Via Consolare - anno I - n. 3 - febbraio 1940

Nel quattrocento, all'epoca, cioè, dello straordinario sviluppo e risveglio artistico di ogni parte d'Italia, anche in Forlì si denota una viva rifioritura artistica, che risente degli influssl dell'arte di Piero della Francesca, della scuola padovana e d.i quella ferrarese. Eccellono in quel periodo alcuni pittori, che hanno dato larga Jama alla scuola romagnola ; e tra costoro il più grande è senza dubbio Melozzo le cui composizioni si distinguono per le figure profondamente umane -ed esuberanti, per gli scorci arditi e per i begli angioli dai capelli inanell<!'ticadenti copiosi fin sulle spalle. Suo scolaro, benchè non ne abbia raggiunta la elevatezza artistica, è Marco Palmezzano, i cui contemporanei sono l'Ansuino, Bartolomeo da' Forlì e Baldassarre Carrari il giovane, nessuno dei quali però ha spiccati legami .stilistici con il Palmezzano. Della vita di questo pittore si sa pochissimo, benchè discendesse da famiglia illustr_e ed assai nota : specialmente· la data di nascita è incerta e oscilla tra il 1459 e il 1463. Sono pure oscure le noti-zie sulla sua giovinezza. Probabilmente conobbe, non risentendone però decisamente gli influssi, i maestri suoi contem14 FondazioneRuffilli- Forlì poranei della scuola ferrarese, bolognese e umbra ; conobbe invece certamente, durantç i suoi frequenti viaggi a Venezia dove aveva interessi commerciali, i più grandi maestri veneziani : e tra questi il Cima e il Giambellino, del quale sentì e assimilò così fortemente la tecnica che alcune sue opere sono state attribuite al maestro veneziano. Non si sa nemmeno con precisione come e quando si iniziò l'amicizia fra il Melozzo e il Palmezzano, e solamente ipotesi si possono /are, desumendole dalle loro opere, ma senza alcun dato di fatto. A poco a poco, sotto la guida del maestro, il giovane pittore acquistò grande fama, che però dovette più al riflesso di quella del Melozza_che al proprio talento ; ma di questo egli non si dolse, anzi se ne vantò, tanto che firmò talvolta le sue opere « Marcus de Melotius ». Ma ben P,,resto questo periodo di gloria della sua arte, periodo che trascorse quasi interamente fuori di Forlì per la caduta della città in mano del Duca Valentino, entrò nella fase · decadente, specialmente per il monotono ripetersi delle composizioni, per l'enorme produzione e soprattutto per la collaborazione degli aiuti di bottega. Morì probabilmente nel 1539, assai vecchio, come attesta l'autoritratto nel Museo di Forlì, in cui è detto ottantenne. Nella moltitudine delle sue opere, le principali appartengono senza dubbio al periodo in cui il pittore sentì maggiormente l' influenza del Melazzo ; una delle opere giovanili nella quale si nota ancora l' incertezza e la « Madonna col Bambino è S. Giovanni » a Padova, che rappresenta un motivo ripe• tuto eccessivamente nelle composizioni posteriori : sulle ginocchia della Madonna, non bella ma austera, giace il Bimbo verso il quale si alza carezzevole la mano materna : vicino ad essi è il piccolo S. Giovanni e sullo sfondo si nota un paesaggio montuoso. Oltre al « TritticÒ » in S. Biagio a Forlì, nel quale l' influenza del maestro è visibile specialmente nell'Angelo musicante ai piedi del piccolo trono della Vergine, ed alla accurata e simmetrica « Incoronazione » di Brera, ci pare di poter considerare come i capolavori del Palmezzano - pur sempre di derivazione dal Melozzo - l' « Annunciazione » del museo di Forlì e la « Madonna in trono col Bambino tra i due Santi» . Nell' «Annunciazione» tutta la scena è soffusa di una chiara luminosità mattutina che si riVIA CONSOLARE

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