente a Roma, di tornarvi cioè degnamente, perchè come aveva detto Mazzini « In Roma non possiamo essere moralmente mediocri. dobbiamo essere grandi o perire », perchè come aveva ripetuto il Mommsen, « A Roma non si resta senza un'idea universale ». Fin dal 20 Settembre 1917, sul « Popolo d' Italia» il Duce scriveva : « Questo popolo può essere gettato a terra, ma il contatto con la gran Madre lo fa rimbalzare in piedi. Dopo diciotto secoli l' ltalia esiliata da Roma torna a Roma » . Riecheggiava ancora una volta la voce della Storia ; ancora una volta « Roma cadeva e si rialzava, camminava a tappe, ma camminava : aveva una meta e si proponeva di raggiungerla ". (Dal Senato, 16 Febbraio 1923). Che è, in fondo, il nostro destino di popolo, destino che il Gioberti concretizzava in questa appassionata apostrofe: « Italiani, qualunque siano le vostre miserie, ricordatevi che siete nati principi e destinati a regnare moralmente sul mondo». Mussolini ha compreso il monito dei nostri Grandi: ed ecco sollevare, con uno sforzo spasmodico d'amore, sulla vetta più ·luminosa del suo pensiero quella Roma che era caduta come morta VIA CONSOLARE

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==